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Basket, è morto Alberto Bucci a 70 anni. Da allenatore ha vinto tre scudetti con la Virtus Bologna, di cui è poi diventato presidente

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Il basket italiano piange la scomparsa di uno dei suoi personaggi più rappresentativi degli Anni ’80 e ’90. Alberto Bucci, dopo una lunga malattia, è morto all’età di 70 anni, lasciando tre figlie e un’eredità non da poco all’interno della nostra pallacanestro.

Nato a Bologna il 25 aprile 1948, Bucci ha avuto modo di fare la sua prima esperienza da allenatore di Serie A (allora Serie A1) all’età di 25 anni, in sostituzione di un altro personaggio molto amato e che ci ha lasciati sei anni fa, Dido Guerrieri. Successivamente, dovunque è andato ha lasciato ricordi positivi, portando Rimini dalla D all’A2 in cinque anni, per poi accasarsi, nel 1979, a Fabriano, arrivando in Serie A1 nel 1982 e mantenendola nell’anno successivo. Quasi inevitabile, a quel punto, la chiamata della Virtus Bologna, con cui fa centro al primo colpo: scudetto nel 1983-1984. Era, quella, la Granarolo di Elvis Rolle, Augusto Binelli, Renato Villalta, Roberto Brunamonti, tutti uomini che hanno fatto la storia della palla a spicchi nel nostro Paese. Chiusa la stagione successiva senza acuti in Italia e in Europa, si trasferisce alla Libertas Livorno, in A2. Anche in questo caso riesce a portarla in A1 nel 1986, ed è proprio con quella squadra, sponsorizzata Enichem, che arriva a disputare una delle finali scudetto più famose di sempre: Livorno-Milano del 1989, con la celeberrima gara5 del tiro non convalidato, perché giudicato fuori tempo massimo, di Andrea Forti, che avrebbe regalato lo scudetto alla città toscana. Un’altra impresa memorabile Bucci la compie a Verona, nel 1991: ad oggi, la Scaligera è l’unica squadra di Serie A2 ad aver vinto la Coppa Italia contro le squadre dell’allora A1, e questo resterà probabilmente per sempre un record, vista l’evoluzione della pallacanestro.

Finita l’esperienza veronese con la promozione, Bucci arriva a Pesaro per guidare la Scavolini, condotta a una vittoria in Coppa Italia e alla finale scudetto del 1992 persa contro Treviso. Nel 1993, poiché Ettore Messina è chiamato dalla Nazionale italiana, torna a sedersi sulla panchina della Virtus Bologna, che porta a due scudetti consecutivi nel 1994 (anno in cui ritrova sia Binelli che Brunamonti) e 1995. Vede esplodere il talento di Sasha Danilovic, si trova per le mani Arijan Komazec, accoglie la crescita di Alessandro Abbio, e nella sua ultima stagione fa in tempo ad allenare Walter Magnifico e a concedere spazio a Chicco Ravaglia, che sarebbe deceduto in un incidente stradale a fine 1999. Termina l’esperienza bolognese con un’altra Coppa Italia, la quarta del suo palmares, e la Supercoppa 1995. Fa in tempo ad allenare Fabriano, che porta per due volte alla salvezza in A2 nel 1999 e 2000, ma il richiamo delle Due Torri è sempre troppo forte: nel 2003-2004, dopo l’annata della radiazione delle V nere causata dal lodo Becirovic, Bucci finisce ancora sulla panchina di quello che ufficialmente è il Progresso Castelmaggiore, ma che di fatto è la nuova Virtus (denominata, infatti, FuturVirtus: l’anno successivo prenderà di nuovo il nome più blasonato). E’ l’ultima sua esperienza su una panchina di A o A2. Tuttavia, della società bianconera diventa presidente nel 2016, ricambiando tutto l’affetto che gli è arrivato per oltre due decenni dalla sua gente. Resta in carica fino alla fine dei suoi giorni.

Ad Alberto Bucci, tra i tanti, è legato un simpatico aneddoto raccontato da Messina nel libro “Basket, uomini e altri pianeti” (ADD Editore, 2012): l’allora assistente dei Los Angeles Lakers racconta che, all’atto di aggiungere un paio di schemi a un preciso tipo di attacco, uno dei due era proprio un attacco che Bucci utilizzava a Livorno per Alessandro Fantozzi e l’ala americana Wendell Alexis, riparametrato sulle caratteristiche di Kobe Bryant e Ramon Sessions. Questo quasi a testimoniare l’universalità, in tutti i sensi, della palla a spicchi.

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federico.rossini@oasport.it

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Credit: Ciamillo

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