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Ryder Cup 2018: le pagelle. Francesco Molinari mostruoso, ma un po’ tutta l’Europa è andata bene. Decisamente male il Team USA

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Si è conclusa col netto successo dell’Europa la Ryder Cup 2018. Il 17,5-10,5 con cui la squadra del Vecchio Continente ha nettamente superato gli USA ha un volto principale, quello di un Francesco Molinari diventato anche in questi tre giorni protagonista di rilievo del golf mondiale. Andiamo, però, a dare alcuni voti alla Ryder dei giocatori di Europa e Stati Uniti.

EUROPA

Francesco Molinari – 10. Cos’altro si può dare a un giocatore che ha vinto tutti e quattro i doppi e poi, non contento, non solo ha vinto il singolo della domenica, ma con quello ha anche portato il punto decisivo all’Europa ai fini della riconquista della Coppa? Niente. Il torinese, ormai, può tranquillamente definirsi contendente per il ruolo di golfista dell’anno. Merita tutti gli aggettivi che sono stati spesi per lui da una carriera intera, che sta coronando in un anno che di ordinario non ha assolutamente nulla.

Tommy Fleetwood – 9. Non arriva al 10 solo perché si trova davanti, nel singolo, un Tony Finau in grandissimo spolvero, che gli piazza cinque birdie di fila. Eppure è l’altra anima del Moliwood, di un team che ha avuto un affiatamento mai visto in tutta la storia dell’Europa alla Ryder Cup. Dove non c’era l’uno, c’era l’altro: un duo che ha distrutto per tre volte Tiger Woods con qualunque compagno, senza che Tiger giocasse male. Si era semplicemente creato qualcosa di meraviglioso. Poi è diventato, da solo, l’anima della festa francese.

Henrik Stenson – 8,5. Ice-Man, un nome una garanzia. Col suo amico Justin Rose ha messo in ginocchio la resistenza di Dustin Johnson e dei suoi due compagni di doppi, per poi cancellare dal campo Bubba Watson nel suo singolo, venendo preceduto di pochissimo da Francesco Molinari nella realizzazione del punto decisivo. Anche lui non era arrivato al massimo della forma, ma a Parigi s’è vista l’anima vera dello svedese.

Sergio Garcia – 8. Bellezza della Ryder Cup. Quella che ti fa svoltare una stagione maledetta, in cui non entra niente, in cui fai fatica, non superi il taglio nei tornei principali, la FedEx Cup la vedi col binocolo. Ma lei, la Coppa, è un’altra cosa. Se ne avesse il potere, ridesterebbe vite. L’anno di Garcia era andato disperso. Thomas Bjorn ha preso un rischio, l’ha richiamato. Sergio ha risposto presente ed è passato alla storia anche lui, superando per punti conquistati una leggenda come Nick Faldo.

Ian Poulter – 8. Mister Ryder Cup, semplicemente. Lui i singoli non li perde mai, e non l’ha perso nemmeno stavolta. Di più: ha tirato fuori un match bellissimo, vibrante, contro Dustin Johnson, il numero 1 del mondo, e l’ha battuto come se il numero uno mondiale fosse lui, che s’è ripreso proprio quest’anno da stagioni molto complesse. L’urlo è tornato, vivo come sempre.

Jon Rahm – 7,5. Che è la media tra il 5 dei primi due match e il 10 del pazzesco incontro contro Tiger Woods. L’incoscienza dei 23 anni l’ha portato lontano, fino a risultare anche lui tra gli uomini decisivi in una giornata che di decisiva poteva avere la rimonta americana. Ha personalità da vendere, e ce ne ricorderemo per tanto tempo di questo che può essere l’erede designato di Garcia.

Thorbjorn Olesen – 7,5. Il suo connazionale capitano l’ha utilizzato soltanto due volte, ma in una di queste due ha fatto uscire completamente pazzo Jordan Spieth, travolto da un’onda danese in continuo innalzamento. Il 5&4 con cui l’ultimo vincitore dell’Open d’Italia si è involato verso il successo nel suo singolo è frutto non tanto degli errori dell’americano quanto della sua spettacolare prova.

Alex Noren – 7. Al debutto ha saputo calarsi bene in una manifestazione difficile. Protagonista del 4-0 del venerdì pomeriggio, è poi stato bravo a non lasciarsi condizionare dalla festa ormai dilagante sul percorso del Le Golf National per portare a casa anche l’ultimo punto europeo contro DeChambeau. Potremmo rivederlo tra gli uomini della Coppa in futuro.

Paul Casey – 6,5. La parte importante del suo incontro la fa quando riesce a pareggiare, praticamente sul filo di lana, la sfida con Brooks Koepka. Anche lui è protagonista di una mezza impresa, visto che quest’anno Koepka due Major li ha vinti. Può dire ancora la sua.

Tyrrell Hatton – 6. Tutto sommato positiva l’esperienza per lui, anche se ha fatto un solo punto su tre. A nemmeno 27 anni ha ancora ottimi margini di miglioramento, e questa Ryder gli tornerà utile in seguito.

Rory McIlroy – 6. Prende la sufficienza perché, al netto di tutti i match, è riuscito ad andare abbastanza bene. Su di lui, però, pesa molto l’errore alla buca 18 contro Justin Thomas che ha rischiato di rimettere in carreggiata gli USA, Non è il McIlroy dei tempi del numero 1 del mondo, ma resta sempre un signor giocatore, quando è nelle condizioni giuste.

