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Tennis, WTA Finals Singapore 2018: il segno di Elina Svitolina su un’edizione strana, l’ultima prima del trasferimento a Shenzhen

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Quella terminata ieri è stata, a suo modo, una delle edizioni delle WTA Finals con più spunti di riflessione degli ultimi anni, partendo da quanto successo in campo e finendo con fattori esterni al gioco, ma che non ne sono estranei, almeno per la questione riguardante il futuro del torneo.

Sul campo, è successo che le prime quattro teste di serie sono tutte uscite al round robin. Da quando, nel 2003, è stato mutuato il format dell’omologo torneo maschile, mai si era verificata una simile evenienza: per ritrovare le prime quattro del seeding escluse dalle semifinali bisogna risalire al 1994, ma era l’epoca in cui si giocava il tabellone a eliminazione diretta con 16 giocatrici.

Nel caso in questione, vista l’assenza di Simona Halep (la rumena è alle prese con problemi di schiena), la prima testa di serie è toccata ad Angelique Kerber, ma la tedesca ha perso contro Sloane Stephens l’incontro che l’avrebbe spedita in semifinale. Un discorso a parte merita Naomi Osaka, numero 3 del seeding e nello stesso girone della Kerber: pur se già in difficoltà, alla giapponese va riconosciuta la pesante attenuante dell’infortunio che l’ha costretta al ritiro nel match contro Kiki Bertens. Nell’altro girone, Caroline Wozniacki, seconda favorita del tabellone, non ha saputo imporre il bis del 2017: la danese ha ceduto l’incontro decisivo contro Elina Svitolina al terzo set, nel quale in genere la danese non si dimostra propriamente molto generosa nei confronti delle avversarie. Delle due ceche in gara, quella mai apparsa in gran condizione è stata Petra Kvitova (testa di serie numero 4), che ha vinto un solo parziale dei sette giocati ed ha chiuso i propri impegni dell’anno contro la connazionale Karolina Pliskova.

Stati Uniti (Stephens), Olanda (Bertens), Ucraina (Svitolina), Repubblica Ceca (Pliskova). Per il nono anno di fila, i Paesi delle quattro semifinaliste sono stati tutti diversi. Per aggiungere ulteriore particolarità alle Finals, entrambe le semifinali e la finale si sono risolte al terzo set, un fatto che non si verificava dal 2008. A risultare vincitrice è stata Elina Svitolina, che lungo tutte le cinque partite giocate ha dimostrato che manca davvero poco a vederla esplodere anche a livello Slam, dove non è mai andata oltre i quarti di finale. Per lei, oltre alla quarta posizione mondiale, c’è una consolidata consapevolezza delle proprie capacità in situazioni molto tese, cosa che le ha permesso di venir fuori da quattro incontri al terzo set, il più difficile dei quali è stato senz’altro quello di semifinale contro la Bertens (pur non sottovalutando la partita in cui ha eliminato la Wozniacki). Personalità, difesa e angoli: la vittoria dell’ucraina sta tutta in queste tre parole.

Dall’anno prossimo le Finals non si terranno più a Singapore. La WTA ha scelto di andare a Shenzhen, in Cina. Il luogo, di per sé, è abbastanza godibile, visto che si trova sul mare e, in più, non soffre di livelli di smog paragonabili a quelli delle megalopoli come Pechino e Shanghai. La questione aperta resta un’altra: sul tavolo c’erano anche le offerte di varie città europee, tra cui Praga, San Pietroburgo e soprattutto Manchester, con quest’ultima che avrebbe potuto regalare un’accoppiata niente male con Londra, sede dell’evento maschile almeno fino al 2020. Al di là del puro aspetto economico, molto importante nella scelta (c’è di mezzo un raddoppio del montepremi, che quest’anno ha regalato oltre due milioni di dollari alla vincitrice più altri due milioni per aver vinto tutte le partite del girone), con tante giocatrici europee oggi tra le migliori al mondo, era davvero necessario spostare il torneo più importante organizzato dalla WTA in un altro luogo sito in Asia? Per l’attuale presidente Steve Simon, evidentemente, sì, in continuità con la strada che tracciò Stacey Allaster, che per questa ragione si guadagnò parecchie critiche.





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federico.rossini@oasport.it

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Credits: Dana Gardner / Shutterstock

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