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Creed 2, l’ultima volta di Sylvester Stallone nei panni di Rocky: un mito che ha unito le generazioni
Anni ’70, un ragazzo che aveva cambiato 12 scuole prima di compiere 15 anni, entrando nel Guinness dei primati per il numero di sospensioni. L’attività di recitazione era nel suo sangue e riuscì ad ottenere piccole parti ad Hollywood, essendo nel cast de Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen e Prigioniero della seconda strada con Jack Lemmon e fu protagonista di Brooklyn Graffiti, un film senza eccessive pretese economiche. L’esperienza però non andò molto bene e allora si applicò anima e corpo nella scrittura, in cerca di un’idea. Nel 1975 iniziò l’avventura che cambiò la sua vita e di tutti quelli che conobbero il personaggio di Rocky grazie al volto di Sylvester Stallone.
Una sceneggiatura scritta in tre giorni, su un blocco per gli appunti per la quale gli offrirono cifre decisamente interessanti (300.000 dollari). La storia di un pugile dilettante, che lavora come “picchiatore” della mafia locale a Philadelphia, a cui fu data la possibilità di combattere contro il campione del mondo Apollo Creed. Una storia di sport, umanità e di amore che riscosse un successo incredibile nonostante il film fosse stato realizzato in appena 28 giorni con un budget di 1.1 milioni di dollari, incassandone 225 al botteghino, senza considerare tre premi Oscar, tra cui quello per il miglior film e miglior regia. Grazie a Rocky, Stallone divenne il terzo uomo nella storia del cinema, dopo Charlie Chaplin e Orson Welles, a ricevere la nomination all’Oscar sia come sceneggiatore che come attore per lo stesso film.
Un personaggio sopravvissuto al passare del tempo, sconfiggendo oltre che gli innumerevoli avversari sul ring anche l’inevitabile scoccare delle lancette. Ma come? Attraverso la determinazione e la volontà di fare un altro round perchè “Fare un altro round è qualcosa che può cambiare tutta la tua vita“. La storia di un uomo che ha saputo trasformare le proprie lacrime in sorrisi diventando fonte di ispirazione per diverse generazioni, accompagnato dalla colonna sonora di Bill Conti. I frammenti di immagini sono diversi: la corsa sulla sulla scalinata che porta al Philadelphia Museum of Art, la palestra di Mickey (il suo manager ed allenatore) e il negozio di animali di Adriana, la donna che lo accompagnerà per buona parte del suo percorso.
Rocky è passato di padre in figlio come la figura di chi, pur finendo al tappeto, è stato in grado di rialzarsi perché “Nessuno colpisce duro come fa la vita…ed un vincente lo si riconosce dalla sua capacità di incassare“. Frasi, considerazioni estrapolate dalle tante opere filmiche che si sono susseguite negli anni, portando Stallone e questo pugile a fondersi. Con Creed e Creed 2, “The Italian Stallion” ha ripreso vigore nella vita del figlio di Apollo, Adonis, che mai ha potuto conoscere il padre ucciso sul ring dal russo Ivan Drago. Entrambi affronteranno dure prove, aiutandosi a fronteggiare il peso di un’ombra e di una malattia, oltre ai dolori di un triste passato.
Nell’ultimo capitolo il confronto tra Creed e Viktor Drago, figlio di Ivan, rappresenta il definitivo passaggio di testimone tra Rocky e “Donnie” attraverso cui entrambi scopriranno l’importanza della famiglia. “L’eroe di Philadelphia” dunque si congederà definitivamente. “L’ultimo rodeo” annunciato sui social rappresenta la fine di un’era che però continuerà a durare lungamente nel ricordo e nel mondo del web, per chi è cresciuto a pane e guantoni.
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giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: Ron Adar / Shutterstock.com