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Nuoto, Gwangju 2019: IL PAGELLONE DEL MONDIALE. Promossi con lode, promossi e rimandati della spedizione azzurra, perché di bocciati non ce ne sono

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Ci siamo: è il momento dei bilanci e del pagellone finale, degli scrutini e della consegna agli annali. No, stavolta non bocciamo nessuno, saremo tacciati di buonismo ma dopo un Mondiale del genere, a 12 mesi da Tokyo, chi faceva parte di questa Nazionale che ha retto il confronto con i grandissimi della specialità non era qui per caso e dunque merita al massimo, in caso di risultato non all’altezza delle aspettative, di essere rimandato. A cosa? Ai prossimi step che porteranno dritti alle Olimpiadi. Chi era a Gwangju e non è andato bene merita un’altra chance. Per il resto le categorie non possono che dividersi in due: promossi con lode e promossi perché un Mondiale così non lo poteva sognare nemmeno il più incallito degli ottimisti.

PROMOSSI CON LODE: C’è l’imbarazzo della scelta per chi mettere per primo. Mettiamo Federica Pellegrini perché a 15 anni dalla prima medaglia internazionale sta rivoluzionando ogni regola sulla longevità agonistica. Di lei, delle sue imprese, della sua personalità in acqua, si parlerà fra 50 o forse 100 anni e chi avrà la fortuna di esserci (fra 100 anni non saremo tanti, credo…) potrà dire con orgoglio “io c’ero, l’ho vista gareggiare e vincere. Immensa e infinita.

Simona Quadarella, invece, è la numero uno dei 1500. Ripetiamo tutti assieme: la numero uno dei 1500. Vince tre ori agli Europei, “eh ma sono Europei”, vince i 1500 ai Mondiali “eh ma non c’era Ledecky”, fa letteralmente impazzire la campionessa americana negli 800 “eh ma Ledecky non era al meglio”. Fermi tutti. Simona Quadarella è una campionessa di valore assoluto, un’atleta straordinaria (con alle spalle uno staff tecnico di primissimo ordine) che ogni anno che passa migliora sensibilmente e non si fermerà qui fin quando l’ultimo degli “eh…” non resterà strozzato in gol dell’ultimo dei detrattori.

Gregorio Paltrinieri esce da questo Mondiale in piscina (dopo quello di fondo) con lo stesso bottino di Budapest: uno oro e un bronzo e se allora ne uscì trionfante perché non dovrebbe esserlo oggi? Ha vinto dove non era mai riuscito, compiendo un’impresa anche cronometrica straordinaria sugli 800 e ha subito l’agguato di due personaggi il cui andamento del Mondiale è stato alquanto strano. Promosso con lode e con un bagaglio di esperienza fondamentale in vista della sfida del prossimo anno.

Benedetta Pilato non è il nuovo che avanza, è il nuovissimo che è già molto, ma molto avanti. A un’età in cui le coetanee si barcamenano fra Barbie e i versi di Sfera Ebbasta, lei vince Europeo Juniores e argento ai Mondiali. Sarà la nuova Pellegrini? Non ci interessa! E’ la nuova Pilato ed è sufficiente per farci amare sempre più questa disciplina meravigliosa.

Martina Carraro ha saputo prendere in mano la sua carriera che stava viaggiando tra un titolo italiano e una semifinale europea, ha scelto un progetto, ne è stata protagonista in prima persona e ora raccoglie i frutti di un lavoro mirato che l’ha portata fino al tetto del mondo. Un bronzo che vale oro e che non la appaga perché le prestazioni sui 50 (seppure con una finale non straordinaria come i turni precedenti) dimostrano che la crescita non si fermerà qui.

Filippo Megli e la staffetta 4×200 hanno compiuto una delle vere, grandi imprese del Mondiale. Portare il differenziale rispetto alle grandi squadre da 3-4 secondi a pochi centesimi, migliorando sensibilmente il record italiano meritava un posto sul podio ma in questo caso anche il quarto posto vale tantissimo, così come il quinto di Filippo Megli nella gara individuale. Cancellato con un doppio record il primato italiano di uno dei più grandi di sempre, Emiliano Brembilla, primo italiano sotto l’1’46”: tanta roba. Bravissimi anche Stefano Ballo, Gabriele Detti (di cui ci occupiamo a parte per le gare individuali), Stefano Di Cola e Matteo Ciampi.

