Ciclismo
Riccardo Riccò: “Faccio i gelati e sono felice. Ciclismo pulito? Non è cambiato molto e il livello è più basso. A 40 anni voglio tornare”
ESCLUSIVA OA SPORT – La nuova vita del Cobra. Riccardo Riccò ha voltato pagina e cambiato tutto. Del suo mondo non fa più parte il ciclismo. Ora ha aperto da quattro anni una gelateria/caffetteria a Tenerife e conduce l’attività insieme all’amata moglie. Altri ritmi, serenità e clima temperato. Le due ruote restano però nel cuore del nativo di Sassuolo. A tal punto da non escludere un clamoroso ritorno in gara nel 2024 a quasi 41 anni, quando scadrà l’attuale squalifica.
Riccardo, raccontaci della tua nuova vita.
“Ho una gelateria/caffetteria a Tenerife da 4 anni. La gestisco con mia moglie. Ho anche un figlio avuto con una precedente compagna, lui vive in Italia”.
Perché proprio a Tenerife?
“In Italia era impossibile avere un’attività e riuscire a guadagnarci. Le Canarie non sono troppo lontane, riesco a far venire mio figlio ed a tornare a casa facilmente. Inoltre il regime fiscale è agevolato. Le cose ci vanno bene, per fortuna“.
Il gelato lo produci tu stesso? E dove hai imparato?
“Sì lo produco io in laboratorio, mia moglie invece lo vende al banco. Quando ho smesso di fare il corridore, il mio vicino di casa, che ha gelateria da 30 anni, mi ha insegnato come si fa“.
Se io dovessi venire a Tenerife nella tua gelateria, quali gusti mi consiglieresti?
“Sono tutti buoni, tutti al top. Impossibile consigliare. Il mio gusto preferito è la nocciola“.
Ti manca il ciclismo?
“Sì e no. Sì perché è una cosa che sapevo fare bene, mi dava soldi, emozioni e fama. No perché era un mondo di falsi ed io non ci so stare in quel mondo lì, dato che non sono falso“.
Ma il ciclismo lo segui ancora?
“Sinceramente no, guardo una tappa ogni tanto del Giro se accendo la tv. I corridori nuovi non li conosco, a parte Aru“.
Perché l’Italia, di recente, fatica a produrre buoni scalatori?
“Mio figlio ha il DNA buono, bisogna aspettare lui…Credo sia una questione dei geni che ci dà Madre Natura, prima o poi qualche scalatore forte tornerà“.
Il ciclismo italiano ha vissuto anni molto difficili. Per quale motivo?
“Gli sponsor non investono più e se io fossi uno sponsor non investirei perché, se poi succede qualcosa di strano, ti rovini l’immagine. In Italia siamo più bravi a distruggere gli atleti, all’estero invece vengono tutelati. Da noi fa più notizia un corridore positivo piuttosto che una vittoria di tappa“.
Nel 2024 avrai quasi 41 anni e scadrà la tua squalifica. Ti piacerebbe tornare a gareggiare?
“A 40 anni, se trovassi qualcuno che mi ingaggia, sarebbe una rivincita che mi prenderei volentieri. Adesso non mi sto allenando, ma avrei tempo, sono sempre magro e in un anno mi rimetterei in forma”.
In effetti puoi ispirarti a Davide Rebellin, all’alba dei 48 anni ancora in sella e con risultati tutt’altro che disprezzabili.
“Rebellin ha una passione “della Madonna” e lo ammiro, a quell’età è davvero dura. Diciamo che io fino ai 44 anni ci spero di essere competitivo per le corse di un giorno“.
Un altro veterano che vuole tornare in pista a 52 anni è Andrea Tafi con il mirino sulla Parigi-Roubaix: che ne pensi?
“Credo che a 52 anni sia molto dura, soprattutto perché dovrebbe disputare una gara senza averne fatte altre in precedenza. Per me è difficile, ma lui quella corsa l’ha anche vinta e credo che sappia cosa fare“.
Qual è il tuo ricordo più bello da corridore?
“La seconda tappa che vinsi al Tour de France nel 2008 a Bagneres-de-Bigorre: diedi 1’20” a tutti in montagna“.
Pensi che Vincenzo Nibali possa rimanere competitivo nei Grandi Giri ancora a lungo?
“Nibali è uno dei pochissimi talenti rimasti nel ciclismo. A parte lui e Valverde, non me ne vengono in mente altri. Lo vedo ancora protagonista per 3-4 anni almeno“.
E cosa pensi di Fabio Aru? Tornerà il Cavaliere dei Quattro Mori che aveva esaltato gli italiani?
“Aru ha avuto un anno negativo, come succede a tutti, ma sono convinto che debba ancora dare il meglio della propria maturità atletica“.
Qual è stato il corridore più forte che hai affrontato?
“Ce n’erano tanti, sicuramente Valverde, Contador, Di Luca e Simoni sono stati i più forti, ma anche i fratelli Schleck. Adesso il livello è più basso rispetto ai miei tempi, molto più basso. Prima andavamo forte in 30 corridori, ora sono 5-6 in tutto. Le velocità sono più o meno uguali a prima, il livello si è abbassato però del 50%“.
Negli ultimi anni i casi di doping sono diminuiti drasticamente. Secondo te il ciclismo è finalmente pulito?
“Pulitissimo, tutti i corridori vanno a farsi la doccia alla fine delle tappe…Scherzi a parte, io credo che il doping sia calato per le squadre che hanno meno soldi. Per i grossi team invece è cambiato poco o nulla: hanno possibilità di investire, possono sperimentare nuovi prodotti e sono protetti politicamente. La sacche di sangue girano ancora. Nel complesso però il doping è calato“.
Porteresti tuo figlio a fare ciclismo?
“Sì, preferisco che faccia ciclismo piuttosto che vada a drogarsi in discoteca. Il mio dottore Santuccione, che è morto, mi diceva che per il fisico di un corridore è meglio affrontare un Grande Giro con un doping controllato da un medico piuttosto che senza assumere nulla, perché in quest’ultimo caso il corpo si logorerebbe per gli sforzi compiuti ed i ritmi sostenuti“.
federico.militello@oasport.it
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Luca46
16 Gennaio 2019 at 18:20
È vergognoso il verso che sta prendendo questa società … chi ha sbagliato (e non è un criminale) non ha più diritto a parlare. Mentre nessuno si indigna per le interviste e comizi di burocrati ed esponenti dell’alta finanza che con un click determinano la morte di milioni di persone. Poveri noi. I deboli vengono massacrati i veri criminali osannati.
arkenzo
16 Gennaio 2019 at 16:46
gentilissimo militello, premesso che trovo il vostro sito uno dei migliori per la competenza e per la capacità di seguire per intero lo sport italiano in tutte le sue discipline, non si dispiaccia se giudico questa intervista ad un personaggio a dir poco vergognoso come riccò uno scivolone enorme…tanto più la chiosa finale, un invito al doping per competere nel ciclismo senza neanche 2 righe in cui lei e la redazione vi dissociate…
Federico Militello
16 Gennaio 2019 at 17:04
Caro Arkenzo,
trattandosi di un virgolettato, è evidente che si tratti del pensiero di Riccò e non di quello di OA Sport.
Nel mondo dello sport non è tutto bello e fatato, credo sia giusto dare spazio ad ogni sfaccettatura.
Un saluto sportivo