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Scacchi, partono oggi le Olimpiadi scacchistiche 2018 in Georgia. Un po’ di storia, di analisi dei favoriti e d’Italia
Batumi, in Georgia, organizza quest’anno le Olimpiadi scacchistiche 2018, giunte alla loro edizione numero 43. L’evento, a cadenza biennale, riunisce praticamente tutto il meglio degli scacchi mondiali in un unico luogo. Si disputano il torneo Open e il torneo femminile, entrambi all’interno della stessa sala di gioco.
Le Olimpiadi scacchistiche sono nate nel 1927, anche se vi sono state due edizioni-prodromo nel 1924 e 1926. Nei primi tempi, a vincere furono Ungheria e Polonia, allora grandissime potenze degli scacchi (i nomi, per gli appassionati, sono carichi di significato: Geza Maroczy, Akiba Rubinstein, Xavier Tartakower). Gli anni ’30 hanno segnato un periodo di dominio degli Stati Uniti, che avevano in squadra gente del calibro di Frank Marshall e Reuben Fine. Alcune Olimpiadi furono disputate dai celebrati Campioni del Mondo del tempo: il cubano Josè Raul Capablanca (in gara solo nel 1939), il sovietico divenuto francese Alexander Alekhine, l’olandese Max Euwe.
Nel dopoguerra, e in particolare dal 1952, è iniziato il persistente dominio dell’Unione Sovietica, in grado di vincere sistematicamente ogni edizione fino allo scioglimento del regime comunista, tranne una, quella del 1978 in cui si impose l’Ungheria, che aveva allora una fortissima scuola scacchistica guidata da Lajos Portisch e Zoltan Ribli. Passarono dall’evento tutti i principali astri sovietici poi divenuti Campioni del Mondo: Vassily Smyslov, Mikhail Botvinnik, Mikhail Tal, Tigran Petrosian, Boris Spassky, Anatoly Karpov, Garry Kasparov. Nemmeno gli Stati Uniti dell’era di Bobby Fischer riuscirono a fermare l’immensa potenza di cui i sovietici potevano disporre.
Con la disintegrazione del regime comunista, la Russia ha continuato a vincere Olimpiadi fino al 2002, poi si sono alternate sul gradino più alto del podio Ucraina, Armenia, Cina e infine nuovamente gli Stati Uniti. Di queste edizioni, una, quella del 2006, si è svolta a Torino tra fine maggio e inizio giugno, nell’Oval del Lingotto che aveva già ospitato le Olimpiadi Invernali pochi mesi prima.
Quest’anno, per analizzare il lotto dei favoriti, bisogna partire da qualche considerazione. La prima è che manca il Campione del Mondo Magnus Carlsen: il norvegese (che, per la verità, non ha mai brillato nell’evento) ha preferito altri piani in vista del match valido per il titolo mondiale che, nel mese di novembre, lo opporrà a Fabiano Caruana in quel di Londra. L’italoamericano sarà il leader della nazionale USA, per la prima volta numero uno del tabellone: non era infatti mai successo che la Russia avesse una media rating ELO inferiore a quella di qualsiasi altra nazione. Gli americani possono contare su un vero squadrone: oltre a Caruana ci sono Hikaru Nakamura, Wesley So e i recentemente emersi Samuel Shankland e Ray Robson; i russi, d’altro canto, faranno affidamento speciale sull’ex Campione del Mondo Vladimir Kramnik e sull’ultimo sfidante di Carlsen, Sergej Karjakin.
Sono pronte a battagliare per le zone alte del podio anche altre nazioni: c’è la Cina, vincitrice nel 2014 e che ha in Ding Liren il capofila assoluto, c’è l’Azerbaigian, che sta vivendo sulle ali del miglior Shakhriyar Mamedyarov di sempre, e poi c’è l’India. Viswanathan Anand, per tutti Vishy, dopo tanti anni di assenza torna alle Olimpiadi con un team che per la prima volta è tra i primi cinque per la media ELO. Sembra un pochino più defilato il ruolo di Francia, Inghilterra e Armenia, con quest’ultima al ritorno dopo l’assenza nell’edizione di Baku (è noto che tra gli armeni e gli azeri non scorre esattamente buon sangue a causa dell’annosa questione del Nagorno-Karabakh).
Con pochissime differenze (la più importante delle quali è una minore importanza degli Stati Uniti e una più preponderante presenza di Ucraina e Georgia), i discorsi fatti per il settore maschile possono valere anche per il settore femminile. C’è una similitudine col maschile: manca la numero uno assoluta, la cinese Hou Yifan, ma c’è la numero due, la connazionale Ju Wenjun, come pure la numero tre, la russa Alexandra Kosteniuk. Ed è proprio la Russia a godere dei favori del pronostico in questo torneo, anche in ragione della sua prima posizione nel seeding.
Che cosa dire, invece, dell’Italia? Il nostro Paese viene da un’Olimpiade di Baku di valore davvero alto, che confermato le capacità di alcuni nostri giocatori (Daniele Vocaturo) ed esaltato la giovane forza di altri (Luca Moroni). Il 22° posto è stato figlio soprattutto della sfortuna di aver incontrato la Russia all’ultimo turno, ma è stato una specie di trionfo, considerato lo spettacolare andamento del torneo. Le donne sono andate anche meglio, finendo al ventesimo posto dopo un torneo ugualmente di alto livello.
La squadra maschile vede nel romano Daniele Vocaturo il suo numero uno. Ci sono poi Sabino Brunello, alla settima Olimpiade, Luca Moroni, esploso a Baku nel 2016 e oggi Grande Maestro, Michele Godena, che a cinquant’anni (e dopo 13 Olimpiadi disputate) è ancora un autentico pilastro del movimento italiano, e infine Alessio Valsecchi, l’unico Maestro Internazionale dei convocati, anche se è in fortissimo odore di promozione. Continua a rinviare il debutto Francesco Rambaldi, il nostro numero 2, diviso tra scacchi e studi negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il settore femminile, c’è il ritorno di Elena Sedina, che assieme a Olga Zimina forma la coppia di scacchiste ucraine trasferitesi da tanto tempo in Italia (la Sedina dal 1995, la Zimina dal 2004). Completano la formazione Marina Brunello, ormai un punto fermo azzurro, Desirée Di Benedetto e Daniela Movileanu, con le ultime due in chiarissima crescita negli ultimi tempi.
Veniamo al funzionamento degli incontri e della classifica. Le Olimpiadi scacchistiche si snodano su undici turni, da oggi fino al 5 ottobre, con un giorno di pausa previsto per il 29 settembre. L’orario di inizio è sempre quello delle 13 in Italia, tranne che per l’ultimo turno, previsto per le ore 9. Le partite tra nazionali si svolgono su quattro scacchiere. Le vittorie valgono un punto, le sconfitte nessuno, le patte mezzo. Nella classifica generale, però, vengono assegnati due punti per vittoria alla nazionale vincitrice di un incontro, con qualsiasi punteggio complessivo (da 4-0 a 2,5-1,5); un punto è ottenuto in caso di 2-2, nessuno in caso di sconfitta. In caso di parità, ci sono numerosi criteri di spareggio sui quali, per il momento, si sorvola.
I turni vengono stilati secondo una variante del cosiddetto sistema svizzero, che accoppia di volta in volta nazionali con uguale punteggio (o con punteggio vicino se mancasse il requisito dell’uguaglianza, cosa che tende a capitare verso la fine di molti tornei di qualsiasi forza che si disputano in giro per il mondo).
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federico.rossini@oasport.it
Credits: Pavel L Photo and Video / Shutterstock