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Scacchi, Mondiale 2018: Carlsen e Caruana, i record e le difficoltà dei motori scacchistici nell’analisi di certi finali

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Non è la sequenza di patte più lunga nella storia dei match validi per il Campionato del Mondo di scacchi, ma quella in corso tra Magnus Carlsen e Fabiano Caruana è la maggior striscia di eque divisioni del punto partendo dalla prima partita in più di cent’anni di sfide iridate. Siamo sul 4,5-4,5, e il norvegese e l’italoamericano hanno ancora tre partite per evitare gli spareggi rapid.

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Il precedente record lo detenevano Garry Kasparov e Viswanathan Anand. Nel 1995, il russo e l’indiano non giocavano però il match sotto l’egida della FIDE, bensì nella da poco nata PCA (Professional Chess Association). La frattura Kasparov-FIDE si ebbe nel 1993, dopo otto anni di battaglie incrociate con il Presidente della Federazione Internazionale Florenico Campomanes. Le azioni di quest’ultimo indussero il russo e l’inglese Nigel Short (poi divenuto egli stesso candidato alla presidenza FIDE, molti anni più tardi) a mollare la barca principale per costruirne una propria. Per questo si parla ancora oggi di quel periodo come quello con due corone mondiali separate. Tornando a Kasparov-Anand, in quel match vi furono otto patte consecutive prima che l’indiano vincesse la nona. L’unico effetto di quel successo fu di “svegliare” Kasparov, che da quel momento non concesse più nulla e prevalse nettamente.

Nella partita di ieri tra Carlsen e Caruana, si è arrivati a un finale di alfieri di colore contrario con due pedoni a testa. Per i meno affezionati, la definizione di “alfieri di colore contrario” si riferisce a quel caso in cui gli alfieri rimasti ai due giocatori viaggino sulle case dell’opposto colore, con l’effetto di controllare parti diverse e mai sovrapponibili della scacchiera. Il norvegese e l’italoamericano hanno optato per la patta, a dispetto di quanto affermato da diversi motori scacchistici, che davano del vantaggio al Bianco. Va fatto notare, infatti, che in relazione ai finali il silicio, delle volte, semplicemente non ne comprende la natura. Gli umani sanno che un determinato genere di finale, come ad esempio questo, è patto; i motori non ragionano come gli umani, e perciò applicano dei vantaggi che, sul piano pratico, si traducono nel nulla.

La vera possibilità di vincere, però, Carlsen l’ha avuta prima: dopo 24… g6 di Caruana, il norvegese s’è trovato con la possibilità di creare una pressione lenta, ma inesorabile contro lo schieramento del Nero, particolarmente complesso. Un po’ il contrario, per intenderci, della situazione in cui si è trovato Caruana nell’ottava partita, con l’ormai celebre rallentamento dell’azione sul lato di re. Allora la mossa era la numero 24, in questo caso è stata la numero 25, ma la sostanza cambia soltanto per un motivo: se Caruana è stato troppo lento, Carlsen, con 25. h5, è andato a cercare troppo velocemente di sfondare il lato di re. Lo sfidante ha allora trovato tre ottime mosse di fila, che gli hanno assicurato di fatto la parità.

Dopo nove partite ed altrettante patte, è chiaro che quasi non si gioca più sul solo e puro piano scacchistico: la componente psicologica inizia a entrare in modo sempre più forte dentro questo match del quale ormai nessuno è in grado di comprendere i futuri sviluppi.



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