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Sci di fondo, Mondiali 2019: Italia, cosa c’è oltre Pellegrino e De Fabiani? La strada passa tutta dalla ricostruzione

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Con la conclusione dei Mondiali di sci di fondo svoltisi a Seefeld, in Austria, nell’arco delle ultime due settimane, è tempo di bilanci per tutti. C’è da farne uno anche per quel che riguarda l’Italia.

Si torna a ripetere quello che già era prevedibile: le due note migliori sono quelle fornite da Federico Pellegrino (soprattutto) e Francesco De Fabiani. Il campione nativo di Aosta ha confermato tutta la propria classe rischiando di vincere la gara sprint, arrendendosi solo perché Johannes Klaebo ha deciso che questa volta non doveva perdere. Anche nella team sprint il suo contributo è risultato decisivo, ma in quest’occasione, forse, non ci sarebbero state medaglie senza l’ottima prestazione di De Fabiani, arrivato a un punto quasi paradossale: è andato meglio nelle prove sprint e affini che in quelle sulla lunga distanza, dov’è rimasto invischiato in un limbo spesso coincidente con metà classifica.

Per quanto riguarda gli altri e l’intero comparto femminile, da salvare non rimane molto. Nel caso della parte restante degli uomini, in particolare, si sperava in un buon Giandomenico Salvadori, ma è rimasto un po’ nell’ombra, sebbene non abbia disputato una rassegna iridata malvagia. E’ una delle poche note non del tutto stonate, assieme a quella di Davide Graz, che a 19 anni non ancora compiuti ha sfiorato, alla sua prima convocazione ai Mondiali, la finale nella gara sprint. Non sappiamo se potrà ripercorrere le orme di Pellegrino (che già non sono facili da emulare), ma in un’annata ombrosa e, con la staffetta scesa a livelli molto lontani da quelli cui ci aveva abituato l’Italia in un passato neanche troppo lontano, la sua è di sicuro una luce.

Tra le donne ha fatto piacere la buonissima forma di Elisa Brocard, capace di andare non lontana dalla finale nella sprint e in generale in grado di disimpegnarsi piuttosto bene nelle gare che ha disputato. Un po’ di sfortuna l’hanno avuta, insieme, Greta Laurent e Lucia Scardoni, con la caduta della prima che ha compromesso le possibilità di arrivare in una finale cui puntavano, quella della team sprint, per un niente. Tolto questo, di altisonante rimane davvero poco e nulla, visti i risultati nei bassifondi di buona parte del nostro contingente.

C’è una parola che lascia speranza, e cioè “ricostruzione”. Senza quella, l’Italia non può andare avanti in questo sport. Forse qualche segnale è arrivato con Graz, ma non può e non dev’essere il solo a raccogliere l’eredità di Pellegrino e, in misura molto minore, De Fabiani (che, anzi, alle vette più alte non è certamente ancora arrivato).

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Pier Colombo

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