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Atletica, Alex Schwazer non molla: “Voglio dimostrare che nel 2016 ero pulito. La provetta è stata manipolata”

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Uno dei casi di doping più famosi ed incredibili della storia dello sport italiano. Mancava poco alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Alex Schwazer, medaglia d’oro nella 50km di marcia a Pechino 2008, era pronto per fare il suo grande ritorno dopo la pesante squalifica pre-Olimpiadi di Londra 2012. Un passo falso che aveva profondamente segnato l’atleta altoatesino. Tutto sembrava portarlo verso una nuova vita e una nuova avventura. Poi, squarciante, una ennesima positività al doping. Ma, in quella occasione, Schwazer giurò sulla sua innocenza e la sua battaglia per dimostrarlo si protrae fino ai giorni nostri, nonostante una carriera nuovamente distrutta. Il marciatore nato a Vipiteno si è aperto ad una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, nella quale parla della sua vicenda a 360°. Andiamo a conoscere i punti salienti.

“Sono fiducioso – esordisce Schwazer – e conto di poter davvero dimostrare la mia innocenza a breve, grazie al lavoro della Procura di Bolzano, dei Ris e dei periti. Si dovrebbe mettere un punto fermo: l’urina esaminata a Colonia il 2 gennaio 2016 era diversa da quella prelevata a Racines il giorno prima dagli ispettori”.

Una manipolazione che, a detta dell’altoatesino, appare lampante. “I segnali vanno nella direzione giusta, non è stato semplice. Per oltre un anno c’è stata negata la possibilità di avere il campione A e quello B. Perché questo muro? Se non hai nulla da nascondere dovresti essere contento di togliermi l’ultimo alibi. E invece si sono opposti con una ferocia più che sospetta, cercando di consegnare un campione farlocco al colonnello dei Ris arrivato in Germania”.

I segnali positivi enunciati dal classe 1984 sono presto spiegati: Tutto ruota intorno alla concentrazione del mio Dna nei due campioni. Valori altissimi e molto difformi tra provetta A e B. Il giudice ha capito che bisognava fare ulteriori approfondimenti dopo aver ordinato dei test delle urine su 100 persone, in modo da confrontarne i risultati. Quella era la prima fase: da sola non bastava per dare linfa alla nostra ipotesi. La Iaaf si era opposta ad altri esami. E invece si è scavato a fondo, scoprendo diverse cose. Per esempio il Dna delle persone testate la scorsa estate ha subito un degrado importante in questi mesi, la concentrazione è scesa. Come è naturale che sia. E invece il mio Dna dopo 2 anni è risultato altissimo e integro. Non solo, il valore del mio campione B è incredibilmente più alto di quello A. E anche questo risultato non è spiegabile. O meglio è spiegabile solo nel modo che sappiamo”. 

Ovviamente la medaglia d’oro di Pechino 2008 si è fatto un’idea di cosa sia accaduto, e di chi l’abbia voluto. “C’erano almeno due ragioni. Mi ero dopato, avevo confessato. Volevo rientrare, ma proprio perché era un ritorno pulito al 100% avevo raccontato tutta la verità, facendo nomi e cognomi di chi sapeva e mi aveva coperto. E poi avevo scelto un allenatore da sempre in lotta contro il sistema: Sandro Donati, uno con le sue qualità è stato emarginato dalla Federazione. Paga la sua schiettezza e le battaglie, non di facciata, al doping. La nostra vittoria a Roma, nel maggio 2016, resta la dimostrazione dello straordinario lavoro fatto insieme”.

Nonostante tutto quello che è successo, Alex Schwazer continua nella sua battaglia e, soprattutto, nella sua vita“Sono felice con Kathi (la futura moglie ndr) e Ida (la figlia ndr), ogni momento libero lo passo con loro. Altri figli? Assolutamente sì. Il lavoro di personal trainer va bene, alleno un gruppo di 30 amatori perché non posso occuparmi dei tesserati”.

Un nuovo Schwzer sereno ed in forma. Che sia l’antipasto di un rientro? “No, ormai ho mollato di testa. Sandro Donati forse mi chiederebbe di provarci, ma chi ci assicura che non ritentino di farmi fuori? Il Coni? A Natale ho ricevuto gli auguri di Malagò. Potevano fare di più? Li capisco, fanno parte del Cio, ma una parolina me la sarei aspettata quando dalla Germania si sono rifiutati di dare le provette ai magistrati italiani”.

In conclusione, l’obiettivo del nativo di Vipiteno è solamente uno: “A me interessa dimostrare che non ho imbrogliato: lo devo a chi mi vuole bene, un po’ a me stesso e poi credo sia giusto per le persone che hanno seguito la vicenda in modo distratto. Certo, per qualcuno sono il male e resterò un dopato a vita. Solo quando muori gente simile è disposta a darti un po’ di compassione…”.

 

 

 

 

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto: Schwazer Atletica Colombo Pagina FB Schwazer

3 Commenti

1 Commento

  1. riax

    20 Febbraio 2019 at 14:08

    Naturalmente RiccardoCT…le Sue parole testuali furono:…” mi hanno fregato”…

  2. RiccardoCT

    20 Febbraio 2019 at 13:35

    Anche io la penso come te riax, Sandro Donati è da sempre stato l’emblema della lotta al doping.
    Per il mistero ti riferisci al caso Pantani, Madonna di Campiglio?

  3. riax

    19 Febbraio 2019 at 17:01

    Io, per questa vicenda, credo ad Alex ed a Sandro Donati !
    E c’è un altro il mistero, tuttora insoluto, datato 5/6/1999. :(:(

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