Ciclismo
Ciclismo, Paolo Bettini: “Serve una riforma per il ciclismo moderno. Fabio Aru deve vincere subito”
La magica doppietta iridata 2006-2007 è indimenticabile, così come le tante classiche vinte ed il titolo olimpico di Atene 2004. Nel Nuovo Millennio Paolo Bettini è uno degli atleti più vincenti, assieme ad Alejandro Valverde, che per anni è stato suo rivale. Il Grillo non ha nessuna intenzione di tornare a gareggiare, come sta pensando di fare l’ex compagno di squadra Andrea Tafi: “Ad Andrea dico “spero che tu non corra, bisogna far altro nella vita a 52 anni”. La sua è un’azione mediatica, ma sarebbe molto meglio che pensi a dare un’opportunità a un giovane. Così facendo, gli ruba il posto” il commento del toscano.
Tante incoerenze nel ciclismo moderno: “Anche se avessi uno sponsor da trenta milioni, che certezze potrebbe darmi questo sport, con queste regole? Io vado da un’azienda e questa poi correrà le stesse gare con un team che ne investe due. Come glielo spiego? Ci sono gare dove si mischiano tutte le categorie, dal WorldTour alle Continental, dove il campione del mondo Valverde gareggia con mio nipote Francesco, con regole, anche sanitarie, diverse. Non dovrebbe essere così” il commento di Bettini alla Gazzetta dello Sport.
Servirebbe una riforma: “Il pubblico non ha più punti di riferimento. Gli scontri veri dei big sono pochissimi. Non c’è una vera graduatoria mondiale. E questo toglie interesse agli sponsor. Io vedo un calendario A per le 18 squadre WorldTour, il grande ciclismo. Il calendario B per le Professional, più le Continental a invito. E creerei un calendario C perle nazionali. Sì, un gruppo di gare in giro per il mondo riservato alle squadre nazionali, come la Nations League nel calcio. Un modo per giustificare un calendario che si allarga sempre di più. Le nazionali avrebbero una visibilità non legata soltanto al Mondiale e sarebbero anche più attraenti per gli sponsor”.
Nel Bel Paese troviamo il problema delle categorie minori: “In Italia c’è un problema, ed è la categoria under 23. Doveva essere la garanzia di crescita dei giovani, e invece li stritola, corrono ancora come negli Anni 80. Abbiamo un dilettantismo vecchio stampo, dove si vuole solo vincere.In Toscana, se non fai bene la FirenzeEmpoli (prima gara, ndr), ti tagliano le gambe. Uno junior fa settimane di ritiro invernale, gli under 23 si allenano con la metodologia di un professionista: se non facciamo una vera riforma del settore giovanile, non cresceremo mai. Negli altri Paesi, gli under 23 come li intendiamo noi non esistono, perché ci sono le squadre Continental, legate ai team WorldTour, che sono la filiera del professionismo. Non 80 giorni di gara, ma 40. È la cosa che mi preoccupa di più in Italia: far crescere i giovani. E senza una squadra WorldTour manca il traino”.
Su Fabio Aru, uno dei talenti del ciclismo azzurro che rischia di perdersi dopo un paio di stagioni incolori: “Deve staccarsi dal 2018 così negativo e lavorare per il 2019 senza farsi influenzare. Ma le garantisco che un corridore quelle immagini brutte se le porta dentro. Fabio ha una sola possibilità: correre subito e vincere il prima possibile. Qualsiasi corsa, anche di secondo piano. E ritrovare la consapevolezza che lui c’è”.
gianluca.bruno@oasport.it
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Foto: By The Dublin Reeds (Paolo Bettini) [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons