MotoGP
MotoGP, Mondiale 2019: la crisi senza fine della Yamaha. Il “Dottore” c’è ma manca la cura
C’era una volta la Yamaha. No, non si vuole raccontare una favola per allietare il tempo ai più piccoli, né tanto meno fantasticare. Parlare del team giapponese di MotoGP al passato è perfettamente aderente a quel che la realtà sta riservando. Si è reduci dal sesto round della classe regina. Sul tracciato del Mugello (Italia), tutti hanno salutato con il sorriso il trionfo di Danilo Petrucci in sella alla Ducati. Il “buono” del paddock ha finalmente avuto la soddisfazione del trionfo, guidando da Dio e rendendosi protagonista di un ultimo giro da urlo.
Riscontri lontanissimi dalla squadra giapponese che ha incamerato il sesto posto di Maverick Vinales, preceduto anche dalla LCR Honda di Takaaki Nakagami, come l’emblema dell’ennesima disfatta. Un weekend toscano simile ad una Caporetto per la compagine del Sol Levante nel quale il “capitano” Valentino Rossi è stato autore del peggior fine settimana della sua carriera su questo circuito. Il 18° posto nelle qualifiche e quella caduta all’Arrabbiata 2 a 16 giri dalla conclusione sono gli ingredienti di una torta amarissima.
“La Yamaha non va” potrebbe essere il titolo di un pezzo “evergreen” perché sono due anni e mezzo che lo si dice. Criticità nell’elettronica e in accelerazione su una moto che fino a metà del 2016 era oggetto del desiderio di tanti, mentre ora è un enigma. La soluzione, infatti, è lontana dall’essere trovata perché i correttivi dei tecnici giapponesi incidono poco su una M1 “capricciosa” e incostante. Il “Dottore” non basta perché serve una cura e solo gli ingegneri asiatici possono portare ad un cambiamento di passo.
Honda e Ducati, ma anche la Suzuki, hanno messo la freccia da tempo, rivoluzionando i loro progetti e incidendo maggiormente secondo i dettami dei piloti di riferimento. Ma la linea della Yamaha qual è? Rossi, da par suo, una pezza ce l’ha messa in Argentina e in Texas ma in una categoria così competitiva l’apporto del pilota non è più sufficiente. Serve qualcosa di più perché gli avversari non aspettano e lavorano tantissimo in breve tempo. Nessun vuol accusare di scarso impegno chi è in Giappone ma i risultati dovrebbero suggerire un intervento diverso. In Catalogna, tra poco meno di due settimane, si tornerà a correre e il timore è che ci si ritroverà a replicare le medesime considerazioni.
giandomenico.tiseo@oasport.it
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Foto: Valerio Origo