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“La battuta di Fabiola”. Cento di questi giorni, Simone Giannelli

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L’Italia torna in campo dopo l’esordio vincente di domenica scorsa al Foro Italico. Ritrova il soffitto di un palazzetto, i riferimenti giusti che permettono di picchiare forte in battuta, ma anche un avversario più alto, più potente e più organizzato rispetto al Giappone.

Ieri sera, al Nelson Mandela Forum, a sentirsi come a casa erano in tanti. A partire dal CT Anastasi, la nazionale belga è piena di volti noti ai tifosi italiani. I centrali Van De Voorde e Verhees, gli attaccanti Deroo, Rousseaux, l’opposto Van Den Dries e Klinkenberg nelle ultime stagioni hanno militato in diversi club del nostro campionato e alcuni come Pieter Verhees si sono proprio innamorati del Bel Paese, visitandolo in lungo e in largo. Una sfida strana dunque, che comprende sentimenti di affetto tra ex compagni di squadra e voglia di rivincita dopo la sconfitta degli azzurri nei quarti di finale dell’ultimo Europeo.

Osmany Juantorena apre le danze con una pipe eseguita in maniera perfetta. Il libero Colaci fa un gran lavoro in seconda linea e Lanza punisce più volte il buon muro degli avversari. I draghi belgi sanno di non essere i favoriti dell’incontro e di poter giocare senza troppe pressioni. Rimangono attaccati all’Italia per buona parte del primo set, esaltandosi dopo alcune difese spettacolari, schiacciate potenti del capitano Deroo e buone giocate al centro. Lo sforzo è tanto, ma dal secondo set l’intensità cala di fronte alle decisioni insindacabili di quel ragazzo di 22 anni che proprio in questa gara raggiunge le 100 presenze in nazionale. Il “Re Mida” è lui… Simone Giannelli. Da qualsiasi parte del campo si trovi riesce a caricare di energia tutti i palloni del match. Inizia aprendo spazi alla pipe, serve con continuità i laterali e poi libera uno scatenatissimo Zaytsev per i finali di set. Il nostro palleggiatore sembra un veterano quando fa impazzire Verhees e Van De Voorde sotto rete, chiamando i suoi centrali (sempre efficaci) per primi tempi spostati. Mette a terra un pallonetto di seconda, poi sfiora un pallone vagante e lo trasforma in punto, difende con gelosia la sua zona uno da bordate micidiali e conclude con due ace la sua performance perfetta.

Se fossi un palleggiatore rimarrei incantata nel vederlo giocare e vorrei carpirne i segreti. Se fossi un allenatore avversario sarei preoccupata. Se fossi un appassionato comprerei il biglietto per andare a vedere il suo spettacolo di magia. Tutto ciò che passa dalle sue mani diventa semplice, divertente, leggero e allo stesso tempo è consapevole, calcolato, ragionato. Il mix perfetto tra puro talento ed enorme lavoro. Il Mondiale è ancora lungo, però noi ci sentiamo in buone mani e ci auguriamo 100 di questi giorni.





Foto: Valerio Origo

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