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Basket, Mondiali 2019: i convocati degli Stati Uniti. Dream Team falcidiato dalle assenze, vittoria non scontata

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Poteva essere la squadra tanto di coach Gregg Popovich quanto di James Harden, Anthony Davis, Kevin Love, Damian Lillard, Kyle Lowry, e invece Team USA nella sua versione 2019 è un gruppo completamente diverso da quello immaginato nella fase iniziale della preparazione. In tantissimi, per concentrarsi sulla stagione NBA, hanno declinato l’invito ad andare in Cina. Chiaramente stiamo ancora parlando di un roster di forza immensa, con tantissimi talenti di primissimo piano nelle loro franchigie, però i tanti forfait lasciano qualche speranza alle avversarie. Andiamo a vedere i facenti parte della formazione che deve cercare di arraffare il terzo titolo iridato consecutivo.

DERRICK WHITE
Play, da due anni in NBA, sempre con i San Antonio Spurs. Nell’ultima stagione è cresciuto molto, arrivando vicino alla doppia cifra di media in regular season (9.9 punti) e alzando ancora questi numeri nei playoff (15.1), con oltre 25 minuti ad allacciata di scarpe. Forse uno dei più sottovalutati del roster, sta crescendo bene sotto l’ala protettrice di Popovich.

DONOVAN MITCHELL
Guardia, da due anni in NBA, sempre con gli Utah Jazz. Nel sistema di gioco di coach Quin Snyder risulta perfettamente inserito, e i 25.8 di media in stagione regolare (e 21.4 nei playoff) stanno lì a dimostrarlo. Permane il dubbio sull’adattabilità al sistema Popovich, anche in funzione dei momenti in cui si mette in testa di cercare il ferro e del fatto che da tre sia tutto sommato normale (36.4%).

JOE HARRIS
Guardia-ala, da cinque anni in NBA, da tre ai Brooklyn Nets. Quest’anno si è fatto notare per aver guastato i piani di Steph Curry nell’ultimo All Star Game, nella gara del tiro da tre punti. In verità, è un tiratore mortifero dall’arco, tant’è vero che quest’anno ha chiuso con uno spaziale 47.4%, la miglior percentuale dell’intera lega.

MARCUS SMART
Play-guardia, da cinque anni in NBA, sempre con i Boston Celtics. Ormai tra le certezze di Brad Stevens, è certo di restare per altri tre anni al TD Garden. Non è un caso se è stato nominato nella triade di capitani di Team USA: in ogni squadra c’è bisogno di un giocatore che sappia coniugare il talento all’intensità, e per questo ruolo Smart è perfetto.

HARRISON BARNES
Ala piccola-ala grande, da sette anni in NBA, da metà della scorsa stagione ai Sacramento Kings. Campione NBA con i Golden State Warriors nel 2015, campione olimpico nel 2016, offre un campionario particolarmente esteso di opzioni offensive. Vlade Divac l’ha portato ai Kings per coprire il posto di 3, ma può tranquillamente essere impiegato anche da 4.

JAYLEN BROWN
Guardia-ala, da tre anni in NBA, sempre con i Boston Celtics. Vale la pena raccontare la sua parabola nella stagione appena trascorsa: dopo le dieci sconfitte consecutive iniziali dei Celtics, è stato bersagliato perché reo di prendersi troppi jumper dalla media e per scarsa attenzione e disciplina. Quando le cose si sono rimesse a posto, è diventato uno dei migliori, con il 46,5% da due e 13 punti di media, saliti al 50,6% e quasi 14 nei playoff.

JAYSON TATUM
Ala piccola, da due anni in NBA, sempre con i Boston Celtics. Elemento fisso dello starting five della franchigia allenata da Brad Stevens, Tatum offre a Team USA un buonissimo rendimento dalla lunetta, avendo chiuso l’ultima stagione con l’85,5%. Di lui ha detto LeBron James: “È fatto per essere una star“.

MASON PLUMLEE
Ala-centro, da sei anni in NBA, da due con i Denver Nuggets. Si tratta dell’unico reduce dai vittoriosi Mondiali di Spagna 2014. Anche se la sua miglior stagione l’ha vissuta ai Portland Trail Blazers nell’annata 2016-2017, ai Nuggets è riuscito a ritagliarsi uno spazio da cambio di Nikola Jokic. In questa fattispecie può offrire, in un ruolo quasi identico, solidità a rimbalzo e protezione del ferro.

MYLES TURNER
Centro, da quattro anni in NBA, sempre con gli Indiana Pacers. Miglior stoppatore della lega nell’ultima stagione (2.7 ad allacciata di scarpe), lungo i quattro anni a Indianapolis si è fatto apprezzare come intensissimo giocatore nella metà campo difensiva, tant’è che più d’uno lo voleva come Defensive Player of the Year, riconoscimento poi andato a Rudy Gobert per il secondo anno di fila.

BROOK LOPEZ
Centro, da undici anni in NBA, quasi sempre con i Nets nelle ere New Jersey e Brooklyn. Tornato in bianconero dopo l’annata poco fortunata ai Lakers, è il più esperto della spedizione e viene da una stagione in cui ha chiuso con l’84.2% dalla lunetta, fattore più che apprezzabile per il suo ruolo. Nell’anno in cui ha segnato di meno, in media, ha messo a segno più stoppate che mai.

KHRIS MIDDLETON
Guardia-ala, da sette anni in NBA, da sei ai Milwaukee Bucks. In questa stagione ha leggermente abbassato le cifre rispetto agli oltre 20 punti di media dell’annata 2017-2018, ma per un motivo tattico preciso. Ha infatti cominciato a prendersi più tiri da tre, per creare una specie di arma a doppio taglio perfetta con Giannis Antetokounmpo.

KEMBA WALKER
Play, da otto anni in NBA, da quest’anno ai Boston Celtics. Parliamo, forse, dell’uomo più atteso per quello che è stato capace, progressivamente, di fare con gli Charlotte Hornets. Nell’ultima stagione, lasciando per un attimo da parte i 25.6 punti di media, è andato numerosissime volte oltre quota 40, con il clamoroso picco dei 60 a novembre contro i Philadelphia 76ers.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: Matteo Marchi

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