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F1, i 4 anni di Maurizio Arrivabene. Ferrari rinata, ma lacune gestionali costate il Mondiale

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Quando si chiude un rapporto di lavoro, come una storia d’amore, non si possono fare bilanci netti e definitivi. Le sfumature sono all’ordine del giorno e le variabili non mancano. Nel caso dei quattro anni di Maurizio Arrivabene in Ferrari, per esempio, l’andamento si può valutare da due punti di vista differenti, con risultati interessanti.

Il 24 novembre 2014 la dirigenza emiliana decideva di chiudere l’era di Marco Mattiacci che, a sua volta, aveva preso il posto di Stefano Domenicali nell’aprile precedente. La Scuderia di Maranello aveva bisogno di un nuovo volto, forte e, se così si può dire, che desse un taglio verso il passato. La scelta è ricaduta sul 61enne nato a Brescia che, va detto, è stato catapultato nel bel mezzo di uno dei momenti più complicati della storia del team.

La Rossa si trovava in uno dei suoi punti più bassi del passato recente, con Fernando Alonso pronto a salutare tutto e tutti, e con la nuova era Sebastian Vettel da creare e da lanciare. I primi risultati, nel 2015 furono soddisfacenti, con tre vittorie del tedesco, ma il primo salto di qualità tanto agognato, nel 2016, fallì completamente. Nelle ultime due annate, specialmente nel 2018, la Ferrari ha risalito la china e ha messo in difficoltà la temibile Mercedes ma, nei momenti clou, per un motivo o per un altro, ha sempre mancato l’affondo. Certo, non è colpa di Maurizio Arrivabene se Sebastian Vettel commette un errore dopo l’altro, ma il team principal poteva fare qualcosa in più, proteggendo il suo pilota dagli attacchi e, possibilmente, mettendolo nelle migliori condizioni per competere al massimo livello.

La sensazione, netta, è che l’attuale consigliere d’amministrazione della Juventus, non abbia avuto la “cattiveria” giusta per sospingere la Ferrari oltre i propri limiti. Toto Wolff e la Mercedes, dopotutto, hanno fatto tutto ciò che era umanamente possibile per vincere, tra strategie, trucchi e stratagemmi vari. A Maranello, invece, a torto o ragione, si è pensato maggiormente a stile e etichetta, senza ordini di scuderia o tentativi di provare il classico “tutto per tutto”.

Le polemiche interne di Suzuka, poi, hanno fatto il resto. Nel corso di quelle qualifiche il muretto sbagliò completamente, mandando in pista i piloti con le gomme Intermedie quando la pioggia non stava cadendo. Le critiche di Arrivabene furono sibilline e, evidentemente, erano il primo segnale che qualcosa si era rotto. L’idillio in casa Ferrari, era svanito e non si era più ricomposto. I risultati si sono visti oggi, con l’avvicendamento a favore di Mattia Binotto, il prescelto di Sergio Marchionne.

Si chiude, quindi, l’era Arrivabene, con una sensazione di incompiuto che rimarrà nell’aria. L’impresa è stata sfiorata, soprattutto in questo campionato, ma gli errori, su più piani, hanno reso impossibile l’assalto a Lewis Hamilton e Mercedes. Si apre un nuovo capitolo a Maranello e la pressione sarà, come sempre, immensa. Mattia Binotto dovrà catalizzarla e dare nuova linfa ad una squadra che appariva in difficoltà negli ultimi periodi. Riuscire a rimettere a posto tutti i pezzi, sin da subito, sarà il primo grande imperativo per il nuovo team principal.

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alessandro.passanti@oasport.it

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