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PGA Championship 2019: il percorso e le 18 buche ai raggi X. Per la prima volta si gira a Bethpage Black

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Bethpage Black, nei dintorni di New York, aveva già ospitato per due volte un Major, e precisamente gli US Open nel 2002 e nel 2009. Mai, però, era stato scelto per il PGA Championship. Andiamo, perciò, a vedere che cosa offre questo complicatissimo percorso, classificato come il sesto più difficile degli States. Si tratta di un par 70 disegnato da A.W. Tillinghast nel lontano 1936.

BUCA 1 (Par 4, 393 metri): qui è impossibile cercare direttamente il green a causa degli alberi tra il tee shot e la buca. Si deve perciò seguire la strada indicata dal fairway, a gomito. La cosa migliore è arrivare sul lato sinistro per poi cercare il green, che però è affiancato da due bunker e dal quale è facilissimo uscire, invece di entrare.

BUCA 2 (Par 4, 356 metri): un bunker si pone proprio davanti al green per questa buca sostanzialmente circondata dagli alberi. Qui è possibile scegliere la soluzione ferro lungo-ferro corto per arrivare in green in maniera comoda.

BUCA 3 (Par 3, 210 metri): a meno di cercare un approccio estremamente aggressivo alla bandiera, in questa buca conviene entrare nel green dalla parte senza bunker, perché questi sono talmente profondi che, scendendo per tirare fuori di lì la pallina, si potrebbe vedere soltanto la parte superiore della bandiera (oltre a rischiare un bogey).

BUCA 4 (Par 5, 473 metri): è una buca complessa sia per la lunghezza che per com’è strutturata. I due fairway sono inframmezzati da uno strato di bunker che si può superare senza grandi insidie, ma la vera sfida è la salita verso il green, strapiena di altri bunker sulla sinistra. In questo caso l’idea più saggia è passare dal fairway di destra.

BUCA 5 (Par 4, 437 metri): in questo caso i bunker si trovano già all’inizio della buca, e vanno evitati per accedere comodamente al fairway. La sabbia si trova in abbondanza anche davanti al green, che ancora una volta non è semplice da raggiungere in due colpi.

BUCA 6 (Par 4, 373 metri): se non è una buca dritta, ci siamo vicini. Ci sono un paio di forti pendenze in discesa, che se colte con profitto possono dare una buona mano a mettere in cascina un birdie. L’attenzione, naturalmente, è tutta per i due bunker che quasi circondano il green.

BUCA 7 (Par 4, 479 metri): per certi versi è quasi la fotocopia della 5, con la differenza sostanziale che servono drive (ben controllato) e ferro lungo per riuscire ad arrivare in zona green con due colpi. Nella versione aperta al pubblico questa buca è un par 5, per rendere l’idea.

BUCA 8 (Par 3, 192 metri): molto semplicemente, qui i problemi sono due. Uno è l’ostacolo d’acqua davanti al green, l’altro è il fatto che quest’ultimo è piuttosto ondulato. Se il tee shot finisce troppo corto, la pendenza che c’è prima del green porta con certezza pressoché matematica in acqua.

BUCA 9 (Par 4, 421 metri): particolarmente ondulata lungo il fairway, comincia verso destra per poi andare verso sinistra. Il green è difeso da un enorme bunker nel quale non è troppo difficile andare a finire. Sul tee shot c’è da stare attenti al bunker a metà fairway, sulla sinistra.

BUCA 10 (Par 4, 459 metri): dritta, è una delle meno complesse del percorso, il che la dice lunghissima sulla problematicità di molte altre. Bisogna però tirare un tee shot dritto, altrimenti si può incappare in guai molto seri. Il green è leggermente in alto rispetto al fairway.

BUCA 11 (Par 4, 398 metri): altra buca dritta, con uno schema molto simile a quello della 10 e una fascia d’accesso al green ristrettissima. Il green sembra semplice, ma non lo è, a causa delle tante pendenze.

BUCA 12 (Par 4, 471 metri): c’è un bunker a sinistra che rende la vita molto difficile dal tee shot. Bisogna saper trovare subito il fairway con il drive per avere la possibilità di mantenersi almeno in par e arrivare bene all’esteso (e ondulato) green.

BUCA 13 (Par 5, 556 metri): lunga, ma affrontabile con un certo agio, ammesso che di agio si possa parlare sul Black Course. C’è un bunker a sinistra in mezzo al fairway e ce ne sono altri due davanti al green, con quello di sinistra estremamente profondo, e dunque complicato se si finisce corti.

BUCA 14 (Par 3, 147 metri): il segreto qui è superare il bunker di destra per avere almeno qualche possibilità di chiudere in due colpi. In fondo al green c’è una pendenza dalla quale non è proprio semplice scendere.

BUCA 15 (Par 4, 443 metri): finché si resta in fairway si controlla agilmente, ma più si va verso il green e più arriva la somiglianza con la 4, perché anche in questo caso c’è un’elevazione di oltre 40 metri rispetto al resto della buca, per tacer dei bunker. Andare in rough, qui, vuol dire rovinarsi.

BUCA 16 (Par 4, 448 metri): qui a essere sopraelevato è il tee shot. Fairway con qualche ondulazione, ma semplice se ci si mantiene dentro. Il green è di fatto con un bunker davanti, visto che si “gira” subito a destra, ma qui siamo di fronte a uno dei rari momenti in cui l’operazione birdie non è un miraggio generalizzato.

BUCA 17 (Par 3, 189 metri): bello e difficile. Cinque bunker attorniano il green, che a sua volta è complicato da gestire, a causa di una pendenza che si trova quasi nel mezzo. Intuibile la difficoltà nel restare anche in par.

BUCA 18 (Par 4, 376 metri): anche qui c’è possibilità di arrivare a birdie. Buca dritta, nella quale si sale verso l’alto già in fairway (mai tirare ai lati, ci sono svariati piccoli bunker), poi il green ha un altro bunker a difenderlo, ma che si può aggirare abbastanza bene.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: David W. Leindecker / Shutterstock

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