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Tennis: Nick Kyrgios, genio e sregolatezza del circuito ATP. Il talento non è tutto
Cercasi ricambio generazionale nel tennis disperatamente. E’ ormai un fatto acclarato che nel circuito ATP i soliti noti siano quelli con le maggiori credenziali per imporsi. Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer, salvo rare eccezioni (vedi il ko dello svizzero a Cincinnati), sono spesso a contendersi i successi dei tornei che contano davvero. Mancano alternative di gioco tali da garantire una continuità adeguata per contrastare l’incedere di questi fenomeni e, molto probabilmente, manca la dovuta preparazione mentale.
A quest’ultimo aspetto si può legare quanto sta facendo l’australiano Nick Kyrgios. Il 24enne nativo di Canberra, se lo si vedesse dal punto di vista tecnico, sarebbe in possesso dei colpi per poter interrompere l’oligarchia citata. Dritto e rovescio potenti, servizio rapido e “genialate” improvvise fanno parte del repertorio dell’aussie che però “a puntate” vediamo sul campo da gioco. Se si pensa al modo in cui ha vinto in stagione l’ATP di Washington e ha perso il proprio match contro Karen Khachanov nel Western & Southern Open si può capire di chi stiamo parlando.
Genio e sregolatezza, non c’è altro modo per definirlo il ragazzo oceanico. Le sue stranezze sul campo sono molteplici al pari delle intemperanze. Quanto avvenuto sul cemento dell’Ohio ha però dell’incredibile: i continui insulti all’arbitro, lo sputo, le racchette spaccate negli spogliatoi e altre rimostranze di bassissima lega sono costate caro alle tasche di Nick (113.000 dollari di multa) e vista, l’inchiesta avviata dall’ATP, il rischio di una sospensione è concreto.
A qualcuno il fare da giullare pare anche piacere, convinto che questo sia sinonimo di spontaneità. Pochi dubbi sul suo essere sincero ma tante perplessità sul fatto che questo possa portarlo ad essere accostato a campioni che, pur nei loro momenti particolari (John McEnroe ad esempio), “qualcosa” hanno vinto. In questo caso ci si trova al cospetto di un potenziale campione inespresso per cause da ricercare in se stesso ed, anche se nell’era social il trash viene gradito, essere uno sportivo di alto livello contempla anche oneri da non sottovalutare.
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Foto: lev radin / Shutterstock