Marco De Tullio merita la lode perché in un anno è entrato in modo dirompente nel mondo dei grandi e chiudere quinto nei 400 stile libero, alle spalle di quattro super campioni, è un’assicurazione per il futuro. Continua così, Marco: fatica e qualità e ogni tanto in futuro potrai pensare di dare qualche scoppola a quei due che stanno sempre davanti, per ora…

PROMOSSI: Non sarà ricordato come il Mondiale di Gabriele Detti, che resterà, al momento, quello di Budapest ma il livornese allievo di Stefano Morini ancora una volta ha dimostrato tutto il suo valore andandosi a prendere una medaglia in una delle gare più trafficate di campioni dell’intero Mondiale. Il sesto posto negli 800 lascia con l’amaro in bocca ma se la sfortuna smette di punzecchiarlo togliendogli intere stagioni di lavoro dalle braccia e dalle gambe, magari arriverà quella manifestazione in cui riuscirà ad essere efficace in tutte le distanze che gli competono, compreso quel 1500 che, vista la deriva che sta prendendo questa specialità, potrebbero ancora regalargli non poche soddisfazioni: fatelo arrivare in volata con Wellbrock e Romanchuk e vediamo come va a finire…

Domenico Acerenza ha disputato la sua prima finale mondiale, ha chiuso sesto. Peccato per il mancato primato personale ma la crescita è inesorabile e chissà che anche lui, prima o poi, non si trovi a lottare per qualcosa di veramente importante.

Federico Burdisso porta a casa un quarto posto mondiale di portata straordinaria. Non sente la pressione della finale e questo è un grande vantaggio, dovrebbe imparare a sentire quella delle batterie e soprattutto della semifinale perché per salire sul podio in finale bisogna arrivarci e i rischi, in questo senso, se li possono prendere solo i fuoriclasse alla Le Clos. L’Italia sembra comunque aver trovato un giovane solido su cui contare per grandi soddisfazioni in futuro. Vedremo come andrà dopo il trasferimento a Chicago in gennaio.

Manuel Frigo viene promosso per quello che ha mostrato nei primi giorni di gara. Era alla prima, grande manifestazione della sua carriera e ci è arrivato bello carico, disputando tre frazioni di staffetta veloce strepitose, poi è calato alla distanza e alla fine non ne aveva proprio più. Dagli errori si impara e qui c’è una base ottima su cui lavorare.

Simone Sabbioni idem come sopra con la differenza che qua le motivazioni per un calo così repentino di condizione nella seconda parte del mondiale sono legate all’infortunio alla spalla che lo ha tenuto fermo tre mesi. La benzina era poca e l’ha usata benissimo nella prima parte di Mondiale per tornare sui suoi livelli di tre anni fa nei 100, poi ha gareggiato in riserva sui 50 e con le scorie nella staffetta. Arriverà un anno in cui lo vedremo senza problemi alle spalle giocarsi le proprie carte fino in fondo? Speriamo più di uno da adesso in poi.

Fabio Scozzoli torna in italia con una finale individuale, la quinta della carriera, chiusa con una inopinata squalifica, una finale mancata per un centesimo su tempi molto vicini al personale e una finale in staffetta mista mista. Cosa chiedere al 31enne romagnolo di più? E’ tornato una sicurezza da tre anni a questa parte ed è, si dice, anche un grande capitano. Dovrà continuare a lottare ancora per tanto tempo, se il fisico regge… ma Tokyo è l’appuntamento clou.

Elena Di Liddo ha chiuso il suo Mondiale con due quarti posti, una semifinale, più il sesto della mista mista: record italiano nei 100 farfalla migliorato due volte, nessun rimpianto per podi mancati che presupponevano la presenza di apparati elettrici per aumentare la velocità di nuotata. E’ cresciuta, tanto, nel fisico ma soprattutto nella mentalità e può diventare una delle donne guida di questa bella Nazionale perché sa cosa significa la sofferenza, ha saputo superare momenti molto difficili e ora è più forte che mai.

Arianna Castiglioni si è andata a prendere la finale con record italiano temporaneo e non è poco per una atleta che deve spesso fare i conti con problemi fisici. Brava a reagire nella speranza che l’anno olimpico proceda senza difficoltà.

Alessandro Bori al primo mondiale dopo un periodo non semplice di passaggio da juniores ad assoluto. Il suo l’ha fatto con grande impegno e anche con risultati accettabili. Deve essere da spinta per lavorare e migliorare ancora.

RIMANDATI: Thomas Ceccon, da lui ci si aspetta sempre tanto ma lui, al momento, sembra avere nel mirino solo le gare giovanili e agli assoluti ci penserà poi. Non un atteggiamento del tutto condivisibile ma aspettiamo.

Arrivano notizie nebulose e contrastanti sulle condizioni di Piero Codia che ha parlato di un malanno alla schiena accusato qualche giorno prima, poi nei comunicati si parlava di problema riscontrato nell’immediata vigilia della gara. Sta di fatto che non stava bene e si è visto perché non sfiori la finale mondiale dei 50 farfalla a caso. Era in condizione e qualcosa lo ha bloccato.

