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Ciclismo

Felice Gimondi, addio al campionissimo immortale che sfidò il Cannibale

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L’ineluttabile distacco terreno non cancella l’immortalità. Chi regala emozioni, gioia ed amore, resta e si consolida nella storia. Una fiamma viva cementa il ricordo nella memoria, il mito si tramanda di generazione in generazione.

Felice Gimondi resterà per sempre uno dei campionissimi indelebili del ciclismo italiano e mondiale. Un fenomeno che non ebbe mai timore di affrontare a testa alta la temibile Nemesi delle Ardenne. Enrico Ruggeri gli dedicò anche una canzone a fine anni ’90: ‘Gimondi e il Cannibale’. “Non ti voltare, non mi staccherò“, recitava un verso particolarmente vibrante del brano. Il bergamasco visse l’epoca di Eddy Merckx, il più grande della storia. Ciò nonostante, seppe vincere e mantenersi ai vertici mondiali per oltre un decennio, meritandosi il rispetto e la stima dei compagni di squadra, degli avversari e dello stesso belga che tante volte lo aveva battuto. Sovente, ancora oggi, sorge inevitabile un interrogativo: “Chissà quanto avrebbe potuto vincere Gimondi senza Merckx”. Noi ci sentiamo di rispondere che ogni singolo successo, proprio per l’era in cui maturò, assume una valenza persino doppia. L’affetto della gente non si costruisce con un mera e fredda sommatoria di trionfi. Gimondi entrò nei cuori con orgoglio, umiltà e, soprattutto, palesando l’indomita convinzione che nella vita tutto è possibile, anche nel confronto con chi è più forte di te.

Un corridore completo, d’altri tempi come si suol dire. Un fenomeno per tutte le stagioni, capace di vincere indistintamente nei grandi giri e nelle classiche più prestigiose. Nel palmares infinito figurano 3 Giri d’Italia, 1 Tour de France, 1 Vuelta, 1 Mondiale, 1 Milano-Sanremo, 1 Parigi-Roubaix e 2 Giri di Lombardia. Un fuoriclasse eclettico, uno dei più grandi passisti-scalatori che si siano mai visti. Rientra nella ristrettissima cerchia di sette corridori capaci di aggiudicarsi la Tripla Corona, primo italiano a riuscire nell’impresa (e, dopo di lui, il solo Vincenzo Nibali).

Gimondi vanta ben 12 podi complessivi nelle grandi corse a tappe, ad una sola lunghezza dal record assoluto del francese Jacques Anquetil. Dopo l’era arcaica del Dopoguerra, quando l’Italia intera si incollava alle radio ed il ciclismo evitava persino i conflitti civili, Felice riaccese prepotentemente la passione e l’immaginazione del popolo a cavallo degli anni ’60 e ’70, consacrandosi come una leggenda imperitura. Oggi la notizia più triste, ma anche la consapevolezza che Gimondi andrà a far compagnia a Fausto Coppi e Gino Bartali: gli immortali del ciclismo.

federico.militello@oasport.it

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Foto: Lapresse

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