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Basket, Alessandro Gentile e un talento non sfruttato appieno. Le prospettive dell’ex Milano e Bologna

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Oggi Alessandro Gentile è senza squadra. Dopo un’estate passata a recuperare da un infortunio alla mano, gli Houston Rockets, detentori dei suoi diritti in NBA dal giugno 2014, quand’è arrivato a loro con la scelta al secondo giro del draft, l’ex capitano dell’Olimpia Milano è stato tagliato. Adesso è libero di firmare con qualunque squadra nel mondo, anche se le sue preferenze restano legate a formazioni di Eurolega o di EuroCup. Per adesso, si sta allenando nelle strutture della Blu Basket Treviglio (Serie A2, girone Ovest) allenata da Adriano Vertemati, al quale lo lega un filo costruito negli anni delle giovanili.

Il talento di Gentile, sia chiaro, c’è, perché è un giocatore come ne esistono pochi in Italia. Il problema, però, è che forse quel talento s’è incagliato in una specifica notte, forse mai davvero dimenticata da lui come da tutto il basket italiano. Italia-Croazia, finale del torneo preolimpico di Torino, 9 luglio 2016. Quindicimila persone, un tripudio di bandiere e un problema coi tabelloni elettronici, che fa sospendere subito la partita per oltre 20 minuti. Gentile segna i primi sei punti, poi non segna più in 28 minuti, gioca male. Per sopperire alla sua serata no, altri big, con riferimento a Datome, Melli, Gallinari e Belinelli, si ritrovano con problemi di falli molto presto; Gigi e Danilo si ritrovano a non poter giocare l’overtime perché hanno commesso prima il quinto fallo, la Croazia va a Rio.

Fino a quel momento, per il figlio di Nando la carriera era stata molto buona. I primi anni a Treviso, l’approdo a Milano, le chiavi in mano della squadra vincitrice degli scudetti 2013-14 e 2015-16. Certo, caratteristiche non condivise da tutti in termini di concezione del gioco le aveva già, ma di cose buone se ne erano viste molte: trascinatore in più di una partita della Nazionale, uomo-chiave in determinate fasi delle stagioni di Milano (con annessi momenti in cui nessuna difesa in Europa era in grado di fermarlo).

Poi è arrivato quel giorno, dal quale la vita cestistica di Gentile è cambiata radicalmente. Riconfermato a Milano, non ha più saputo trovare un ruolo nella squadra allenata da Jasmin Repesa, finendo un rapporto che si era comunque già parzialmente incrinato quando il giocatore non era stato felicissimo del mancato approdo immediato in NBA, cosa che gli era costata la fascia di capitano in favore di Andrea Cinciarini. A dicembre 2016, dopo l’inevitabile separazione, la nuova frontiera (in prestito) è stata il Panathinaikos: tre mesi di poco e nulla, altro taglio, seguito dalla breve parentesi all’Hapoel Gerusalemme con Simone Pianigiani in panchina e Amar’e Stoudemire in campo.

L’ultima stagione, con la Virtus Bologna (e col fratello Stefano) non era stata brutta, anzi: 16,8 punti di media, leader della squadra assieme ad Aradori, soltanto quattro partite sotto la doppia cifra nelle 25 in cui è sceso in campo. Il problema è risultato tutto nelle percentuali di tiro, buone da due (50%), ma molto rivedibili da tre (21%) e dalla lunetta (57,7%, molto meno degli anni migliori, al 75-80%). Al di là dei mancati playoff delle V nere, il materiale per il rilancio poteva esserci, e invece ci si è messa di mezzo anche l’operazione che gli ha, di fatto, tagliato le gambe anche per l’approdo in America cercato, agognato, voluto.

Alessandro Gentile oggi ha quasi 26 anni. Il suo tempo non è finito, anzi: può ancora riprendersi una buona fetta di carriera, perché davanti di stagioni può averne dieci, abbondanti (i casi dei grandissimi europei, Spanoulis su tutti, insegnano). L’importante, per lui, è cancellare i ricordi non positivi, andare avanti e trovare la migliore via per rientrare nella sua dimensione, perché il tempo per dare a quel talento l’opportunità di diventare uno dei più inafferrabili in Europa c’è ancora. Lui, peraltro, ci era già riuscito a farsi temere dalle difese continentali; perché non riuscirci di nuovo? Magari si scopre che il miglior Gentile non è stato quello degli anni dal 2013 al 2015, che c’è ancora del margine di miglioramento, che, fatti salvi i dovuti tempi per riprendere confidenza col parquet dopo l’operazione, ci sia ancora un giocatore che per l’Italia sarebbe molto importante ritrovare. Oggi, a Treviglio, sta cercando di ricostruire tutto. Ora tocca a lui provarci, nella speranza che qualche squadra s’interessi alle sue prestazioni.





 

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federico.rossini@oasport.it

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Credit: Ciamillo

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