Ciclismo

Ciclismo, Alessandro De Marchi: “A caccia di tappe al Tour. Nibali? Può pensare al podio strada facendo. Ci vuole fortuna per diventare pro'”

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Alessandro De Marchi è senza ombra di dubbio il corridore italiano più coraggioso di tutto il circuito World Tour. Costantemente all’attacco, è da anni la punta azzurra delle fughe, soprattutto nelle grandi corse a tappe; azioni grazie a cui ha collezionato anche tre tappe alla Vuelta a España e diverse piazze d’onore. Il 33enne di San Daniele del Friuli, grande certezza del CCC Team, è passato professionista più tardi rispetto ad altri suoi colleghi, e tra la gavetta e i primi due anni in Androni, è riuscito ad acquisire quella maturità, tranquillità e freddezza giusta per cercare di raggiungere gli obiettivi personali. Uscito da un Giro del Delfinato più che soddisfacente, De Marchi è pronto a stupire di nuovo fra Tour de France e Vuelta a España, dove è sicuro di poter avere lo spazio ideale per andare alla ricerca di una vittoria di tappa. E per quanto riguarda la classifica generale della Grande Boucle, il friulano si sbilancia facendo un nome ben preciso…

Ci sono stati dei cambiamenti tra la ex BMC e l’attuale CCC?

“Se dobbiamo guardare proprio da un punto di vista professionale direi poco niente, perchè la struttura della BMC è rimasta bene o male invariata. Si sono aggiunte delle figure dalla CCC, e quindi io che venivo dalla BMC ho continuato a lavorare più o meno con le stesse persone. Da un punto di vista sportivo invece le cose sono parecchio cambiate, e dietro a tutto ciò c’è il motivo per cui l’anno scorso ho deciso di rimanere qui. Abbiamo perso qualche capitano, la squadra ha cambiato un po’ forma diventando più variegata e adatta a tante situazioni e per me si sono aperti un po’ di spazi e opportunità”.

Com’è stato passare professionista più tardi ed esser riuscito a ritagliarti uno spazio così importante in gruppo?

“Il fatto di esser passato tardi è una cosa che, guardando indietro, tutto sommato non mi dispiace. Nel senso che è stato duro e più impegnativo di quello che può accadere ad un ragazzo che passa professionista un po’ più giovane; però devo dire che adesso qualche frutto sta crescendo. Alla fine sono serviti quegli anni di gavetta. E poi soprattutto, la cosa più importante, è stata quella di poter passare con l’Androni, una piccola squadra che però in due anni mi ha “costretto” a imparare e a capire un po’ come andavano le cose, per poi trovare un posto in questo mondo. Con l’Androni vi erano grandi opportunità e bisognava essere capaci a prenderle; cosa che magari in una formazione World Tour non succede sempre. Per me quei due anni sono stati veramente importanti per imparare il mestiere. Poi si è tutto evoluto, è cambiato, e da lì sono partito”. 

Che consiglio daresti ai giovani che si arrendono troppo presto perchè non vedono possibilità di passare tra i professionisti?

“Sembra scontata come cosa, ma gli direi di non mollare. Bisogna avere la forza di insistere. Mi rendo conto del fatto che alla fine serve anche tanta fortuna. Sicuramente non ci si può permettere di mollare, però non è una cosa automatica. Forse bisogna avere più pazienza rispetto ad altre Nazioni, perchè qui da noi le cose vanno ancora un po’ troppo a rilento a livello di talent scout, di capire davvero che ragazzo hai di fronte, chi è il corridore di cui stai discutendo. In Italia forse ci si basa un po’ troppo sui risultati che, per carità, sono importanti, però non dicono tutto a soli 20 anni”.

Quindi possiamo dire che il ciclismo è cambiato davvero tanto rispetto a quando sei passato professionista diversi anni fa? Ovvero, un giovane d’oggi ha quasi la responsabilità di dover dimostrare subito qualcosa, visto che ne stanno passando sempre meno e sempre più forti.

“Fondamentalmente è così. Quando io ero dilettante, se eri elité avevi già qualche possibilità in più; adesso probabilmente sono quasi nulle. Purtroppo le regole del gioco sono queste, nel senso che bisogna giocare subito al massimo delle proprie potenzialità. Questo lo vedo per esempio con i ragazzi del Cycling Team Friuli che seguo e a cui sono vicino. Purtroppo mi vedo costretto a dir loro delle cose che nel mio caso non mi sarei mai aspettato di sentirmi dire da giovane. Però non possono più perdere tempo e quindi devono darsi subito da fare; e onestamente, lo vedo nel loro caso, sono anche più preparati di me. Io alla loro età non ero assolutamente così preparato perchè fortunatamente i tempi erano un po’ più blandi”.

Tornando a parlare di te e di questa annata, quali sono le tue future ambizioni?

“Diciamo che non cambiano tanto dal solito. Il programma prevede il Tour de France e la Vuelta a España. Rispetto agli altri anni andrò alla Grande Boucle con più libertà e tranquillità; e quindi ci sarà una caccia alle tappe e della giornata giusta sia al Tour che alla Vuelta”.

Come si gestisce una giornata corsa sempre all’attacco? Soprattutto in una grande gara a tappe.

“Quando si programma una tappa in cui si può andare in fuga bisogna pensare al giorno precedente e a quello successivo. Se tutto va bene diventa una di quelle giornate in cui spendi davvero tanto; è come una Classica in mezzo ad altre tappe. Quindi la prima cosa da fare è mettere la X sul calendario della settimana, e poi gestirti in riserva il giorno prima e arrivare al giorno prestabilito con quel qualcosina in più che in un grande Giro può far la differenza. Nel giorno della corsa conta ragionare come se non fossi in una gara a tappe ma soltanto di un giorno; di conseguenza viene sempre fuori qualcosina in più. Il difficile arriva il giorno dopo, perchè ti viene chiesto tutto il conto; e questo mi è capitato spesso. Le prime volte mi ero anche pentito di aver esagerato così tanto, ma adesso con un po’ più di esperienza non mi spavento più, anche se alla fine è sempre e comunque un giorno delicato in prospettiva a quello successivo”.

Parlando proprio del Tour de France, chi vedi bene per la vittoria finale?

“A parer mio sarà un Tour più aperto del solito. Perdere un uomo come Chris Froome significa già qualcosa di grosso. Il Team Ineos dovrà tentare di muoversi, ma non avendo Froome forse le cose andranno diversamente; soprattutto adesso che anche Geraint Thomas ha avuto quel problema. Penso che Tom Dumoulin stia facendo di tutto per azzeccare l’anno, anche perchè è una grande occasione. Probabilmente Vincenzo Nibali partirà alla ricerca delle tappe, e chissà che magari, strada facendo, possa iniziare a pensare al podio”. 

 

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Foto: Pier Colombo

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