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Sanremo 2019, terza serata. IL PAGELLONE. Cristicchi emoziona e si commuove, convince Ultimo. Crescono Zen Circus e Motta

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MAHMOOD (Soldi) 6.5: un reggae-trap arabeggiante che sicuramente dividerà, non infarcito di parolacce, e già questo è un mezzo evento. Non era dispiaciuto la prima sera, si conferma piacevole anche al secondo ‘giro’.

ENRICO NIGIOTTI (Nonno Hollywood) 6: in radio si sentirà, download ne collezionerà, ma resta netta la sensazione avuta già al primo ascolto: poteva fare di più, decisamente di più di un brano in stile classico italiano, senza grossi sussulti, senza spunti davvero accattivanti.

ANNA TATANGELO (Le nostre anime di notte) 5.5: come dicono i critici, quelli bravi, “non arriva”. Non arriva emozionalmente la voce pur pulitissima della signora D’Alessio, e il brano appare scolastico, da mettere nella categoria del già visto e già sentito. Mica brutto eh, ma senza originalità.

ULTIMO (I tuoi particolari) 7: ci ripetiamo, pezzo poco decubertiano. Con questo brano a Sanremo ci vai non per partecipare, ma per vincere. Che poi ci riesca, è un altro paio di maniche.

FRANCESCO RENGA (Aspetto che torni) 6: una versione più sbiadita di “Angelo”. Fa il Renga, con un brano che certamente esalta le sue indiscusse doti vocali, ma sarebbe stato più piacevole sentirlo in qualcosa di diverso dal solito francescorenga.dop.

IRAMA (La ragazza con il cuore di latta) 5.5: conferma l’impressione della prima ora. Rap e ritornello, già visto e già sentito. Orecchiabile, di quelli che si ascolteranno alla radio, soprattutto da un pubblico di under. E occhio ai voti da casa: proprio il popolo ‘under’ sarà il suo miglior alleato per la corsa alle ‘medaglie’.

PATTY PRAVO E BRIGA (Un pò come la vita) 6: il pezzo c’è, Patty Pravo no. Un duetto…in singolo, perché davvero non si sente Patty Pravo. E quando poi si sente, stona.

SIMONE CRISTICCHI (Abbi cura di me) 7.5: si commuove lui, ma lascia un solco emotivo forte anche nel pubblico, quello in sala e quello davanti alla tv. Testo che tocca le corde del cuore, ma anche l’arrangiamento piace, e il ritornello funziona. Per il premio alla critica è forse il candidato numero uno.

BOOMDABASH (Per un milione) 5.5 : allegro e scanzonato, ma troppo, troppo simile (pur in brutta copia) al successone estivo in coppia con la Bertè. Più che puntare al Festival, un pezzo che punta al dopo-Festival, inteso come il periodo primavera-estate 2019. E su questo fronte, probabile vincano la loro scommessa.

MOTTA (Dov’è l’Italia) 7: pezzo ben costruito, ben strutturato, con un ritornello che arriva e che resta. Piace di più della prima ‘uscita’ festivaliera, però non si candida come rivoluzionario della musica italiana, quello no.

ZEN CIRCUS (L’amore è una dittatura) 7 : non si snaturano nella versione sanremese, restano loro, con i loro testi, il loro ritmo, il loro indie. Avevamo detto che non era brano da primo ascolto: non sbagliavamo. Infatti al secondo, piace più che al primo.

NINO D’ANGELO E LIVIO CORI (Un’altra luce) 5: se pensiamo a “Senza giacca e cravatta”, pezzo che D’Angelo presentò proprio a Sanremo esattamente 20 anni fa, viene da piangere. Un duetto che proprio non decolla, con uso e abuso di napoletano che la rende ancora più difficilmente comprensibile.

Claudio Bolognesi

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