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Basket, Mondiali 2019: Argentina e Spagna, due modi diversi di arrivare in finale
Ventiquattro uomini, una lingua comune, due Paesi in due continenti diversi che giocano la finale mondiale in un terzo. Domenica, alle 14, in quel di Pechino, da una parte ci sarà l’Argentina, dall’altra la Spagna, per una finale che in ogni caso incoronerà una delle due per la seconda volta.
L’Albiceleste, fino a questo momento, sta giovandosi soprattutto di due uomini. Uno è Facundo Campazzo, genio del playmaking, che il Real Madrid aveva mandato a giocare a Murcia per crescere, per poi ritrovarsi tra le mani un uomo capace di mettere in ritmo i compagni come pochissimi. L’altro, che si giova in più occasioni e molto volentieri delle creazioni di Campazzo, è un uomo di 39 anni che risponde al nome di Luis Scola, che sta giocando dei Mondiali leggendari e, forse, ha già scritto il proprio nome sul titolo di MVP della manifestazione. I suoi 19.1 punti e 8.1 rimbalzi a gara, con il 46.9% dal campo e percentuali molto simili da due e da tre, rendono solo in parte chi sia questo giocatore, che sta semplicemente spiegando pallacanestro con tutta l’esperienza accumulata in oltre vent’anni sui parquet di mezzo mondo. Non va però dimenticata la caratteristica fondamentale dell’Argentina: sapersi adattare a ogni tipo di situazione. Contro la Serbia ci voleva una partita di alto livello al tiro, ed è arrivato il 53.7% complessivo; contro la Francia serviva un ritmo un po’ più controllato e soprattutto disinnescare Rudy Gobert. Detto, fatto: il centro francese, mostruoso contro Team USA ed efficace a modo suo al tiro con licenza di guadagnare liberi, questa volta è stato fermato a quota 3 punti, con 3 tiri tentati, uno solo segnato. In breve, un uomo in meno in attacco per i francesi, che anzi di vere risorse in attacco ne hanno avute solo tre. Troppo poche per fermare un’Argentina che ha la possibilità di sfruttare anche un ottimo Gabriel Deck e un sempre attento Marcos Delia, per non citare i momenti di fuoco di Luca Vildoza (oggi fondamentale nel terzo quarto) e Nicolas Laprovittola.
Per l’Argentina che vola anche senza Generacion Dorada, c’è la Spagna che arriva in finale dopo esser stata bollata come “la meno forte degli ultimi 15 anni”. I motivi erano validi: tante assenze pesanti, la rotazione che fondamentalmente si riduce a nove uomini veri, una prima fase incerta. Poi, contro l’Italia, si è iniziato a capire che cosa gli iberici abbiano di davvero speciale: la capacità di far giocare male le avversarie nei momenti che contano. La Serbia è caduta nel tranello per tutto l’incontro della seconda fase, la Polonia non è riuscita a rientrare mai, negli attimi fondamentali, e anche l’Australia, quando c’era bisogno di energie, si è ritrovata sulle gambe, sfiancata da una resistenza oltremodo smisurata da parte degli iberici. I personaggi assoluti di questa difficilmente pronosticabile corsa spagnola sono quattro. Uno è Sergio Scariolo, che una volta di più ha assecondato la partenza lenta dei suoi (abitudine ormai decennale) per arrivare in fondo al meglio. Gli altri sono Marc Gasol, Ricky Rubio e Sergio Llull, i tre grandi protagonisti in tutti i momenti decisivi, assieme al perno nascosto che di nome fa Victor Claver, la cui importanza è spesso sottovalutata, ma quando uno va a vedere la sua valutazione media in questi Mondiali legge 13.7, la terza migliore iberica. Gasol, a 35 anni, dopo una stagione da campione NBA si sta regalando anche il ruolo di protagonista assoluto con le Furie Rosse, a 35 anni e con la capacità di trovare la partita straordinaria proprio nel momento più importante. E conta tanto anche l’esperienza di Rubio e Llull: uno, per anni, è stato considerato incapace di giocare le partite decisive, ma questa volta si è rifatto in multiple occasioni con gli interessi, mentre l’altro è esattamente la spalla dei sogni, ammesso che spalla lo si possa chiamare, per qualunque squadra presente in Cina. Passeranno soprattutto dalle loro mani molte speranze iberiche di ritornare sul trono iridato a 13 anni di distanza dall’ultima volta: allora erano entrambi giovani promesse e Marc Gasol già in Giappone a festeggiare, domenica potrebbero farlo tutti assieme. Prima, però, c’è il rebus Argentina da risolvere. E non è una faccenda semplice.
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federico.rossini@oasport.it
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Credit: Ciamillo