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Golf, US Open 2019: il percorso e le 18 buche ai raggi X. Alla scoperta del leggendario Pebble Beach Golf Links

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Se c’è un percorso di tutto l’universo del golf che viene in mente subito dopo St. Andrews per fama, tra i candidati principali, se non il maggiore, ce n’è senza dubbio uno in California. Il suo nome è Pebble Beach Golf Links, ed è per la sesta volta sede dello US Open. Andiamo a scoprire tutte le 18 buche che affronteranno tutti i big nel terzo Major dell’anno, oltre a Francesco Molinari e Renato Paratore.

Buca 1 (Par 4, 347 metri): a gomito. La scelta è praticamente obbligata: tee shot a cercare il gomito (e, possibilmente, evitare da una parte gli alberi e dall’altra il bunker), quindi secondo colpo per tentare l’approccio alla bandiera su un green in salita.

Buca 2 (Par 4, 472 metri): in origine questo era un par 5, ma è stato modificato prima dell’edizione 2010 di questo torneo. Serve fare attenzione a due dettagli: i bunker ai lati e il fosso tra il fairway e il green, con quest’ultimo che è anche abbastanza stretto.

Buca 3 (Par 4, 369 metri): qui è più importante saper piazzare la palla in fairway con il tee shot invece del puro colpo di potenza, che può produrre tanti danni. Una volta in fairway, ci si va ad avventurare in un green dalle pendenze variabili, che dal centro tende ad andare in discesa.

Buca 4 (Par 4, 303 metri): volendo, si può tentare di andare dritti verso il green direttamente con il drive, anche se serve davvero tanta potenza per riuscirci (e anche una grande precisione). Buca molto bella, termina con un green in cui le pendenze sono tutte in discesa verso la parte centrale.

Buca 5 (Par 3, 178 metri): molto dipende da dov’è piazzata la bandiera, per decidere come attaccare il green su questa buca in discesa. Curiosità: è stata disegnata da Jack Nicklaus quando la Pebble Beach Company ha avuto un maggiore accesso alla zona davanti alla Stillwater Cove.

Buca 6 (Par 5, 423 metri): una delle prove più difficili per un golfista professionista. Si tratta di una buca a due livelli, nel senso che la seconda parte è molto più in alto della prima. Si deve inoltre fare estrema attenzione, perché a sinistra ci sono i bunker, ma a destra c’è la Stillwater Cove, e dunque un colpo di penalità dietro l’angolo.

Buca 7 (Par 3, 100 metri): ci si può giocare un sand wedge oppure un ferro su questo che è il più corto par 3 tra tutti i Major, e la scelta dipende dal vento. Il green è in discesa dai bordi verso il centro. Tutta la buca è circondata dall’Oceano.

Buca 8 (Par 4, 391 metri): c’è un green piccolo, ma è il minore dei problemi. Il punto, semmai, riguarda il secondo colpo, che dev’essere effettuato con grande cautela al fine di non ritrovarsi sulla scogliera con destinazione acqua. Il citato green è tutto in salita.

Buca 9 (Par 4, 481 metri): dal tee shot si arriva su un fairway non equamente livellato, il che può creare parecchie difficoltà a tanti. Un bunker a sinistra protegge il green, che questa volta ha una pendenza che va in discesa da sinistra verso destra. Naturalmente è sempre bene non finire nell’Oceano, che è di fianco a destra e davanti.

Buca 10 (Par 4, 453 metri): a destra c’è la bellissima Carmel Bay, davanti un fairway che, come quello della 9, va da sinistra a destra per poi procedere verso un green che tende a portare verso il suo lato destro. I bunker sono a sinistra e dietro.

Buca 11 (Par 4, 357 metri): si esce dalla parte con l’oceano di fianco, per entrare in questo par 4 in cui la vista sul green, tanto con il primo quanto con il secondo colpo, è quasi cieca. Non è semplice arrivarci senza incocciare nei bunker posti di fronte, ma anche in quel caso una buona uscita può salvare da molti guai.

Buca 12 (Par 3, 185 metri): pericolosa, senza dubbio. E’ facilissimo finire in uno dei due bunker in zona green, uno davanti e l’altro a destra (ce ne sono altri dietro, peraltro). La precisione qui non è importante, è tutto ciò che conta.

Buca 13 (Par 4, 407 metri): con il tee shot è necessario evitare il bunker che si trova a sinistra del fairway nella sua parte iniziale. Questa buca è stata riportata al suo disegno originale nel 2017, mentre il bunker di sinistra rispetto al green (sopraelevato) è stato ampliato e a destra ce n’è un secondo invece della parte di rough alto.

Buca 14 (Par 5, 530 metri): il fairway, dal tee shot, di fatto non si vede e oltretutto a destra ci sono due bunker da evitare se si vuole avere una chance di arrivare in tempi ragionevoli vicino al green. Quest’ultimo è stato allargato rispetto al 2010.

Buca 15 (Par 4, 363 metri): principale ostacolo, in questo caso, è un bunker molto profondo nella seconda parte del fairway, che è da evitare a qualsiasi costo. L’approccio al green va controllato con attenzione. Tiger Woods torna qui con piacere dal 2000, quando fece di questa buca un cardine della sua rimonta all’AT&T Pebble Beach National Pro-Am.

Buca 16 (Par 4, 368 metri): non è semplice da affrontare. Si può scegliere (anzi, è consigliato) un ferro dal tee shot. C’è un bunker proprio in mezzo al fairway e se ne trova un altro nella zona di fronte al green, che pende da destra verso sinistra.

Buca 17 (Par 3, 190 metri): Jack Nicklaus e Tom Watson, proprio qui, hanno costruito delle vittorie memorabili nel 1972 e nel 1982. Serve una grande precisione per tenersi a debita distanza dall’ampio bunker davanti al green, che è quasi diviso in due in termini di pendenze tra la parte sinistra e quella destra.

Buca 18 (Par 5, 496 metri): una delle buche più belle del mondo, ma anche tra quelle che possono dare luogo a finali ad alto tasso di dramma. In mezzo al fairway c’è un albero da affrontare preferibilmente a sinistra, ma c’è anche il lunghissimo banco di sabbia che corre fino ai dintorni del green. A destra di quest’ultimo c’è un alto cipresso che funge da protezione nel malaugurato caso in cui si sbagli completamente il primo o il secondo colpo.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Charles B-Knight / Shutterstock.com

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