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Ciclismo

Vincenzo Nibali e Bahrein-Merida: perché? Un campionissimo ridotto a cacciatore di tappe

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45° a 4’25” dal vincitore di tappa Thomas De Gendt, Vincenzo Nibali ha tagliato il traguardo della Macon-Saint-Etienne affiancato dall’amico Alberto Bettiol, con il quale ama stare in compagnia e trascorrere ore tra battute e punzecchiature. Oggi, tuttavia, di allegro c’era ben poco, perché il Tour de France dello Squalo è finito.

Il giorno della chiusura del Giro d’Italia 2019, il messinese non aveva lasciato molti dubbi sulle sue velleità in vista della Grande Boucle: “Andrò per vincere una tappa o puntare alla maglia a pois“. Una domanda, inevitabile, sorge spontanea: perchè? Perché un campionissimo come il siciliano, che ha segnato un’era di questo sport e va catalogato tra le più grandi leggende nazionali ed internazionali, deve accontentarsi di obiettivi che, seppur onorevoli, è giusto definire secondari e di certo non adatti ad un corridore del suo rango.

E’ stato compiuto un madornale errore di valutazione. Tutto ebbe inizio lo scorso inverno. Nibali, ad un anno dalla scadenza del contratto, non aveva fatto mistero di guardarsi attorno in vista di nuove esperienze. Il rapporto con la Bahrein-Merida, complice anche un ritardo nel pagamento degli stipendi, poi prontamente rientrato, in quella fase appariva tutt’altro che idilliaco.

Nel corso della definizione dei programmi stagionali, Nibali indicò il Giro d’Italia come obiettivo primario, mentre il team avrebbe voluto privilegiare il Tour de France, dove nel 2018 l’italiano fu messo fuori gioco da una caduta (provocata da un folle a bordo strada) quando si trovava in piena corsa almeno per un posto sul podio. Maturò dunque una soluzione di compromesso: Giro e Tour nella stessa stagione. Mai, nel corso della sua carriera, l’azzurro aveva programmato il doppio impegno con l’obiettivo di fare classifica. Ricordiamo ad esempio il 2016, quando vinse la Corsa Rosa per poi disputare la Grande Boucle fuori classifica ed in preparazione alle Olimpiadi di Rio.

Per Nibali, non è un mistero, la soluzione ideale avrebbe contemplato un periodo di scarico dopo il Giro e poi una preparazione mirata in vista della Vuelta. Un percorso di avvicinamento già attuato con successo nelle scorse stagioni. Lo Squalo, tuttavia, si è ritrovato nella condizione di sentirsi quasi “obbligato” a disputare il Tour. Probabilmente non ha mai creduto di poter realmente dare l’assalto alla maglia gialla, né tanto meno al podio.

La Bahrein-Merida, dal proprio canto, ha cercato di valorizzare fino in fondo le qualità del siciliano, confidando in un’ultima zampata prima della scadenza contrattuale e proprio nella corsa a tappe più prestigiosa. Una speranza vana e vacua. Nel ciclismo moderno l’accoppiata Giro-Tour si è rivelata utopistica ed i quasi 35 anni pesano anche per un super-campione che siede con orgoglio al tavolo dei miti.

Da domani inizia un nuovo Tour de France per Vincenzo Nibali: dai tentativi di fuga da lontano, passando per un GPM prestigioso o un successo parziale. Un corridore che vanta un Tour, una Vuelta, due Giri d’Italia, una Milano-Sanremo, due Giri di Lombardia, nonché undici podi complessivi nei Grandi Giri, dovrà ora trasformarsi in un cacciatore di tappe qualunque. Perché?

federico.militello@oasport.it

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Foto: Pier Colombo

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