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NBA 2018-2019: la griglia di partenza e le favorite all’anello. Caccia aperta ai Golden State Warriors. Quale impatto di LeBron James sui Lakers?

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La notte italiana tra martedì 16 e mercoledì 17 sarà quella in cui la NBA riprenderà il suo corso. Si tornerà a dar la caccia ai Golden State Warriors, che non hanno nessuna intenzione di cedere le armi, ora che di anelli ne hanno vinti tre in quattro stagioni. Ci sono però parecchie differenze rispetto agli ultimi anni, che andiamo a vedere dividendole per conference.

WESTERN CONFERENCE
Chi, a Ovest, può contrastare Golden State? Forse nessuno, si direbbe. Eppure l’anno scorso gli Houston Rockets sono andati a un niente dall’eliminare Steph Curry e compagnia. Chiaro, la squadra di Steve Kerr è favorita e sarà ancor più rafforzata dal ritorno in campo di DeMarcus Cousins, ma ci si chiede se davvero possa compiere ancora l’impresa. La risposta tende al sì, ma con incognite. Prima fra tutte: cosa ne sarà dei nuovi Los Angeles Lakers di LeBron James? Difficile dirlo, se non altro per il cast di supporto attorno a lui. Può essere interessante la coppia di play Rondo-Ball, ma ancor di più si cerca di capire come potranno coesistere tre figure che hanno sviluppato una particolare forma di culto attorno a sé: JaVale McGee, Michael Beasley e Lance Stephenson. La vera stella pronta a esplodere, però, pare quella di Kyle Kuzma.

In tutto ciò, la scelta di seconda miglior squadra dell’Ovest per il momento ricade sugli Houston Rockets. James Harden, Chris Paul, Carmelo Anthony: è da qui che riparte la rincorsa a Golden State, che pareva riuscita negli scorsi playoff, non fosse stato per l’infortunio di Paul proprio nel momento topico. Le vere questioni rimangono due: come sarà Anthony sotto Mike D’Antoni? Quanto saranno in grado Chriss, Knight, Carter-Williams ed Ennis di rimpiazzare Ariza e Mbah-a-Mouté? L’intera stagione di Houston passa da qui. Attenzione, però: non dimentichiamoci degli Oklahoma City Thunder, col trio Westbrook-George-Adams raggiunto da parecchia gente di valore (vedere alle voci Dennis Schroeder, Nerlens Noel per dirne due). Potrebbero guastare parecchie feste e rendere questa carrozza in testa al treno occidentale un luogo di zuffe cestistiche di primo livello.

Dietro, ci sono tante franchigie che possono fare bene nei playoff, magari con qualche piccola sorpresa qui e là. Ci sono i San Antonio Spurs, che hanno ripreso Marco Belinelli e aggiunto DeMar DeRozan in luogo di Leonard, ma che hanno anche perso Dejounte Murray, vittima di una rottura del legamento crociato in prestagione. Se LaMarcus Aldridge dovrà guidare una squadra che, in fin dei conti, un che di ricostruzione lo sta facendo, si lascia guardare l’interessante roster degli Utah Jazz, che oltre a Donovan Mitchell sfodera un’attenzione difensiva da primato per la lega. Poi c’è questo quartetto: Jimmy Butler, Taj Gibson, Derrick Rose, Luol Deng. Remake dei Bulls 2011, si direbbe. E invece no: Minnesota Timberwolves 2018. Sarebbe buono, con la crescita di Towns e Wiggins, se non esistesse un piccolo problema ancora irrisolto chiamato Butler, che non ha nessuna intenzione di restare e che parrebbe vicino a Miami. A lottare per i playoff ci saranno tante franchigie, compresi i Portland Trail Blazers di Damian Lillard, i Denver Nuggets di Nikola Jokic, i New Orleans Pelicans di Anthony Davis e, perché no, anche i Los Angeles Clippers di Danilo Gallinari (sperando che Teodosic possa finalmente mostrarsi per quello che è).

Da seguire saranno le parabole di Dallas Mavericks, con Nowitzki a far da chioccia a Luka Doncic, e Phoenix Suns, che hanno in squadra Deandre Ayton, la prima scelta assoluta dell’ultimo draft. Poche speranze per i Memphis Grizzlies, mentre i Sacramento Kings puntano tutto sulla linea giovane.

