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Tuffi, Mondiali 2019: Italia senza medaglie dopo 16 anni. Ripartiamo dai giovani e dai nuovi naturalizzati, Jodoin, Larsen e Timbretti Gugiu

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Da Barcellona a Budapest, dal Montjuich al Danubio, 16 anni di trionfi e gloria griffati soprattutto Cagnotto (ma anche Sacchin, Dallapè, Tocci, Bertocchi per restare in ambito globale) contro autentiche corazzate quali Cina, Australia, Canada, Stati Uniti, Ucraina, Russia, Messico e oggi anche Corea, Gran Bretagna, Malesia, Corea del Nord (quando presente, non a Gwangju). Siamo all’anno zero dei tuffi azzurri e lo diciamo ancora, non tanto per le medaglie mancate (nemmeno un podio e non accadeva appunto dalla rassegna di Barcellona 2003, quella dell’esordio in piscina di Federica Pellegrini), che pure non erano impossibili da difendere dal trampolino 1 metro (i bronzi di Tocci e Bertocchi), ma per i decisi passi indietro registrati nella specialità olimpica dal trampolino, cioè i tre metri. Uomini e donne. Synchro incluso, anche se lì le cose sono andate un po’ meglio.  Fallimento totale, nessuna carta olimpica, nessun atleta in finale, e se Elena Bertocchi può portare a sua discolpa una preparazione deficitaria causa problemi seri alla schiena, prima, e dolore per una botta al tallone poi, gli altri ragazzi non hanno scuse. Tenendo conto però del fatto che la concorrenza è ancora più aumentata, che il livello maschile risulta altissimo e solo per stare al passo con i coefficienti dei tuffatori migliori serve un lavoro clamoroso, a casa, per presentarsi poi in gara quanto meno con le stesse credenziali. Questa è la vera sfida che aspetta il CT Oscar Bertone: lavorare sui giovani talenti che abbiamo (e ne abbiamo) in modo quanto meno da portarli in una gara importante con gli stessi identici tuffi dei migliori, si chiamino Cao, Laugher o Keeney. Difficile? Impossibile? Può essere, ma altrimenti, si parte già battuti in partenza. Bisogna lavorare tantissimo in Italia per poter poi presentare una serie-gara, con risultati almeno decenti, pari a quella dei migliori. Con questo intanto, sia chiaro, è possibile pure mettere in conto anche qualche figuraccia iniziale, le faceva pure Maddison Keeney, che ora però tiene il passo delle cinesi…

KIEV 

Adesso scacciamo i cattivi pensieri, dimentichiamoci gli errori di Tocci, le titubanze di Bertocchi, le insicurezze di Marsaglia, la poca esperienza (com’è normale che sia) di Pellacani, le gioie, perché no, di Noemi Batki, rinata in due anni e qualificata per Tokyo con il miglior risultato della sua storia a un Mondiale, e pensiamo alla sfida europea di Kiev (5-11 agosto). Lì capiremo davvero quanto vale la rinnovata squadra italiana, con i nuovi innesti tra i naturalizzati (pensiamo a Sarah Jodoin, a Eduard Cristian Timbretti Gugiu, che ha gareggiato per la Romania nel 2016, ma ora è italiano a tuffi gli effetti anche se comunque a Kiev non potrà ancora esserci; all’italo-danese Andreas Larsen, sorprendente agli ultimi assoluti). Da novembre poi torneranno a fare sul serio Cagnotto-Dallapé, ma una loro qualificazione olimpica, persino una loro medaglia a Tokyo 2020, non cambierebbe nulla nel cammino da intraprendere per la Nazionale italiana tuffi, visto che questo è l’anno zero, tale rimarrà e ora bisogna guardare avanti, lavorando con programmi seri, verso il futuro, con i giovani. A Kiev per il bilancio finale dell’annata.

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Foto: LaPresse

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