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Basket, Gigi Datome: “Farò di tutto per ottenere una medaglia in Nazionale. Mitomania piaga sociale del secolo. E tra Roma e Istanbul…”

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Gigi Datome è ormai uno dei simboli dell’Italia cestistica: dopo una carriera italiana vissuta tra Siena, Scafati e Virtus Roma, ha preso la via dell’NBA giocando con Detroit Pistons e Boston Celtics. Al Fenerbahce sta vivendo gli anni della maturità sportiva, ma l’uomo venuto dalla Sardegna la maturità umana già l’aveva ben chiara molto prima di arrivare alla corte di Obradovic. C’è un po’ di tutto, sia del Datome cestista che del Datome uomo (e anche del Datome instancabile lettore) nella lunga intervista rilasciata a Mario Canfora per la Gazzetta dello Sport, sezione Fuorigioco.

Sulla sfida più grande: “Ogni gara è una sfida. Tutta Europa ci vuole battere e tutti i giocatori vogliono dimostrare che meritano di giocare al Fenerbahce. La sfida è rimanere al vertice in Turchia e in Europa, come accade da tre anni“.

Cosa manca a Gigi Datome nel basket? “Una medaglia con la Nazionale. Rimango un inguaribile ottimista e farò di tutto per ottenerla, finché ci sarò. Ma mi rendo anche conto che sarebbe un’impresa. Intanto, spero di disputare il Mondiale, non è mai successo“. Con quest’ultima frase, a scanso di equivoci, Datome intende che non è mai capitato a lui personalmente, dato che ha debuttato in una manifestazione ufficiale agli Europei 2007.

Sull’esperienza in NBA: “Tutto meraviglioso, mi mancava solo il campo. A parte l’organizzazione certosina e il talento-atletismo dei giocatori, hanno proprio una mentalità diversa dalla nostra. Basti pensare alla libertà individuale nelle trasferte, o a come una sconfitta venga vissuta molto alla leggera. In certi finali di partita, sul -20, il pubblico esplodeva di felicità apparentemente senza motivo. A guardare bene il motivo c’era: erano felici perché dal soffitto cadevano delle pizze omaggio con mini paracaduti. In Europa non credo funzionerebbe…

Sui criteri di scelta dei club: “La città praticamente mai. Sempre e solo l’aspetto tecnico. I soldi sono una conseguenza del tuo valore, se cerchi solo i soldi è difficile che possa sentirti appagato tecnicamente“.

Dovendo sceglierne una tra Roma (dove ha giocato 5 stagioni) e Istanbul (dove si trova dal 2015): “Roma perché è più casa. L’ostacolo della lingua è importante, e il cibo ha un peso notevole nella mia scelta. Istanbul mi è entrata nel cuore, ma Roma è Roma“.

Sull’amore per la lettura: “Vado a periodi. Leggo mediamente tre-quattro libri al mese. Più o meno in una vita se ne leggono 2500-3000, quindi faccio selezione, non posso leggere tutto“.

Cosa significa essere capitano della Nazionale? “Lo sono da 6 anni, è un ruolo che sento mio. È una gioia enorme, ma anche una grande responsabilità, cerco di farlo al meglio per i miei compagni e per tutti quei bambini che, come me alla loro età, sognano l’azzurro“.

Su un’eventuale fine di carriera in Italia: “Non lo so. Come al solito non mi precludo nulla. Valuteremo quando sarà il momento. Se tra qualche anno l’Italia sarà il posto migliore per me, ben venga. Ripeto, la situazione tecnica ha sempre la precedenza”.

Sulla mitomania: “I mitomani sono la piaga sociale del secolo. Tanti parlano di cose che non sanno o si spacciano per chi non sono. Vedo poca onestà intellettuale e tanta presunzione. Così si cresce poco. E i social in questo non aiutano“.

In questa stagione con il Fenerbahce il trentunenne di Olbia ha una media di 10.1 punti per gara in Eurolega, mentre nel campionato turco ha disputato quattro partite con otto punti di media. Dal suo approdo in Turchia, nel 2015, ha sempre vinto il campionato turco e ha conquistato l’Eurolega nel 2017. Con la Nazionale ha disputato cinque edizioni degli Europei.





 

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federico.rossini@oasport.it

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Credit: Ciamillo

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