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Ciclismo

Vuelta a España 2019, Fabio Aru all’esame dell’Observatorio Astrofisico de Javalambre

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Ci siamo, è il momento della prova del 9 per Fabio Aru (UAE Team Emirates) nella 74esima edizione della Vuelta a España. Il sardo, dopo la sfortunata caduta nella cronosquadre, ha dimostrato di avere la grinta dei giorni migliori nella seconda frazione, quando giù dall’Alto de Puig Lorença è riuscito a inserirsi nel tentativo di sei, di cui facevano parte anche Roglic, Quintana e Uran, che è andato al traguardo guadagnando 32″ su tutti gli altri uomini di classifica. Ora non ci resta da scoprire se anche la gamba è quella dell’Aru del biennio 2014-2015.

La tappa di domani, infatti, presenta il primo arrivo in salita della corsa a tappe spagnola, sull’Observatorio Astrofisico de Javalambre. L’ascesa in questione misura 11,1 km e ha una pendenza media del 7,8%, ma gli ultimi 5 km sono per lunghi tratti sopra il 10%. Probabilmente Aru preferisce distanze un attimo più corte (tra i 6 e gli 8 km), ma non si può certo dire che non sia adatta al Cavaliere dei Quattro Mori.

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Da quando è tornato dall’operazione Aru ha già fatto vedere discrete cose in montagna, anche se l’unica top-10 in un arrivo in quota l’ha ottenuta al Tour de Suisse sul San Gottardo. Per riuscire a battagliare con gli altri corridori che ambiscono ad un posto sul podio ci vorrà un salto in avanti rispetto alla discreta condizione dimostrata alla Grande Boucle. Molti avversari si portano dietro anche loro delle incognite, ma nessuno, escluso forse Kelderman, ha attraversato un periodo nero come quello vissuto di recente dal Cavaliere dei 4 Mori.

Sicuramente Aru appare motivato e carico, ma deve stare attento a non lasciarsi prendere dall’euforia. La Vuelta è lunga e lui è da tanto che non si batte a certi livelli. Anche se la gamba risponde bene non deve rischiare fuorigiri facendosi prendere dalla voglia di spaccare il mondo. Se le energie sono al lumicino, inoltre, può essere una buona idea staccarsi e salire del proprio passo, anziché stringere i denti ad oltranza come è solito fare lui. Questa tattica, infatti, lo ha portato sovente ad andare in crisi nella terza settimana dei grandi giri, mentre una gestione più razionale delle energie e degli sforzi potrebbe anche permettergli di crescere giorno dopo giorno.

Vero che arriva dal Tour de France, dove comunque non si può dire che abbia corso al risparmio dato che ha cercato di tenere il più possibile le ruote dei migliori in ogni tappa dura, ma dall’altro lato bisogna considerare che tutti i big hanno un grande giro nelle gambe, tolti i giovanissimi Pogacar e Higuita. Oltretutto, il Cavaliere dei 4 Mori è comunque arrivato alla Vuelta con appena 42 giorni di gara, mentre Quintana ne ha 58, Lopez 51, Majka 53, Valverde 57. Solo Uran e Roglic, trai favoritissimi, hanno corso poco come l’azzurro, vale a dire 40 giorni il primo e 42 il secondo. Per questo motivo, dopo due settimane di Vuelta, potrebbe avere un po’ di benzina in più, rispetto ad altri, nel serbatoio. Ma deve gestirsi bene perché questo possa accadere ed evitare la solita condotta oltremodo dispendiosa.

Ciò, attenzione, non vuol dire che debba scattare. L’occasione di vincere una tappa, se c’è, va colta, ma in modo accorto. Fabio ha dimostrato, in passato, di saper intuire quand’è il momento giusto per partire e in questa Vuelta deve sfruttare questa dote. Meglio uno scatto secco nel finale quando gli altri non se lo aspettano, che una serie di accelerazioni telefonate.

Ad ogni modo, anche in caso di ottimo risultato domani sarebbe bene tenere i piedi ancorati a terra. Abbiamo il precedente di appena due anni fa di Esteban Chaves che fa riflettere. Il colombiano alla Vuelta 2017 ci arrivò in grande forma dopo una stagione tormentata dai problemi fisici. Partì fortissimo e dopo 10 giorni era 2° dietro Froome in classifica generale. Nella seconda settimana diede i primi segnali di cedimento e la concluse in quinta posizione. Nella terza, invece, crollò totalmente uscendo persino dai 10. Aru deve evitare di avere una parabola del genere che rischierebbe di trascinarlo nel baratro anche dal punto di vista mentale. Dovrà correre con raziocinio, ben conscio che allo stato attuale delle cose anche un risultato tra il 6° e il 10° non si butta via.

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Foto: Valerio Origo

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