Editoriali
Fabio Fognini e l’arte tutta italiana di ribaltare pronostici già scritti
Il tennis italiano sa regalare emozioni speciali. Forse poco numerose, ma proprio per questo ancora più intense e memorabili. E’ un po’ la storia del nostro amato Paese, l’Italia: una capacità innata di risorgere proprio quando il destino sembra più avverso.
Il trionfo odierno di Fabio Fognini contro Rafael Nadal va catalogato tra le più grandi imprese dello sport nostrano di ogni epoca. Il principale paragone che ci viene in mente è quello degli US Open femminili del 2015. Tutto sembrava apparecchiato per la padrona di casa Serena Williams, n.1 del mondo e ad un passo dal festeggiare il Grande Slam dopo le precedenti affermazioni a Melbourne, Parigi e Londra. In semifinale il sogno dell’americana fu spezzato da Roberta Vinci. Fu l’apoteosi di Davide contro Golia, dell’estro italiano che ha la meglio sulla brutalità fisica. Palle corte, smorzate e volée consentirono alla pugliese di tessere una tela perfetta per imprigionare la forza devastante dell’avversaria, consentendole di regalare al Bel Paese una memorabile finale tutta azzurra contro Flavia Pennetta (e ad imporsi fu proprio la brindisina, attuale moglie di Fognini).
Oggi il ligure ha realizzato un’impresa molto simile. Perché anche solo pensare di poter battere Rafael Nadal sulla terra rossa è un esercizio complicato, quasi da visionari. Stiamo parlando del dittatore incontrastato di questa superficie da ormai oltre un decennio, nel cui impressionante palmares figurano undici affermazioni al Roland Garros ed altrettante a Montecarlo. Il maiorchino aveva perso appena quattro volte in 15 anni nel torneo che si disputa nel Principato e non perdeva un set dall’inizio dell’edizione 2017, quando poi vinse in rimonta contro il britannico Edmund. Nell’ultimo biennio Fognini è diventato il secondo giocatore a piegare Nadal sulla terra rossa dopo l’austriaco Dominic Thiem. Inutile girarci attorno: il ligure non solo ha vinto, ma ha addirittura dominato al cospetto di un avversario quasi imbattibile.
Il trionfo odierno non va tuttavia considerato come frutto del caso. Fognini, con oggi, ha sconfitto Nadal per quattro volte, tre delle quali sulla terra. Il gioco del 31enne di Arma di Taggia, fatto di continue variazioni di ritmo, rappresenta una vera e propria spina nel fianco per l’iberico. Quando si esprime su questi livelli, Fognini non ha davvero nulla da invidiare ai migliori al mondo. E’ un giocatore completo, solido in ogni fondamentale e capace di far male sia di diritto sia di rovescio. Il tallone d’Achille ha sempre risieduto nella testa, con soventi cali di concentrazione che ne hanno troppe volte tarpato le ali.
E proprio qui annida il grande pericolo in vista della finale. Il nostro portacolori ha dimostrato di esaltarsi contro avversari di elevatissima caratura e gli “scalpi” del n.3 (Alexander Zverev) e n.2 del mondo (Nadal) parlano chiaro. Riuscirà a mantenere la stessa determinazione famelica anche contro il quasi carneade serbo Dusan Lajovic, n.48 che a 28 anni ha raggiunto la prima finale in carriera in assoluto nel circuito Atp? L’impresa odierna verrebbe in parte vanificata senza l’apoteosi conclusiva. Fognini e l’Italia non hanno mai vinto un Masters1000 nella storia. E’ arrivato il momento di frantumare questo tabù e rilanciare la corsa verso l’agognata top10 della classica mondiale.
federico.militello@oasport.it
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Foto: LaPresse