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Australian Open 2019: Novak Djokovic, il numero uno alla ricerca del settimo sigillo
Novak Djokovic arriva a questi Australian Open da numero uno del mondo. Era dal 2016 che non lo si vedeva arrivare in un torneo dello Slam da primo giocatore del pianeta: per lui l’ultima volta è stata rappresentata dagli US Open 2016, nei quali arrivò in finale, ma venne sconfitto da Stan Wawrinka (Svizzera) in una sorta di déjà vu del Roland Garros 2015.
Il serbo è apparso, in questo inizio di stagione, nell’ormai tradizionale esibizione di Abu Dhabi e poi nell’ATP 250 di Doha. La prima l’ha vinta in una finale durata tre set contro Kevin Anderson (Sudafrica), mentre il secondo l’ha visto fermarsi in semifinale, dopo aver faticato non poco nei due turni precedenti, contro un’ottima versione di Roberto Bautista Agut (Spagna), che poi è andato a vincere anche il titolo. In quest’appuntamento Djokovic è apparso particolarmente remissivo, con una prevalenza di schemi difensivi nelle sue partite.
Tuttavia, il sei volte vincitore degli Australian Open ha una storica caratteristica, che è quella di elevare il proprio livello di gioco nel massimo appuntamento. Se nei tornei che lo precedono appare meno in condizione, battibile, in una parola diverso, negli Slam Djokovic sfodera tutte le armi per cui, in alcuni casi, l’hanno definito RoboNole, soprattutto quando è in forma. Il serbo, inoltre, viene dalle vittorie di Wimbledon e US Open, che hanno ulteriormente arricchito la collezione dei trofei da lui posseduti. Per queste ragioni, e per molte altre, è naturale considerarlo il più accreditato per la vittoria finale.
Gli unici problemi potrebbero giungergli, oltre che da una giornata storta, da una giornata particolarmente positiva di Roger Federer, qualora entrambi arrivassero in finale, o dalla raggiunta maturità di Alexander Zverev, dovesse trovarselo di fronte in semifinale. Parlare di Djokovic, e soprattutto di tennis, oggi sembra una cosa normale, ma poche settimane fa il serbo ha rivelato di esser stato davvero vicino al ritiro. E se si fosse ritirato, tutte queste parole non si sarebbero mai scritte. In particolare, parlando con Matt Blake dalle pagine di Shortilist, ha affermato di essersi trovato in una sorta di posto oscuro dopo un paio di cocenti sconfitte al primo turno. La svolta gli sarebbe giunta durante un momento di relax con la famiglia, in vacanza, e di lì è ricominciato tutto il percorso che l’ha portato di nuovo ai vertici. Certo, oltre a quest’ammissione non si può sottovalutare l’importanza del ritorno a un ruolo importante di Marian Vajda nel suo angolo. La sostanza di tutti questi elementi, in qualunque caso, resta una: Novak Djokovic ha ancora fame. E il forte sospetto che aleggia nel circuito è che non voglia più solo vincere, ma anche superare diversi record di Federer, il principale dei quali è quello dei venti Slam vinti.
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federico.rossini@oasport.it
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Credits: Leonard Zhukovsky / Shutterstock