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Ciclismo
Andrea Pasqualon: “Vi racconto il mio Belgio e un ciclismo così diverso dall’Italia. Gand-Wevelgem nel mirino”
Andrea Pasqualon è sicuramente una delle certezze più belle del ciclismo italiano all’estero. Il trentunenne di Bassano del Grappa ha trovato in terra belga la squadra giusta per poter dire la sua in tutta la stagione, ossia la Wanty-Gobert, formazione vincitrice della classifica UCI Europe Tour dal 2016 al 2018. Dalle classiche del Nord al Tour de France, Pasqualon, corridore combattivo su ogni terreno, ci racconta il “suo” Belgio, il grande riscatto che ha avuto dall’approdo alla Wanty-Gobert, e la voglia di riconfermare, se non migliorare, quanto di buono ha fatto nella scorsa stagione. Il primo banco di prova avverrà proprio quest’oggi con la E3 BinckBank Classic.
Possiamo dire che il tuo 2019 inizia proprio in questo momento?
“Diciamo che non ho ancora molte corse nelle gambe, quindi la mia stagione sta partendo praticamente ora. I miei obiettivi sono proprio le corse del Belgio. Mi sono preparato molto bene e ho lavorato tanto. Ho cercato di affinare un po’ la preparazione, per poi trovare una buona condizione in vista di questi appuntamenti. Arrivo da venti giorni di altura a Sierra Nevada; purtroppo sono caduto al Grand Prix de Denain ma non è stato niente di grave, poi mi sono ripreso in occasione di De Panne in cui ho fatto tredicesimo”.
Quale Classica ti affascina di più? Anche per il percorso.
“Mi piacciono molto le classiche fiamminghe. Ho imparato ad amarle correndo proprio con la Wanty-Gobert che mi ha dato la possibilità di essere al via di queste corse che sono davvero particolari. Mi piace il fatto che dal chilometro zero fino all’arrivo si sente davvero la gara. Sono stressanti, però è un ciclismo diverso dal nostro. È un mondo a sé. Ti affascina soprattutto per il pubblico; perché ogni giorno è domenica, anche se magari le corse sono infrasettimanali. In Belgio il ciclismo è davvero sentito e il tifo della gente ti dà una carica incredibile e la voglia di dimostrare tanto. Per me il Giro del Fiandre è la corsa più bella in assoluto. Da italiano dovrei parlare del Giro d’Italia o della Milano-Sanremo, però il Fiandre ha una bella storia dietro di sé ed è una grande corsa. Dopo nove anni di professionismo, se dovessi scegliere tra questa gara e la Sanremo, mi dispiace dirlo, ma la prima non ha paragoni. Quando una persona viene a vedere una corsa del genere si innamora e cancella tutte le altre gare. In Italia abbiamo la Strade Bianche per esempio, che ricalca un po’ lo stesso fascino del Fiandre, però in Belgio è tutta un’altra cosa. È sentita in una maniera incredibile”.
Insomma, in Belgio ci sono visioni ciclistiche completamente diverse rispetto all’Italia?
“Adesso che stiamo entrando nella cosiddetta “settimana Santa” delle classiche fiamminghe, tutte le radio, tutti i giornali, anche quelli minori, hanno almeno quattro pagine dedicate al ciclismo. Se ne parla tanto anche in televisione, con dei servizi speciali per esempio sulla carriera di Niki Terpstra, di come ha preparato questi appuntamenti. È una cosa che da noi non viene fatta. È brutto da dire, ma d’altronde il ciclismo in Belgio è lo sport più seguito e tutto gira attorno ad esso”.
Attualmente ti trovi una squadra Professional che però ti permette di correre le gare più importanti del calendario. Possiamo definirlo come un ottimo compromesso? In Wanty hai trovato un tuo equilibrio o vorresti puntare più in alto?
“Sono in un’ottima squadra che mi dà la possibilità di correre tutte le più grandi corse del calendario, anche se mi piacerebbe poter partecipare al Giro d’Italia. Però chi lo sa, magari con il nuovo regolamento la Wanty-Gobert avrà l’opportunità di andarci; ma dipenderà anche e soprattutto dal nostro valore. Faremo nuovamente il Tour de France, quindi devo essere più che soddisfatto. Sto dando il massimo per me stesso e per la squadra, dato che mi ha offerto grande fiducia. Per il mio futuro non ho ancora deciso niente. Sono in scadenza di contratto, ma cercherò di fare del mio meglio per meritarmi il rinnovo. Poi se avrò l’opportunità di andare in una squadra World Tour ben venga; è il sogno di ogni corridore, soprattutto quando si arriva ad un certo livello. Anche se ora come ora sono fiero dell’attività che mi stanno facendo fare”.
C’è una grande differenza rispetto alle altre squadre con cui hai gareggiato in precedenza?
“Probabilmente le formazioni in cui correvo prima non hanno creduto veramente in me, e forse neanche io mi sentivo pronto per fare il passaggio in una squadra come la Wanty-Gobert. Poi devo dire che ho iniziato a correre in tarda età. C’è voluto un po’ di tempo, anche perché passando dallo sci alpino ad uno sport come il ciclismo, sono serviti alcuni anni per formarmi anche fisicamente. Anche se sono arrivato tardi tra i professionisti, ho avuto la possibilità di entrare prima nella Colnago-CSF (attualmente Bardiani-CSF) e successivamente nella Roth. Squadre che non posso fare altro che ringraziare. Se adesso mi ritrovo qui è anche merito loro”.
Alla fine la possibilità di correre così tanto all’estero possiamo definirlo come un grande vantaggio?
“Direi di sì. D’altronde sono le corse che formano il corridore. Puoi allenarti finché vuoi a casa, ma non arriverai mai ad un livello che delle gare come quelle del Nord oppure un Tour de France possono offrirti. Le sofferenze che ti dà la Grande Boucle servono per emergere e avere la possibilità di dimostrare le proprie qualità. Purtroppo per diverse volte non ho potuto correre il Giro d’Italia e questa è una cosa che mi ha penalizzato, perché non correndo in una grande corsa a tappe, per un corridore diventa difficile sfruttare al 100% le proprie opportunità. Adesso, complice anche la mia maturazione, mi hanno dato la possibilità di fare già due Tour de France che sento nelle gambe e nella mente”.
L’intenzione è anche quella di riconfermarsi proprio al Tour de France dopo i numerosi piazzamenti ottenuti nel 2018?
“Assolutamente sì, è il mio secondo obiettivo dell’anno dopo le Classiche, che ovviamente hanno la priorità. Dopodiché penseremo a preparare nel migliore dei modi il Tour. Però ora come ora penso al presente”.
Infine, quali sono le tue sensazioni alla vigilia delle grandi Classiche e i tuoi obiettivi in Belgio?
“Diciamo che il mio primo obiettivo è la Gand Wevelgem. Sono in ottime condizioni, ho già sentito un buon feeling e le gambe sono pronte. È vero che arrivo da venti giorni di altura, e quindi mi è mancato un po’ il ritmo della gara, ma già a De Panne ho chiuso con un buon piazzamento. Il morale è buono, soprattutto in vista della Gand che probabilmente è la Classica che più mi si addice per le mie caratteristiche. Stesso discorso per l’Amstel Gold Race. Cercherò di dare il massimo, come sempre. Dopo la Gand Wevelgem parteciperò alla Dwars door Vlaanderen e poi mi concentrerò sul Giro delle Fiandre”.
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Foto: Eric Dubost / Shutterstock.com