Ciclismo
Il 2018 di Fabio Aru: una forma che non è mai arrivata. Il Cavaliere dei Quattro Mori coltiva la rinascita
“C’è sempre qualcosa da imparare in tutti le situazioni, per uscire maturi e più forti di prima. Riparto dalla voglia di mettermi in gioco come sempre, ho voglia di fare bene, di correre, di andare in bici, di fare quello che mi piace. Io vado in bici perché mi piace, è una passione che è diventata lavoro: come tutti i lavori ha la sua parte difficile ma è bello perché mi piace e per la gente che mi segue“, queste le parole con cui ha chiuso l’anno, un 2018 da dimenticare, Fabio Aru, uno dei corridori più importanti per quanto riguarda il ciclismo su strada in Italia.
Sono i numeri, spesso e volentieri, a parlare: novantotto i giorni di gara per il corridore sardo che non è mai riuscito ad entrare tra i migliori tre. La vittoria manca addirittura dal luglio 2017, quando al Tour de France riuscì ad esaltare tutta Italia battendo i migliori in cima a La Planche des Belles Filles e cogliendo anche la maglia gialla di leader della classifica generale.
Il momento psicologico e fisico è tutt’altro che positivo. In questa annata buia Aru ha cercato in tutti i modi di inseguire una condizione che praticamente non è mai arrivata. L’obiettivo doveva essere il Giro d’Italia, ma sulle strade di casa il capitano della UAE Emirates è letteralmente naufragato in salita, trovandosi costretto al ritiro alla diciannovesima tappa. Mirino poi puntato sul finale di stagione: segnali positivi dal Giro di Polonia e poi nuovamente in crisi alla Vuelta di Spagna. Niente Mondiali, male al Lombardia: non un momento positivo.
L’orgoglio e la voglia di rinascere saranno fondamentali per un 2019 che diventa già decisivo. Non ci si potranno permettere ulteriori errori, da scoprire è soprattutto la causa di questo continuo inseguimento di una forma che mai è stata raggiunta.
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gianluca.bruno@oasport.it
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Foto: Valerio Origo