EASTERN CONFERENCE
Per i Boston Celtics, forse, non ci sono davvero più ostacoli sulla strada per il ritorno alle Finals. Brad Stevens ha per le mani un gran bel roster, ora che i ritorni dagli infortuni di Kyrie Irving e Gordon Hayward si sono concretizzati, ma resta da vedere come si concilieranno loro (e Al Horford) con i vari Jaylen Brown, Jayson Tatum, Terry Rozier e Marcus Smart. Se l’unione d’intenti sarà completa, ecco a voi una squadra potenzialmente in grado di far girare la testa a quasi tutte le altre.

I primi avversari dei Celtics, dati alla mano, sembrano i Toronto Raptors, giunti nella miglior era della loro storia. Sono loro, forse, ad averci guadagnato dall’arrivo di Kawhi Leonard in luogo di DeMar DeRozan per formare la coppia con Kyle Lowry. Con gli ingressi di Danny Green e Greg Monroe, in Canada sembrano attrezzati per tentare di togliere ai Celtics la soddisfazione di finire la rincorsa alle Finals. Da un’altra parte, però, qualcuno non è d’accordo pur se un gradino sotto: i Philadelphia 76ers. La coppia Embiid-Simmons è già oggi tra le migliori della lega, mentre sarà tutto da vedere il primo vero anno pieno di Markelle Fultz in campo. L’esperienza la porterà Wilson Chandler, ma perdere un GM come Jerry Colangelo e il duo Belinelli-Ilyasova in estate non suona come un buon viatico. Potrebbe anche essere che la vera stagione dei Sixers non sia questa, ma la prossima.

Più indietro ci sono un po’ di cose da definire, con una bella lotta per prendersi un posto al sole tra diverse franchigie. Ci sono i Milwaukee Bucks, con Giannis Antetokounmpo ormai superstar e con Mike Budenholzer a guidare le danze dalla panchina, ma dei quali non si sa ancora l’effettivo potenziale. Abbiamo gli Indiana Pacers, che al duo Oladipo-Bogdanovic ha aggiunto McDermott e Tyreke Evans, ma soprattutto possiede un roster apparentemente equilibrato in tutti i ruoli. Mai scordare, inoltre, i Washington Wizards: può essere l’ultima vera chance importante di Dwight Howard, che torna in cerca di gloria accanto a John Wall e Bradley Beal. Poi ci sarebbero i Detroit Pistons e i Cleveland Cavaliers, ma qui stiamo parlando di prospettive di soli playoff, senza ulteriori passaggi verso la finale di Conference. I Pistons si sono tolti l’ingombrante figura di Stan Van Gundy dalle spalle, e possono avere molto dal duo Drummond-Griffin (ma anche, per i nostalgici dei Bad Boys nel più vero senso del termine, da Zaza Pachulia), i Cavs della seconda era post-LeBron sembrano invece più a rischio, considerando che Kevin Love dovrà guidare un gruppo quantomeno difficile, oltre a dover verificare spesso il corretto funzionamento di JR Smith. Nella corsa potrebbero inserirsi i Miami Heat se arrivassero a Jimmy Butler, il che di certo non dispiacerebbe a Dwyane Wade, all’ultima stagione della carriera. Qualche possibilità ce l’hanno pure i Chicago Bulls, che stanno trovando in Lauri Markkanen un uomo-franchigia e in Jabari Parker un innesto che serve eccome.

Potevano essere della corsa anche i New York Knicks, ma i tempi lunghissimi del recupero di Kristaps Porzingis (nonché la fine burrascosa del rapporto con Yoakim Noah) parrebbero tarpare le ali in partenza alla franchigia della Grande Mela. Da quelle parti, però, non sono soli a piangere miseria: gli Charlotte Hornets non sembrano messi proprio bene, con Kemba Walker a dover reggere da solo l’intera baracca. Per i Brooklyn Nets, invece, questo è un anno di transizione in vista della caccia ai free agent del 2019, che potrebbe regalare soddisfazioni (o forse no). Infine, Orlando Magic e Atlanta Hawks. da una parte si spera che Aaron Gordon non sia Godot per tempi di attesa, dall’altra ci sarà Trae Young in capo al quasi nulla che precederà il draft 2019.





 

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federico.rossini@oasport.it

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