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Australian Open 2019: i numeri uno dimostrano la loro forza. Italia, il viaggio a Melbourne finisce qui
La sesta giornata degli Australian Open 2019 ha messo una volta di più in chiaro che, se Novak Djokovic e Simona Halep sono oggi i numeri uno del tennis mondiale, un motivo c’è. Per avere la prova, basta vedere le loro partite contro Denis Shapovalov e Venus Williams.
Il canadese, in ascesa da qualche tempo, non è mai stato davvero in grado di fare quello che molti speravano alla vigilia: creare dei grattacapi al serbo. Il set Djokovic l’ha ceduto in quello che, al microfono di Jim Courier, ha (a suo modo) chiarito essere un momento di distrazione generato dall’accensione delle luci artificiali all’interno della Rod Laver Arena, ma per il resto il sei volte trionfatore a Melbourne non ha avuto neppure l’ombra di un problema. Con lui si completa il tris di successi dei primi tre al mondo sugli attuali Next Gen, dopo i successi di ieri di Roger Federer sull’americano Taylor Fritz e di Rafael Nadal sull’australiano Alex de Minaur. La vera domanda, a questo punto, riguarda chi, o cosa, possa fermare Djokovic nel percorso verso la finale. Il primo a cercare di dare una risposta sarà Daniil Medvedev: il russo, anche se in pochi se ne sono accorti, sta interpretando un ottimo torneo, non ha ancora perso un set e ha un gioco molto solido.
Per quel che concerne Venus, invece, il tentativo di incontrare di nuovo sua sorella Serena è stato vano. La Halep, dopo due turni faticosi, ha iniziato a rimettere le antenne nella giusta direzione, sfoderando il primo vero match da numero uno del mondo da diversi mesi a questa parte. Le versioni traballanti della rumena hanno lasciato il posto a quella sicura, spietata e attenta nei momenti decisivi vista sulla Margaret Court Arena. Il tanto atteso ottavo di finale con Serena Williams arriva: in qualunque modo vada, il fatto che diventi un match chiave del torneo, in senso assoluto, non è in discussione.
Oltre i numeri uno, però, c’è anche un altro mondo. Capita così di vedere Elina Svitolina, attesa a una prima volta nelle semifinali di un torneo dello Slam, in seria difficoltà contro Shuai Zhang, sconfitta soltanto dopo quasi tre ore di battaglia. Il tabellone le propone ora Madison Keys: per quello che si è visto nel corso della prima settimana l’americana è favorita sull’ucraina, e non sarebbe dunque sorprendente vederla tornare tra le migliori otto di Melbourne per la seconda volta consecutiva. Più di qualche problema l’ha avuto anche Naomi Osaka: la giapponese, però, potrebbe soffrire un pochino di meno contro Anastasija Sevastova (Lettonia) di quanto non abbia fatto oggi contro Su-Wei Hsieh (Cina Taipei).
Per quanto riguarda gli uomini, invece, il più in difficoltà di tutti, oggi, è stato Lucas Pouille: il francese ha perso due set di vantaggio contro la wild card locale Alexei Popyrin, campione juniores al Roland Garros 2017, ma si è saputo riprendere nel finale: il suo bilancio al quinto set di nove vittorie e tre sconfitte deve far suonare il campanello dell’attenzione a Borna Coric, perché il croato ha impiegato più di un set per venire a capo dei problemi proposti da Filip Krajinovic, il serbo che ha iniziato il torneo eliminando il nostro Marco Cecchinato. Chi sembra tranquillizzare, per il momento, è Alexander Zverev, che ha messo a nudo tutti i problemi del tennis di Alex Bolt, troppo incostante per questi livelli. Al prossimo turno ci saranno dei veri e propri test reciproci, perché il tedesco dovrà dimostrare di essere in grado di giocarsi anche le fasi finali degli Slam e Milos Raonic (Canada) sarà invece chiamato a riprendersi quel ruolo di primo piano che gli manca da un po’ di tempo.
L’Italia non c’è, è andata via, l’Italia non è più cosa di Melbourne. Fabio Fognini e Camila Giorgi sono gli ultimi azzurri ad abbandonare Melbourne, in modi simili e diversi insieme. Il ligure ha confermato una strana legge del tennis: per quanto si possa andare avanti, per quanto la classifica possa sorridere, c’è sempre quel giocatore contro il quale si soffre sempre. Per lui i casi sono due: uno è Alexandr Dolgopolov, l’altro è Pablo Carreno Busta. In sostanza, il principio è lo stesso per cui Marat Safin, ogni volta che veniva sorteggiato contro Fabrice Santoro, alias Le Magicien, sapeva di essere sempre, invariabilmente destinato a passare guai seri, perché non riusciva a capire nulla del tennis del francese. Per quel che riguarda la marchigiana, invece, il picco di rendimento mostrato contro Karolina Pliskova è stato molto importante, ma per adesso si tratta ancora di un picco. Il livello del secondo set è al momento abituale per la ceca, ma non per lei, che pure può salutare il torneo con rinnovata consapevolezza di saper stare al passo delle migliori. L’importante, per lei, sarà eliminare le tracce di incostanza che da sempre la caratterizzano.
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federico.rossini@oasport.it
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Credits: Leonard Zhukovsky / Shutterstock