Formula 1
F1, GP Messico 2018: Sebastian Vettel si ritrova nel giorno di Hamilton. Il tedesco ha bisogno di sentirsi il numero uno
Era altamente probabile e così è stato: Lewis Hamilton è campione del mondo per la quinta volta in carriera, la quarta sotto l’insegna della Stella a tre punte. Un successo meritato frutto di un pilota che ha saputo sempre miscelare aggressività e razionalità in pista, godendo di una vettura che, nella fase cruciale dell’annata, ha preso il volo, forse sfruttando anche qualche “buco” di troppo del regolamento.
Chi vince però ha sempre ragione e va riconosciuto al britannico ciò che ha fatto: 9 pole, 9 vittorie e 15 podi nell’annata, quando mancano ancora 2 GP alla fine. Il circuito dedicato ai fratelli Rodriguez sorride ancora una volta al 33enne di Stevenage in una gara che lo ha visto lontano dalla lotta per le posizioni che contano, nonostante lo splendido start. Le W09 Hybrid ancora una volta hanno palesato grossi problemi con le gomme posteriori e i teorici degli aiutini FIA sulla vicenda buchi hanno ulteriori argomenti a sostegno.
Al di là di questo, in Messico si è rivisto un grande Sebastian Vettel (secondo), giudizioso e determinato. Il non prendersi eccessivi rischi al via e l’eccellente progressione nei 71 giri previsti è stata degna del miglior Seb. Dopo alcuni weekend in cui sembrava perso e in stato confusionale, la guida del teutonico ieri è stata impeccabile. Quanto accaduto, da un certo punto di vista, alimenta il rammarico di non aver goduto sempre di un Vettel così concreto. Sì perché gli errori sono stati tanti.
Forse le critiche sono state eccessive ma da un quattro volte campione del mondo è lecito aspettarsi qualcosa di diverso. Ieri, a fine gara, il 31enne di Heppenheim era quasi svuotato per la grande delusione di una nuova sconfitta. Il team, in questo senso, ha il dovere di star vicino al suo leader e farlo sentire importante proprio perché queste stagioni hanno fatto emergere i punti di forza e i punti deboli del primattore designato. La scuderia di Maranello, quindi, in vista dell’anno venturo dovrà gestire con grande attenzione la questione piloti.
L’arrivo di un grande talento come Charles Leclerc potrebbe rischiare di mettere in difficoltà il teutonico e farlo ripiombare in una crisi come avvenne nel 2014 con Daniel Ricciardo in Red Bull. E questo la Ferrari non può permetterselo se si vuole interrompere una volta per tutte il digiuno mondiale. Vanno chiariti i ruoli altrimenti si rischierà di fare altri regali alla concorrenza, arrivando nelle battute conclusive del campionato a piangere sul latte versato. Questa è la lezione di Città del Messico. Il Cavallino Rampante sarà in grado di impararla?
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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