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‘La battuta di Fabiola’: l’urlo liberatorio di Gabriele Nelli. Sudore e umiltà ripagano i sacrifici

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L’Italia delle riserve batte l’Olanda per 3-1 nell’ultima giornata milanese. Da una parte gli azzurri già qualificati alla Final Six di Torino, dall’altra una squadra alla sua ultima uscita di questa rassegna, ma capace di battere nella prima fase due grandi come Brasile e Francia.
A grande richiesta Blengini “libera i cani”. L’inedito sestetto sente la mancanza del campo già da qualche mese e inizia a sciogliersi dal secondo set in poi, conquistando il pubblico di un Forum ancora sold-out.

Non è facile” è una frase che si sente dire spesso in queste circostanze. Non è facile fare i conti ogni giorno con l’adrenalina e non poterla scaricare sul pallone, non è facile allenarsi anche nelle mezze giornate di riposo lasciate ai titolari, non è facile giocare in un palcoscenico che farebbe tremare le ginocchia anche ai più avvezzi alle grandi competizioni internazionali. Ci vuole un set infatti ai nostri ragazzi per rendersene conto e per trasformare la grinta in azioni efficaci, dopodiché i movimenti iniziano ad essere come sempre fluidi. I centrali Cester e Candellaro crescono nel corso del match trasformando le loro prestazioni, mentre Randazzo si impone con personalità da vendere mettendo letteralmente in crisi gli Orange.

Soprattutto non è facile essere un opposto negli anni in cui un monumento della pallavolo come Ivan Zaytsev ha la tua stessa nazionalità e si trova per una volta in panchina a fare il tifo per te. Eppure la storia li accomuna perchè Gabriele Nelli, classe 1993, 208 cm, braccia lunghissime e, per chi non lo avesse appreso dalla tv, numero 53 di scarpe, ha iniziato come palleggiatore proprio come lo zar. Me lo ricordo ancora 8 anni fa mentre si allenava a spingere la palla da una parte all’altra del palazzetto di Trento. Il dono innato per attaccare ben presto salta fuori e lo porta fino al Mondiale, a prendersi tutti gli applausi dei 12000 spettatori di Milano. Finalmente una prestazione a 360 gradi di un giovane al quale finora era stato chiesto solo di entrare e picchiare forte in battuta.
Lo sport non richiede mai cose facili, ma il bello di questo mestiere è che, se si lavora sodo, con rispetto e umiltà, prima o poi arriva una serata come quella di ieri a ripagare ogni singolo sacrificio. Gli occhi brillano, l’urlo liberatorio esce naturale e tutti insieme ci si carica di nuova energia prima del gran finale. L’uomo della partita è indubbiamente lui.

Di Fabiola Facchinetti, giocatrice in A1 nella Vero Volley Monza

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Foto: Valerio Origo

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