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Basket, Mondiali 2019: i convocati degli Stati Uniti. Sarà davvero un Dream Team? Un numero esagerato di assenze e defezioni
Harrison Barnes, Bradley Beal, Anthony Davis, Andre Drummond, Eric Gordon, James Harden, Tobias Harris, Kyle Kuzma, Damian Lillard, Brook Lopez, Kevin Love, Kyle Lowry, Paul Millsap, Donovan Mitchell, CJ McCollum, Khris Middleton, Jayson Tatum, PJ Tucker, Myles Turner, Kemba Walker. Dovevano essere questi i 20 giocatori tra cui Gregg Popovich avrebbe selezionato i 12 con i quali andare ai Mondiali di Cina 2019 per scrivere un altro capitolo della storia di Team USA, a 27 anni dalla prima volta dei professionisti nelle massime manifestazioni globali, come quella iridata e le Olimpiadi.
Il problema, però, è che in tanti hanno deciso di rinunciare. Nel giro di 10 giorni, dal 15 al 25 luglio, si sono chiamati fuori Davis, Harden, Beal, Harris, Lillard, Love, McCollum, Gordon e Millsap. Con queste defezioni, nell’ultima settimana di luglio, si è reso obbligatorio il rifacimento della lista, con gli inserimenti di Jaylen Brown, Montrezl Harrell, Thaddeus Young, Marcus Smart, Mason Plumlee e Julius Randle, con JJ Redick che aveva ricevuto un invito, declinandolo. Altro giro di defezioni: Harrell e Drummond decidono di non giocare la rassegna iridata, facendo entrare nel gruppo dei papabili 12 Jaren Jackson e Bam Adebayo. E potrebbe non essere finita qui.
Certo, Poopovich ha a disposizione una quantità di talento ancora particolarmente alta: il blocco dei Boston Celtics, Walker che quando è in giornata non si può semplicemente fermare, un campione NBA come Lowry. La squadra, però, resta forse una delle meno appariscenti passate per i Mondiali da quando i professionisti sono autorizzati a giocarli (eccezion fatta per il 1998, in cui il lockout costrinse a pescare americani dall’Europa, tra cui vecchie e future conoscenze del basket italiano). Il timore di più di qualcuno è che si possa ripetere quanto accaduto nel 2002 (vissuto dal coach degli Spurs in prima persona, in quanto assistente di George Karl), con le tre sconfitte contro Argentina, Jugoslavia e Spagna, e nel 2006, con l’impresa della Grecia degli anni d’oro in semifinale. Nell’anno del triplo KO a Indianapolis gli States avevano in squadra un giovane, ma ancora piuttosto acerbo, Paul Pierce, Jermaine O’Neal, che era stato nominato Most Improved Player nella stagione NBA appena conclusa, diversi altri buoni (e futuri ottimi) nomi e un trentasettenne Reggie Miller. Nei Mondiali giapponesi, invece, erano presenti LeBron James, Dwyane Wade, Carmelo Anthony, Chris Bosh, Chris Paul. A molti di loro la lezione greca è servita per Pechino 2008, quando, con l’aggiunta di altre superstar tra cui Kobe Bryant, è ritornato l’oro olimpico perduto nel 2004.
Stanti tutte queste rinunce, qualche speranza si sta accendendo nelle principali rivali degli americani, che di talento ne hanno parecchio: basti pensare alla Serbia e alla Spagna più di qualunque altra Nazionale in corsa. Il pronostico rimane sempre a favore degli Stati Uniti, però. Resta da capire quanto realmente i 12 che Popovich porterà in Cina vorranno realmente vincere il torneo iridato, e soprattutto se, finalmente, la situazione delle rinunce si stabilizzerà in maniera definitiva.
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federico.rossini@oasport.it
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Foto: Matteo Marchi