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Oltre Cinquecerchi
Scacchi, Mondiale 2018: Carlsen-Caruana, una lotta di nervi. Il potere dell’alfiere e del cavallo
Londra continua a non splendere per Magnus Carlsen e Fabiano Caruana. La settima partita è finita patta, gli spareggi rapid si avvicinano sempre di più e di volta in volta cambiano anche le prospettive su chi possa avere un minimo vantaggio.
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Alla vigilia dell’ottava partita, potrebbe avercelo (ma stiamo parlando davvero di inezie a questi livelli) l’italoamericano, cui rimangono tre partite delle ultime cinque da giocare col Bianco. Con questo colore, però, per due volte non è riuscito a far male al norvegese, e nella prima partita, se non fosse stato per una svista del Campione del Mondo, avrebbe dovuto far segnare uno zero immediato. E lì, con ogni probabilità, la storia di questo match mondiale sarebbe stata molto diversa da quella che si sta raccontando dallo scorso 9 novembre.
L’incontro di ieri non ha regalato grandissimi spunti di interesse, se non una posizione finale dal quale si può trarre un discorso relativo alla potenza dell’alfiere e del cavallo negli scacchi.
Questa è la posizione raggiunta dai due giocatori dopo 40. Rf2, la mossa dopo la quale è stata siglata l’equa divisione del punto. Si tratta di una posizione in cui il progresso è pura utopia, perché sull’ala di re non si possono fare progressi con la struttura pedonale in essere, mentre i due pezzi rimasti, alfiere e cavallo, sono in una situazione tale per cui nessuno può far danno all’altro (peraltro, toccando la mossa al Nero, l’alfiere può tranquillamente scappare in d3 o in a6). Questa sembra una cosa ovvia, se si considera che a entrambi viene accordato una specie di punteggio virtuale identico in termini di potenza, ma non è così, perché ci sono diversi tipi di finale che mostrano la potenza dell’uno e dell’altro pezzo.
L’alfiere gradisce molto le posizioni di gioco aperto, in cui può spostarsi rapidamente da un lato all’altro della scacchiera senza timore di essere fermato. Quando, però, la posizione è chiusa e ci sono troppi pedoni a bloccarla con una struttura quasi impossibile da spezzare, allora è il cavallo a essere più a proprio agio. Può venirsi poi a creare il caso in cui l’alfiere bloccato sia proprio quello che si muove sulle case del colore dei propri pedoni immobili, ed in quel caso si parla di “alfiere cattivo”, che diventa praticamente inutile (o meglio: la sua potenza diventa appena superiore a quella di un pedone) finché non si smuovono le acque, ammesso che ciò si possa fare.
Nel finale di partita, l’alfiere si fa leggermente preferire al cavallo proprio in ragione della sua libertà di movimento, che si evidenzia in numerosi schemi tipici che si possono verificare sulla scacchiera. Tuttavia, bisogna sempre fare attenzione a un piccolo dettaglio: non intrappolare il re. Altrimenti il cavallo può sempre escogitare il suo trucco più diabolico, che nessun altro pezzo è in grado di mettere in scena: il cosiddetto “matto affogato” con tutti i pezzi attorno allo sventurato sovrano, impossibilitato a muoversi o a veder catturato l’offensivo essere. D’altro canto, anche il cavallo non deve farsi intrappolare ai bordi della scacchiera, onde non vedersi limitato il movimento proprio dall’alfiere (è pur vero che, sotto determinate condizioni, vale anche il contrario).
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federico.rossini@oasport.it
Credits: Krutov Igor / Shutterstock