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Scherma, Mondiali 2019: Italia, una rassegna iridata troppo brutta per essere vera. Ma non c’è un motivo particolare

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Signori, è tutto vero. Nemmeno le gare a squadre, per ora, hanno fatto il miracolo. Proprio quelle gare a squadre, tra l’altro, che non avevano portato un solo oro agli ultimi Europei dove però Foconi e Di Francisca si erano guadagnati due trionfi nel fioretto. A una giornata dal termine del Campionato Mondiale di Budapest 2019, gli azzurri sono ottavi nel medagliere con un argento e sei bronzi. Ottavi. Quando difficilmente si usciva dalle prime tre posizioni. Sette medaglie non sono poche, ma mancano gli allori più pregiati che questa formazione è abituata a portare, da sempre. Motivo per cui non può che essere deludente la rassegna ungherese e probabilmente nemmeno due titoli nella giornata conclusiva (difficili da agguantare, non certo impossibili), cambierebbero completamente questo giudizio, pur se ribalterebbero il medagliere italiano.

DEBACLE

Eppure, credeteci, anche sforzandoci, non troviamo un motivo particolare che possa giustificare un rendimento simile. A parte forse una Martina Batini, che alla causa del fioretto femminile servirebbe eccome con tutto il rispetto per le Palumbo e la Cipressa, i nomi sono questi e tali resteranno anche per le chance olimpiche a Tokyo 2020. E dunque cosa succede? Cinque assalti persi sul 14-14 a livello individuale, un altro alla priorità oggi sul 42-42 pari nella finale del fioretto donne: di certo la fortuna non ci è amica sulle rive del Danubio, perché va bene tutto, ma perdere sempre al momento decisivo non è proprio da Italia della scherma. Almeno un “pareggio” in questa voce di bilancio ce lo saremmo aspettati. Per il resto, bisogna prendere atto che gli avversarsi sono forti (ma questo si sapeva) e che (soprattutto) continua ad aumentare il numero di Nazioni competitive ad alto livello. A ogni gara ne salta fuori una di più. Eppure non crediamo affatto che gli azzurri non si siano preparati bene per un Mondiale che era ed è fondamentale in ottica qualificazione olimpica. Bisogna abituarsi a vincere meno, da oggi e nel prossimo futuro? Può essere, ma prima aspettiamo contro prove. Per ora non ci crediamo. Un fatto è certo: il fioretto femminile italiano può intanto benedire il ritorno di Elisa Di Francisca, che in quanto a “testa da campionessa” può rivaleggiare con Valentina Vezzali. Ma poi, deve ritrovare la migliore Arianna Errigo. Che resta una bella persona, una straordinaria campionessa, ma non è quella vista oggi, quella che perde due assalti e ne pareggia un terzo nella finale per l’oro del fioretto donne. Quella che non trova la misura in attacco e a volte deve rifugiarsi nella parata e risposta per mettere a segno stoccate, non certo il suo marchio di fabbrica. Non siamo allenatori, né preparatori, né tanto meno maestri, non abbiamo lezioni da insegnare a nessuno, vogliamo bene alla ragazza in questione, ma è evidente che abbia fatto un passo indietro deciso dal punto di vista tecnico/atletico. Ci permettiamo di dirlo. Il motivo? Tocca a lei spiegarlo, il ct Cipressa mesi fa parlava anche di “involuzione tecnica” e “passi diversi” nel preparare il suo attacco. Considerazioni forse fin troppo tecniche, per noi “profani”. Il rapporto stoccate messe/subite in finale ci dice, semplicemente, che sarebbe bastato una Errigo anche solo decente, nemmeno dominante come in passato, per conquistare l’oro con le compagne. Ha un talento innato, capiamo il suo tentativo di dedicarsi a due armi, ma i risultati dicono che non ha ancora sfondato nella sciabola e purtroppo ha perso smalto nel fioretto. Magari non tanto, ma quello decisivo per l’apporto alla causa azzurra. Parliamoci chiaro: Volpi (bravissima oggi) e Di Francisca (che per noi è all’80%) non bastano, da sole. Serve la migliore Errigo. Perché la Russia è forte e da sola non si batte.

FUTURO

Salviamo il salvabile: gli spadisti azzurri, che “orfani” del capitano di lungo corso Paolo Pizzo non si perdono d’animo dopo il ko con l’Ucraina nei quarti (poi comunque argento!), battendo Russia e Corea del Sud, cioè due squadre forti (la prima oro europeo uscente) e chiudendo con un quinto posto che vale un capolavoro in ottica qualificazione a Tokyo 2020. Poteva essere una Caporetto, non lo è stato. Idem le spadiste, che confermano il bronzo europeo e a oggi sarebbero qualificate per il Giappone con la prospettiva di avere forse la squadra più forte, come potenziale. Dulcis in fundo Luca Curatoli, al primo podio mondiale in carriera a 24 anni. Bravissimo lui e con la squadra, sempre costante. Ah, quasi dimenticavamo: gli azzurri intanto a oggi avrebbero qualificato tutte le squadre per i Giochi 2020 e in più sono andati comunque a podio in ogni arma, e questo rimane un bene. E’ mancato l’oro del fioretto, in tutte le gare finora; potrebbe giungere domani con i maschi che devono “temere” solo i fortissimi americani. E se la gioia più grande arrivasse da chi viene poco considerato da anni, ma si mantiene sempre nell’élite mondiale, cioè dalle sciabolatrici, almeno nella prova a squadre? In bocca al lupo azzurri, alziamo la testa almeno l’ultimo giorno.

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Foto: Bizzi/Federscherma

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