Scherma
Scherma, Rossella Fiamingo: “Si pensa che io sia una macchina, ma avevo bisogno di nuovi stimoli. Con la squadra di spada vogliamo Tokyo 2020”
Quando conta, lei c’è sempre. Lo ha già dimostrato ampiamente nel corso di una carriera ricca di successi e arrivata solo (forse) al giro di boa. Ci piace pensare che il ritorno sul podio in Cina non sia esattamente un caso, conoscendo la sua propensione per i “grandi” eventi, proprio alla vigilia del periodo legato alla qualificazione olimpica, che si è aperta ufficialmente il 1° aprile 2019 (farà testo il ranking a squadre per stabilire il numero di presenze individuali ai Giochi di Tokyo 2020). Rossella Fiamingo da Catania, giova ricordarlo, ha già scritto la storia della spada femminile italiana e nulla cambierà dovesse, per paradosso, ritirarsi oggi, diventando la prima azzurra a fregiarsi di un podio olimpico individuale e a conquistare due ori iridati, per giunta consecutivi. Nel palmarés pure una Coppa del Mondo, seconda azzurra a vincerla 25 anni dopo Elisa Uga (1990) e tre stagioni “in anticipo” rispetto alla terza, Mara Navarria. A nemmeno 28 anni (li compirà il prossimo 14 luglio), ha ritrovato di nuovo se stessa, come ci spiega in questa intervista, ma in realtà non ha mai perso il focus sulla scherma, che resta la sua priorità assoluta. Nonostante un periodo meno vincente intercorso tra il successo in Coppa a Budapest (marzo 2017, il secondo dopo Rio 2012) e il suo undicesimo podio assoluto (Mondiali ed Europei compresi), griffato Chengdu (Cina), lo scorso 23 marzo.
Rossella, come sta giusto al via della fase di qualificazione olimpica?
«Sto bene, sono carica e voglio prendermi il pass per Tokyo 2020 con la mia squadra. Ora inizia un periodo particolare, sicuramente stressante, ma anche bellissimo e pieno di stimoli».
Ritorno sul podio dopo due anni. Ha un significato particolare per lei?
«Direi che ci voleva, era arrivato il momento. Da due gare sentivo di esserci, in realtà, ma mancava sempre qualcosa: stavolta no, c’ero e il risultato arrivato è di grande stimolo visto che è stata proprio l’ultima gara prima della fase decisiva per i Giochi 2020. Con la campionessa europea in carica, l’estone Lehis, al primo turno nella eliminazione diretta, ho vinto 15-14: sapevo che sarebbe stato un assalto difficile per entrambe. Ma io ero serena e non ho perso lucidità. È un’avversaria molto alta e anche intelligente, dovevo “esserci” al cento per cento».
Che sensazioni prova a… esordire in gara dalle qualificazioni?
«È molto stancante, soprattutto se dopo l’individuale c’è anche la prova squadre.
Ho trovato però dei lati positivi: tiro di più, conosco meglio tante schermitrici e utilizzo le fasi dei gironi per testare la mia scherma in vista del giorno dopo».
C’è stato un problema tecnico o di altra natura in questo periodo intercorso tra i due ultimi podi in Coppa?
«La mia “sfortuna”, se vogliamo considerarla tale, è di aver vinto molto da giovane. Si dà per scontato che io debba trionfare sempre e comunque e piace un po’ creare la notizia quando vado male. Non sono una macchina, io non produco senza pensare e ho bisogno anche di stimoli nuovi per dare ancora il meglio di me stessa. Mi divertivo sempre ad allenarmi, non mi divertivo più a fare le gare, invece. Avevo bisogno di tempo, anche perdere aiuta a trovare gli stimoli giusti. Serve tempo per progettare e costruire qualcosa di ancora più importante. Ci vuole pazienza e lavoro costante: tutto deve essere fatto alla perfezione, non si tralascia niente. Le fondamenta devono essere solide e poi si passa al resto, bisogna essere forti dalla base per riuscire ad arrivare in alto. Ah, nel frattempo, mentre tutti mi giudicavano, oltre ad allenarmi ho dato tanti esami all’Università, mi manca l’ultimo (studia dietistica all’Università di Catania, NdR)».
IL RITORNO SUL PODIO IN COPPA DEL MONDO A CHENGDU
Le capita di pensare ancora a quella finale olimpica di Rio 2016, con la Szasz, con qualche rimpianto?
«Sì certo, quando ci penso sto un po’ male, ma so che in futuro mi servirà. Poi penso alla semifinale vinta in rimonta e sorrido (era sotto 7-10, a 38” dalla fine, con la cinese Sun Yiwen, NdR)».
Gara a squadre: cosa pensa del “nuovo” gruppo? Al momento siete ottave nel ranking, urge recuperare….
«Sono molto contenta dell’ultimo risultato a squadre, il terzo posto a Chengdu. È un avviso che l’Italia c’è ed è pronta a prendersi quello che è sfuggito a Rio 2016. Non so chi farà parte della squadra per la qualificazione, ci sono state troppe rotazioni e non si conosce ancora il team ufficiale. Qualunque sarà la formazione, dovremo essere pronte a dare il massimo. Sarà una vittoria di gruppo».
E’ ormai un’icona dello sport italiano, riesce a gestire i diversi impegni anche extra-pedane? Sente la responsabilità di essere un esempio per le più giovani?
«Certamente. Basta focalizzare le priorità: la mia priorità è e sempre sarà la scherma, al secondo posto lo studio e poi tutto il resto. I giovani mi vogliono bene, io cerco sempre di trasmettere loro qualcosa, anche solo con uno sguardo. È importante per me far trasparire positività e speranza, due elementi fondamentali per affrontare le difficoltà della vita odierna».
Cosa “risveglia” in lei il grande evento, che sia Mondiale od Olimpiade?
«Il difficile mi stimola, mi carica, anche all’Università mediamente vado meglio nelle materie più difficili. A me stimolano le montagne che riescono a scalare in pochi. Per esempio, il terzo titolo iridato individuale nella spada. Ecco, quello è uno dei picchi mai raggiunti da una spadista che vorrei conquistare».
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Foto: Bizzi per Federscherma