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Golf, Masters Augusta 2019: il percorso e le 18 buche ai raggi X. Allungato leggermente il par 5 della quinta

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Il percorso del Masters di Augusta è sempre lo stesso, quello sito all’interno dell’Augusta National Golf Club in Georgia. Tuttavia, dagli Anni ’30, ha subito un gran numero di modifiche, l’ultima delle quali, come vedremo, sarà visibile proprio quest’anno. Andiamo ad osservare più da vicino le 18 buche.

Buca 1 (Tea Olive, par 4, 407 metri): Apparentemente facile, si può in realtà prestare a qualche rischio di bogey, con un bunker a destra del fairway e un altro davanti al green, che è particolarmente ondulato.

Buca 2 (Pink Dogwood, par 5, 526 metri): Con un buon tee shot è possibile avere delle chance di arrivare in green in due soli colpi. Bisogna però tenere presenti i bunker posizionati davanti, da cui si è costretti a giocare con una certa frequenza.

Buca 3 (Flowering Peach, par 4, 320 metri): Di solito viene affrontata con un ferro lungo per arrivare in fairway. Il green va da destra a sinistra, e dal fairway può succedere di non vederlo. I bunker, con sufficiente attenzione, non sono un problema.

Buca 4 (Flowering Crabapple, par 3, 219 metri): Ci sono due bunker davanti al green, che per essere raggiunto necessita obbligatoriamente di un ferro lungo.

Buca 5 (Magnolia, par 5, 453 metri): Questa è la novità, con l’allungamento di una trentina di metri. C’è il pericolo di finire nel bunker di sinistra con il secondo colpo, ammesso che si mandi il primo dritto in fairway. Green ondulato anche qui.

Buca 6 (Juniper, par 3, 165 metri): Tra le più corte del percorso, è anche molto pericolosa: se si mette il tee shot dalla parte sbagliata del green, è facilissimo incorrere nella necessità di dover eseguire tre putt, con relativo bogey. Patrick Reed ne sa qualcosa.

Buca 7 (Pampas, par 4, 411 metri): Due bunker di fronte al green per questo par 4 che è dritto, con un tee shot modificato nel 2002. La sfida è proprio quella di arrivare in green senza incappare in ostacoli.

Buca 8 (Yellow Jasmine, par 5, 521 metri): Questo non è un green che si raggiunge in due colpi con facilità, ed ancora una volta c’è di mezzo un bunker, stavolta posto a inizio fairway. Prima o poi ci finiscono tutti, Rory McIlroy compreso.

Buca 9 (Carolina Cherry, par 4, 421 metri): Spettacolo e rischio entrambi assicurati per una delle buche più complesse del percorso. Ci sono parecchi avvallamenti, con il rischio che i colpi d’approccio al green finiscano molto lontani dalla bandiera.

Buca 10 (Camellia, par 4, 453 metri): Si tratta di un lungo par 4 che ha fatto la storia del Masters, essendo la buca più difficile dell’intero percorso. Se si va troppo a destra si incappa in un lungo secondo colpo, mentre a sinistra ci sono gli alberi.

Buca 11 (White Dogwood, par 4, 462 metri): Qui il grande problema è legato al secondo colpo, parecchio lungo se si vuole arrivare in green. Ne consegue la facilità di finire o nel bunker piazzato davanti o a distanza elevata dalla bandiera.

Buca 12 (Golden Bell, par 3, 142 metri): La più corta del percorso. Il vento può risultare condizionante, a maggior ragione perché tra il tee shot ed il green c’è un ostacolo d’acqua, mentre andare lunghi significa finire dritti nelle azalee dietro al green.

Buca 13 (Azalea, par 5, 466 metri): Il nome suggerisce da solo cosa ci sia attorno a tee shot, fairway e green. Il drive di partenza è fondamentale per evitare gli alberi a sinistra e non finire troppo in là verso destra, dove c’è una seconda schiera di tronchi.

Buca 14 (Chinese Fir, par 4, 402 metri): Due sono le notizie, una buona e una cattiva. Quella buona è che non ci sono bunker, quella cattiva è che il green è pieno di ondulazioni che lo rendono molto complicato da affrontare.

Buca 15 (Fire Thorn, par 5, 485 metri): Ad oggi, è qui che si riescono a mettere insieme più birdie che in qualsiasi altra buca del percorso. Nonostante questo, è complicato raggiungere il green con due soli colpi, e in più c’è un ostacolo d’acqua che può risultare potenzialmente pericoloso.

Buca 16 (Redbud, par 3, 155 metri): Un laghetto di non piccola grandezza, tre bunker intorno al green: arrivati qui, bisogna affrontare una sfida che di semplice ha ben poco, e non è raro commettere degli errori e finire in acqua.

Buca 17 (Nandina, par 4, 402 metri): Arrivare sul green non è difficile, il vero problema è proprio legato all’avvicinamento alla bandiera, perché è in quegli avvallamenti che si trova la parte complessa.

Buca 18 (Holly, par 4, 425 metri): Jordan Spieth, lo scorso anno, ha perso qui le residue speranze di agganciare Patrick Reed. Più ancora dei due enormi bunker intorno al green, è quello posto a sinistra in mezzo al fairway a far paura, ed è quello che tutti vogliono evitare.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Danny E Hooks / Shutterstock

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