Ciclismo
Stefano Zanatta: “La riforma rischia di far sparire le Professional italiane. Nibali andrà forte al Giro, Sagan ha corso troppo”
Direttore sportivo da ormai 22 stagioni, Stefano Zanatta è stato in un certo senso colui che ha avuto l’onore di lanciare tra i grandi che negli ultimi anni hanno scritto la storia del ciclismo, due campioni del calibro di Vincenzo Nibali e Peter Sagan. Ma non solo. Potremmo star qui chissà quanto ad elencare le stelle che il ds veneto ha dovuto “comandare” dall’ammiraglia della Liquigas dal lontano 2005, fino al 2014 col Team Cannondale. Dopodiché, chiuso questo capitolo, Zanatta ha incominciato un’altra sfida accanto al cosiddetto “vivaio” del ciclismo italiano, ossia la Bardiani-CSF, che lo ha ingaggiato come direttore sportivo nel 2016. I cambiamenti sono stati tanti e inevitabili, e più passa il tempo, più la responsabilità di dirigere una squadra diventa ostica; complici le problematiche che stanno investendo le squadre Professional, come lo stesso Green Team della famiglia Reverberi: la culla del ciclismo italiano di domani. Zanatta affronta passo dopo passo la realtà dei fatti, il desiderio di riscatto della Bardiani in questo 2019 iniziato in forte difficoltà, della voglia imminente di dimostrare di essersi meritati la partecipazione al prossimo Giro d’Italia, e la paura che sta investendo l’intero movimento del ciclismo italiano.
Partiamo innanzitutto da questa prima parte di stagione, probabilmente un po’ sotto le vostre aspettative.
“Diciamo che non siamo partiti benissimo. I risultati non si vedono e non riusciamo a capire come mai. Abbiamo fatto una preparazione un po’ anticipata pensando di avere determinati inviti a delle corse. Abbiamo iniziato a correre più avanti, partecipando anche a gare importanti come la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo, che sono gare esigenti dove è anche difficile farsi vedere per una squadra Professional come la nostra. Alla fine abbiamo avuto l’onore di vincere la maglia a punti alla Tirreno con Mirko Maestri, un risultato che per molti può contare poco, però alla fine non è semplice ottenere anche questi traguardi. Comunque sia, siamo riusciti a farci notare nelle gare importanti come alla Sanremo, dove siamo stati tra i protagonisti di giornata. Poi magari nelle gare minori abbiamo raggiunto pochi risultati, visto che finora abbiamo ottenuto una sola vittoria con Andrea Guardini all’Istrian Spring Trophy, e alcuni piazzamenti. Però la squadra non ha ancora espresso quello che secondo me è il nostro potenziale, per cui stiamo un po’ lavorando per arrivare al Giro d’Italia, che è il nostro appuntamento più importante, con la formazione migliore, con gli atleti che ci danno più fiducia, quelli più idonei per interpretare la Corsa Rosa come è nostra consuetudine”.
Quindi adesso come adesso l’ambizione più grande è quella di ben figurare al Giro d’Italia e dimostrare il fatto che vi siete meritati l’invito. Insomma, è il momento giusto per riscattarvi?
“Direi di sì. Sai, una vittoria di tappa al Giro ripaga lo sforzo di tutto l’anno per una squadra come la nostra. Dobbiamo considerare il fatto che oramai negli ultimi anni per le Professional diventa sempre più alto il gap tra noi e le World Tour. Noi abbiamo questa politica di avere tutti corridori italiani, pur non essendoci la possibilità di poter prendere tutti i migliori azzurri, visto e considerato che c’è anche il fattore delle World Tour che hanno il vivaio Continental e molti giovani di ottime speranze vanno da loro; quindi dobbiamo sempre lottare per ingaggiarli, e di conseguenza, quelli che abbiamo cercano di darsi da fare soprattutto per questo obiettivo. Per noi lavorare in questo modo soddisfa lo sponsor e la dirigenza, e credo che il Giro d’Italia per come lo abbiamo interpretato lo scorso anno, sia stato di alto livello, e siamo stati presenti in ogni occasione, facendoci ben vedere soprattutto tra le formazioni Professional. Per noi sarebbe già un ottimo traguardo ottenere gli stessi risultati”.
Tra i suoi ragazzi della Bardiani, chi vede veramente bene per questo 2019?
“Sono un po’ tutti cresciuti. Oramai Enrico Barbin è una certezza, ma anche Paolo Simion o lo stesso Mirko Maestri. Passando ai ragazzi ancora più giovani, abbiamo Vincenzo Albanese, che è migliorato molto, Giovanni Carboni che è un ragazzo che lotta e deve ancora trovare il suo equilibrio; poi abbiamo Daniel Savini o Luca Covili che sono passati con noi tra lo scorso anno e questa stagione, ma devono fare ancora tanta esperienza. Sostanzialmente il gruppo è buono. Forse siamo un po’ delusi da Andrea Guardini che non ci ha portato le vittorie che magari speravamo, o lo stesso Luca Wackermann che ha fatto un buon finale di stagione e quest’anno è stato un po’ al di sotto delle aspettative. Quindi coloro da cui ci aspettavamo esperienza, purtroppo sono mancati. I giovani stanno continuando a lavorare, però per mantenere la tranquillità avevamo bisogno di risultati dai più esperti della squadra; anche per dare qualche soddisfazione allo sponsor”.