Justin Rose – 5,5. Non è stata la miglior Ryder del vincitore della FedEx Cup, che dove non è stato accompagnato da Stenson ha fatto fatica, prima con Jon Rahm nel primo fourball, poi nel singolo con Webb Simpson. Avrà di certo altre occasioni per rifarsi, ma soprattutto non è, comunque, un’unica Ryder sbagliata che lo fa diventare il diavolo.

Cap. Thomas Bjorn – 7,5. In realtà lui, di voti, non ne avrebbe bisogno, perché questo Molinari, da solo, avrebbe battuto pure la Società Interplanetaria Unita. Ha corso più d’un rischio e s’è ritrovato una coppia con un livello di affiatamento spettacolare. Ha saputo azzeccare la scelta dei singoli, mettendo quelli importanti dal centro fin quasi verso la fine (tranne McIlroy schierato subito).

USA

Justin Thomas – 8. Uno dei pochissimi a salvare la Ryder americana con 4 punti su 5. In grande forma, ha saputo tenere a freno le ambizioni di Poulter con due diversi compagni, trovando in Fowler il partner ideale prima di passare a Koepka. McIlroy avrebbe potuto batterlo nel singolo, ma è rimasto più calmo lui e s’è visto. Merita il quarto posto nel ranking mondiale, su questo non c’è discussione.

Jordan Spieth – 7. Spieth è stato tra i pochi a salvare, in un modo o nell’altro, la barca. Pur perdendo nettamente con un indiavolato Olesen, ha portato a casa tre doppi su quattro, rivelandosi decisamente uomo squadra.

Tony Finau – 7. Davvero un bel debutto per lui, con vittoria immediata assieme a Koepka nel giorno iniziale e conclusione con un gran successo nei confronti di Fleetwood. La dimostrazione che la scelta di Furyk era giusta, e che il problema non è certo andato a risiedere nella sua recente forma.

Webb Simpson – 6,5. Pur rimanendo un po’ nell’ombra, è a lui che gli USA devono uno dei quattro punti vinti oggi. Disintegrare la resistenza di Fleetwood non era facile, lui ci è riuscito con grande criterio.

Brooks Koepka – 6. Pareggia un match che avrebbe dovuto vincere contro Paul Casey, per il resto non spicca granché, anche se la prima vittoria della Ryder Cup da parte americana è stata sua.

Dustin Johnson – 6. Ha vinto un solo match, quello iniziale, ma merita la sufficienza per la grande resistenza che ha opposto a Ian Poulter. Due meravigliose imbucate, alla 11 e alla 16, hanno pieno diritto di restare tra i colpi simbolo di questo 2018.

Tiger Woods – 5,5. Sembra strano, ma Tiger questo voto lo merita anche se ha perso tutti e quattro gli incontri. L’ha detto lui stesso: non ha giocato male, ed è quella la parte più frustrante. Perché prima Molinari e Fleetwood hanno giocato meglio di lui, poi Patrick Reed l’ha lasciato più volte da solo, non è cambiata la musica con DeChambeau e infine non è stato in grado di competere con le grandi cose fatte da Jon Rahm.

Rickie Fowler – 5. In realtà per lui bastano poche parole: non era in forma. Emblematico il caso della buca 15, con lui e Garcia entrambi finiti in acqua: se lo spagnolo ha vinto il match, l’americano non ha mai dato mostra di poterlo riprendere.

Patrick Reed – 5. Anche se ha vinto il suo match con Tyrrell Hatton, questo non cancella il fatto che nei primi due giorni fosse davvero in scarsa forma, tanto che Furyk l’ha tolto dal fianco di Tiger. Era il quarto campione Major alla partenza, ma non è riuscito a far valere quel peso.

Bubba Watson – 4,5. Il buon Bubba, se c’era, non s’è visto. L’unico sussulto l’ha dato con la vittoria per 3&2 su Garcia e Noren, ma per il resto è stato irrisorio, con due pesanti sconfitte nell’altra sessione di foursome e nel singolo in cui ha lasciato campo libero a Stenson.

Phil Mickelson – 4,5. Spiace dare un voto tanto basso a un grande del golf di questa epoca, ma è difficile poter fare diversamente quando quella che si presenta è l’ombra di Mickelson. Già poco in forma, è stato travolto da Garcia e Noren nel foursome e poi, nel singolo, ha ceduto a Francesco Molinari senza mai impensierirlo (anzi, finendo il match in acqua).

Bryson DeChambeau – 4. Non è riuscito ad ingranare, perdendo sonoramente sia nei foursome che nel match con Alex Noren. Era giunto con due successi di fila che gli avevano spalancato le porte del Tour Championship valido per la FedEx Cup, ma proprio lì s’è sciolto e non s’è, evidentemente, ripreso in tempo utile.

Cap. Jim Furyk – 4,5. Ok, contro Molinari non avrebbe potuto fare nulla. C’è un però: e se avesse provato, con i suoi, tattiche alternative invece di creare una generica rotazione ristretta? Uno dei motivi per cui ha pagato parecchio è stato proprio il fatto di non dare spazio a novità e imprevedibilità.





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Credits: Valerio Origo

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