Santo Yukio Condorelli parte forte e arriva piano. Non esattamente quello che serve alla 4×100 e a lui stesso per tornare fra i grandi della velocità, a meno che non si dedichi solo ai 50. Da cambiare la mentalità e da rivedere la tattica. Per il resto si conferma uomo squadra e di lui ci sarebbe bisogno eccome.

Il tuffo di Luca Dotto in anticipo nella batteria dei 50 stile è l’immagine di un campione che fatica a risalire la china. Si è chiusa la sua peggiore stagione degli ultimi anni e la prova discreta nella finale della 4×100 non può cancellare la mancata chiamata per la gara individuale e la brutta figura nei 50 (con qualche attenuante per uno starter malandrino). All’Italia serve un Dotto determinato, deciso, cattivo per la stagione olimpica. La sua esperienza è fondamentale per la squadra.

Nicolò Martinenghi lo si attendeva ai massimi vertici, a giocarsi qualcosa di importante nei 100 e nei 50, protagonista in staffetta mista, con gli occhi iniettati di sangue dopo una stagione di stop. Niente di tutto questo. Perde e sembra quasi rassegnato a questa condizione. Serve una scintilla, un cambio di passo che lo riporti ai livelli per cui si è fatto conoscere al mondo intero a livello giovanile, che gli permetta di rendere al massimo quando conta. Aspettiamo.

Alessandro Miressi ha fisico e talento ma quest’anno ha perso troppo tempo dietro a infortuni e acciacchi vari. Non sembra quello che si monta la testa per un oro europeo, come ha insinuato qualcuno. Ci sta la stagione storta ma la situazione va raddrizzata in fretta con tanto lavoro a testa bassa, nella speranza che la sfortuna non ci rimetta lo zampino.

Luca Pizzini non era in condizione. Non lo è stato per tutta la stagione, ha fallito anche la rimonta in extremis. E’ un grande professionista, un atleta serio (a volte fin troppo) e ha le qualità per rimettersi in carreggiata.

Matteo Restivo stavolta non ha piazzato la zampata. Sapendo i sacrifici a cui si sottopone per poter nuotare a questi livelli non si dovrebbe dire nulla ma è un atleta con la A maiuscola, lo ha dimostrato in questi tre anni. Scommettiamo che il prossimo anno sarà ancora lì, cattivo, a lottare per un posto in Nazionale e magari in finale a Tokyo: l’obiettivo non è lontanissimo.

Ilaria Bianchi ha pagato la rimonta al Settecolli, una condizione generale non ottimale e si è dovuta accontentare della semifinale nei 100 farfalla. Tutto quello che è venuto da sabato in poi nelle staffette ci fa pensare che sia tutt’altro che un’atleta al crepuscolo della carriera e che il prossimo anno, magari con qualche acciacco in meno, si voglia andare a prendere la quarta Olimpiade consecutiva.

Ilaria Cusinato ha una storia che conoscono praticamente tutti. Addio a Ostia a metà stagione, tempi sempre al di sopra dei suoi standard, preparazione un po’ raffazzonata e i risultati si sono visti. Sa benissimo cosa è necessario fare per tornare tra le grandi dei misti e lo farà perché è una atleta caparbia e intelligente.

Giulia Gabbrielleschi, sia chiaro, torna a casa con uno splendido argento nella staffetta del fondo dove ha fatto molto bene ma qui si parla di piscina e da lei un piccolo miglioramento, anche se la benzina era poca, si poteva attendere. Deve capire cosa fare da grande, portare avanti entrambe le specialità non sarà facile.

Margherita Panziera è, inutile girarci attorno, la delusione più grande. Per le attese che si erano create dopo i tempi stratosferici fatti segnare per tutta la stagione, il podio era quasi scontato e invece nel nuoto di scontato non c’è nulla. Visti i precedenti, il rischio è che possa tornare a vedere i fantasmi che non esistono. Ha sbagliato qualcosa nella preparazione che va sistemata assieme allo staff tecnico e riparte da un quarto posto mondiale a 5 centesimi dal podio, non dal 14mo.

Silvia Scalia non può che essere delusa soprattutto dal 17mo posto nei 50, specialità per cui era stata chiamata a Gwangju. Ha pagato gli sforzi, anche mentali, fatti alle Universiadi e una scarsa abitudine (non tutta per colpa sua, questa) alle grandi manifestazioni internazionali. Esce rafforzata comunque dall’estate 2019.

 

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Foto: LaPresse

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