Lei è stato il direttore sportivo di campioni del calibro di Vincenzo Nibali, Elia Viviani e Peter Sagan. Conoscendoli bene, come li vede in questo 2019?
“In questa prima parte di stagione il migliore è stato senza ombra di dubbio Viviani, confermandosi tra i più forti velocisti; è in continua crescita, può ancora migliorarsi, è molto determinato e sicuramente andrà al Giro bello convinto e con una squadra molto forte per aiutarlo. Alla fine è stato quello che ha ottenuto di più in questi primi mesi. Vincenzo ha fatto la Tirreno, ma di sicuro gli è un po’ mancato l’aver corso un po’ di più prima di questo appuntamento. Però sappiamo tutti che lui dà sempre il massimo, sa inventarsi qualsiasi cosa, ha una classe cristallina; quindi avendo lavorato bene per il Giro, spero che si sia concentrato solo per questo appuntamento senza pensare al Tour de France. Se ha fatto questo, nella Corsa Rosa saprà sicuramente dire la sua, perchè sa inventarsi qualcosa più degli altri, e sarà competitivo. Per il Tour si vedrà. Peter invece, ha avuto un inizio di stagione in cui, a parer mio, ha corso troppo fin da subito, però sai, le scelte tecniche non dipendono da me. Ma probabilmente ha pagato questo scotto. Poi si è ammalato prima della Tirreno, trascinandosi dietro tutto il lavoro che gli è mancato questo inverno, perchè non risultando presente in diversi finali di gara, alla fine ti manca quell’energia che hai fatto e accumulato nella preparazione invernale. Nonostante l’esperienza, in queste gare serve altro, c’è sempre qualcuno che va già forte; poi è ovvio che alla fine si è fatto vedere, arrivando davanti alla Milano-Sanremo, al Giro delle Fiandre, alla Parigi-Roubaix. Ora spero che vada un po’ in vacanza per tranquillizzarsi in vista del Tour de France”.
Si preannuncia un momento complicato per le Professional, soprattutto quelle italiane, data la notevole differenza rispetto alle formazioni straniere come Total Direct Energie o Cofidis, per esempio. Come state vivendo questa brutta situazione in vista della possibile riforma che avverrà nel 2020 e che stravolgerà la vita delle squadre come la vostra?
“Già lo scorso inverno ne abbiamo parlato molto soprattutto con Bruno Reverberi e gli organi ufficiali, perchè quello che chiediamo è perlomeno avere la certezza che quando si ha una licenza Professional, ci sia anche il diritto di partecipare a qualche gara. Facciamo anche noi i nostri doveri come tutti gli altri, quasi al livello di una World Tour; però alla fine non possiamo andare da nessuna parte. E quindi anche noi quest’anno siamo stati costretti a mandare via degli inviti. Al contempo ci sono le Continental nate dalle World Tour che sì, sono un bel viatico per far crescere i corridori, però a quel punto lì anche loro partecipano alle nostre stesse gare, ma hanno 1/3 di costo di una squadra Professional, perchè hanno molti meno doveri nei confronti dei lavoratori, non hanno le nostre stesse garanzie bancarie, non devono avere un determinato numero di personale. Quindi per noi che vogliamo prendere dei buoni italiani, diventa difficile, perchè preferiscono andare in una Continental di una squadra World Tour piuttosto che venire in una Professional dove sono più vincolati ma dove hanno la possibilità di fare una determinata crescita. Perciò la riforma, ahimè, anche se non è ancora molto chiara, penalizzerà molto le squadre italiane, perchè le formazioni straniere hanno un budget simile ad una squadra World Tour, e di conseguenza diventa sempre più difficile cercare un invito. Noi abbiamo avuto l’onore di esser stati invitati in una Classica come l’Amstel Gold Race, ma questo non accade in altri casi, perchè in Belgio ci sono già delle squadre Professional, e vengono invitate queste formazioni. A noi basterebbe quanto meno avere la possibilità della wild card per il Giro d’Italia, con tutti i criteri del caso, ancor più restrittivi volendo. Per questo si devono muovere la Federazione e RCS, se lo ritengono opportuno per aiutare le Professional; altrimenti tra qualche anno non avrà più senso proseguire con una squadra così, perchè i costi sono elevati e alla fine o fai una formazione Continental o una World Tour. A parer mio andrebbe avvantaggiata una squadra italiana, con corridori italiani, gestita da italiani, con sponsor italiani che continuano ad investire tanto sulla formazione, ma a cui interessa anche e soprattutto la certezza di poter partecipare al Giro”.
Avete già in mente un piano riparatore in previsione di questa possibile riforma che avverrà dalla prossima stagione?
“Ne stiamo discutendo. Anche lo stesso Bruno Reverberi sta parlando con l’UCI per capire quanto meno che, se uno rinnova la licenza, deve avere delle garanzie di partecipare a determinate gare come il Giro, altrimenti sarebbe una grande preoccupazione per lo sponsor principale. Se salta fuori un grosso problema, non ci sono delle buone prospettive per avere una garanzia certa di fare qualcosa di produttivo. Dovremmo ripartire da zero, rinnovando tutto quanto. Abbiamo bisogno anche di ragazzi con tanta fame e con più voglia di emergere per fare il salto di qualità; e poi c’è una certa differenza rispetto a corridori di altri paesi, un po’ come ha fatto Sagan quando è arrivato qui in Italia”.
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Foto: ©bardianicsf