Ciclismo
Ciclismo, Matteo Moschetti: “Basso e Contador mi hanno insegnato tanto. Vorrei diventare come Gaviria e Kristoff”
ESCLUSIVA OA SPORT – Dopo una stagione di grande livello al fianco di due campioni come Alberto Contador e Ivan Basso tra le fila della Polartec Kometa, diventata da quest’anno Kometa Cycling Team, Matteo Moschetti è pronto a confrontarsi con i big del World Tour assieme alla Trek-Segafredo, con cui il ventiduenne milanese aveva già militato in precedenza come stagista, regalando alla squadra statunitense dei segnali importanti che gli hanno garantito il passaggio definitivo nel mondo dei professionisti. Ragazzo semplice e con la testa sulle spalle, Moschetti è un talento pronto a sbocciare, con tanta voglia di imparare, ma anche di vincere, per cercare di dimostrare il suo vero valore. Un giovane campione definito da molti come: “una garanzia per il futuro del ciclismo italiano”.
Raccontaci un po’ il tuo approdo nel mondo del WorldTour, nonostante lo stage già all’attivo con la stessa Trek-Segafredo.
“Arrivando dalla squadra satellite della Trek-Segafredo, cioè la Polartec-Kometa, ho avuto la fortuna di poter firmare il contratto già a fine aprile; in pratica dopo le prime vittorie della stagione. Questo mi ha dato una certa dose di tranquillità e fiducia fin da subito. Quindi è stata una cosa bellissima. Ad agosto ho fatto lo stage in Trek ed è stata un’esperienza molto positiva, perchè comunque ho conosciuto l’ambiente e parte dei corridori. Ho ottenuto anche un secondo posto. Nonostante fosse la mia prima corsa con loro, mi hanno dato fiducia e i miei compagni hanno lavorato per me. Sono stato fortunato, anche perchè a volte non è facile avere carta bianca nelle corse in cui uno può esprimersi al meglio, soprattutto quando si passa professionisti. Mi ha fatto davvero piacere essere accolto come se fossi già parte della squadra, nonostante fossi solamente uno stagista”.
Diciamo che, a differenza di altri neo professionisti, sei arrivato definitivamente in Trek-Segafredo un po’ più preparato rispetto ad altri?
“Assolutamente sì. Poi devo dire che con la Polartec avevamo un calendario impegnativo, con parecchie corse a tappe di una settimana. E quindi penso che questa cosa mi abbia aiutato nel passaggio. Diciamo che è stato uno step intermedio che mi ha facilitato. Anche se, ovviamente, non mi reputo ancora pronto. Insomma, sto iniziando a confrontarmi con i grandi campioni, ed ora come ora mi sento, non due, ma tre gradini inferiore a loro. Però siamo solamente all’inizio e ogni occasione è buona per imparare qualcosa”.
Quant’è stata importante la tua crescita accanto a due grandi campioni come Alberto Contador e Ivan Basso?
“All’inizio mi sembrava tutto così strano, perchè arrivavo da una piccola realtà come poteva essere la Viris Vigevano. E quindi passare in una squadra che è stata fondata da due campioni come loro è un motivo di orgoglio. Poi sono rimasto sorpreso dall’affetto e la passione che abbiamo trovato soprattutto in Spagna, perchè Alberto ha un seguito veramente impressionante ed è molto amato dalle persone. E noi, solo per il fatto di portare la maglia della sua squadra, eravamo accolti a nostra volta con un calore assurdo da parte della gente, perchè, per l’appunto, rappresentavamo Contador. Per quanto riguarda la squadra, penso sia una bellissima formazione con degli ottimi calendari; e secondo me è una buona opportunità per dei ragazzi giovani di fare un approccio più graduale al mondo del professionismo. Però, se fossi un atleta juniores, esiterei un attimo nel passare in una squadra del genere, perché comunque ci sono delle corse impegnative e differenti, quindi mi manterrei un paio di anni tra i dilettanti in Italia. Questo è il consiglio che potrei dare. Ma alla fine, ripeto: è veramente un’ottima squadra e spero che continuino così anche per i prossimi anni”.
Quarta tappa dell’UAE Tour, vittoria di Caleb Ewan, un bellissimo secondo posto per te, e Roglic alle tue spalle. Un risultato che non è passato inosservato, dati gli avversari.
“Sul momento ero veramente deluso e arrabbiato. Anche se, nonostante il percorso non fosse così entusiasmante, c’era una startlist di ottimo livello, e quindi si respirava la presenza di tanti grandi campioni in gruppo. Però quel giorno, quando a due chilometri dall’arrivo siamo rimasti in pochi, ho parlato con Mollema che mi ha dato il via libera per fare il mio sprint, e da quel momento in poi il mio unico obiettivo era quello di provare a vincere, senza pensare agli avversari di un certo livello. Dopo l’arrivo ero veramente dispiaciuto perché mi son visto la vittoria davanti, non per poco, però alla fine era sempre e comunque un secondo posto, e inizialmente l’ho vista come una delusione. Poi ho riflettuto, ho guardato i video della corsa, ho parlato con la squadra, e mi sono reso conto che dopo tutto era stato un ottimo risultato. Sono arrivato dietro ad un grande campione come Ewan, in un ordine d’arrivo importante e in una corsa WorldTour; insomma, ho voluto dire qualcosa. Lo vedo come un punto di partenza nella possibilità di essere competitivo su certi arrivi; devo lavorare tanto per magari, chissà, poter battere certi corridori”.
Pensi di poter diventare un velocista classico da arrivi in gruppo o ti concentrerai sulle classiche? Qual è la corsa dei tuoi sogni?
“Questa è una bella domanda. Onestamente? Non lo so. Per quanto riguarda le classiche ho fatto solamente due Fiandre da under23 e non sono andati per niente bene. Però posso dire che, rimanendo nel mondo dei sogni, mi piacciono la Milano-Sanremo e la Parigi-Roubaix. Comunque sia, vorrei mantenere la mia caratteristica da velocista e migliorare su percorsi più duri per essere competitivo nelle corse davvero impegnative. Poi ti dico la verità, io parlo di determinate gare, ma non avendole mai fatte, cambia veramente tanto. Però dai, alla fine sognare non costa nulla, e col tempo, magari, potrei tentare di arrivare assieme ai migliori; e questo sarebbe davvero bellissimo”.
Come te la cavi in salita?
“Quando correvo tra i dilettanti non ero il classico velocista da circuito piatto, e me la cavavo anche su percorsi più duri. So difendermi abbastanza bene, a differenza di alcuni velocisti puri. So che tra i professionisti la situazione cambia un po’, però spero di arrivare ai livelli di sprinter come Gaviria, Kristoff, Demare, o lo stesso Degenkolb, che si difendono bene anche nelle corse un po’ più impegnative. Alla fine, tutto ciò, è anche il frutto di anni di lavoro”.
In chiusura, quali sono i tuoi obiettivi stagionali?
“Proverò sicuramente a vincere qualsiasi corsa in cui avrò l’occasione di poterlo fare, e poi mi piacerebbe andare al Giro d’Italia. Ora come ora è nel mio programma, però è una scelta che la squadra deve ancora valutare. Nei prossimi mesi vorrei provare a conquistarmi un posto per partecipare alla corsa rosa. Non è sicuro al 100%, quindi vedremo con il proseguo delle corse”.
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra pagina Facebook
Clicca qui per iscriverti al nostro gruppo
Clicca qui per seguirci su Twitter
@lisa_guadagnini
Foto: Lapresse