Ciclismo
Egan Bernal si racconta: “Sono nato in bici e devo tutto all’Italia. In gruppo ancora si parla di Pantani”
Egan Bernal ha fatto ritorno in Italia, la sua seconda patria, laddove ancor prima di sorprendere tutto il mondo alla Grande Boucle, regalava le prime, non meno palpitanti e promettenti emozioni. Punta di diamante della start list al Memorial Pantani – Trofeo Sidermec 2019, ha trovato un popolo romagnolo che gli ha riservato un’accoglienza in grande stile per il terzo re più giovane del Tour de France. Per lui che è cresciuto in Piemonte e potrebbe sembrare una sorpresa, oppure no: del resto la squadra che lo ha lanciato ha stampo anche romagnolo. Fu qui tra l’altro che si mise in mostra nella stagione 2016 vincendo la classifica riservata ai giovani alla settimana internazionale Coppi e Bartali, prima di ripetersi all’allora Giro del Trentino e Tour of Bihor. Da Castrocaro Terme a Cesenatico è un tripudio di emozioni, di manifesti dei migliaia di appassionati lungo le strade della Romagna. Il protagonista del Tour 2019 adesso si rilassa: lontano dalle telecamere, dai fotografi e dai tantissimi fan che richiamano agognati selfie e autografi ad ogni occasione. A tavola Bernal ritrova l’ambiente semplice che per altro lo rispecchia: è cordiale, persino familiare. Con lui ci sono la fidanzata Xiomara e il personal trainer Xabier, il DS dell’Androni Giocattoli – Sidermec Giovanni Ellena, con la consorte Manuela e il padrone di casa Giuseppe Buda.
A fine pasto affiorano i ricordi per la figura dello scalatore romagnolo Marco Pantani: “La corsa è andata bene, veramente bella una gara in ricordo di Marco Pantani: una persona che non ho avuto il piacere di vedere molto per via della mia giovane età. Ho però rivisto le immagini delle sue imprese: l’azione che mi ha più sorpreso più di tutte è alla tappa di Oropa, quando rientrò sulla testa della corsa nonostante il ‘salto di catena’ conquistando l’ennesima vittoria. In gruppo tutti quanti conoscono il Pirata e ci sono occasioni in gruppo dove si parla ancora di lui e dei sui trionfi. In diversi mi dicono che io non ci vado molto lontano, essendo nato esattamente come lui, il 13 gennaio”.
Ci racconta come tutto ha avuto inizio?
“Sono nato in un paese dove ci si sposta in bici. I miei primi ricordi risalgono a quando avevo 5 anni, iniziai quella volta a dare i miei primi colpi di pedale, poi ricordo bene la prima gara agonistica; avevo 8 anni e fu anche la prima vittoria”.
Da quella piccola vittoria, ne sono passate tante altre, tra queste in sella alla mountain bike. Pensava di arrivare a dove è arrivato ad oggi, all’università del ciclismo, al Tour de France?
“Sinceramente sentivo di poter ambire al ciclismo professionistico, avevo capito che ero in grado di arrivarci; ma non mi aspettavo questo successo, pensare di arrivare a vincere il Tour de France? Quello no”.
Giuseppe Buda ci ha confidato che nel momento in cui pronunciava le parole d’amore per l’Italia, alla premiazione sugli Champs-Élysées di Parigi, non gli è riuscito di trattenere le lacrime: che rapporto ha con Buda?
“Pino è una gran brava persona. Dopo il passaggio al Team Sky (ora Team Ineos), continuammo a sentirci e mantenemmo sempre un contatto costante. Sul podio al Tour de France ripensavo al mio passaggio tra i professionisti e se oggi sono qui, devo ringraziare lui: uno dei miei sostenitori più accaniti”.
Cosa ne pensa delle due corse a tappe: il Giro e il Tour?
“Il Tour è il Tour. Un livello elevatissimo di concorrenti. Al Tour c’è un’atmosfera incredibile. Il Giro non l’ho mai fatto, ma tutti dicono che come percorso e paesaggio è molto suggestivo”.
Cosa interessa a Bernal del ciclismo oggi?
“Mi interessa ogni aspetto, del resto arrivo a trascorrere in bici 6-7-8 ore, che è una buona parte della giornata! Per fortuna allenarmi non mi pesa, è piuttosto un piacere godermi le giornate in sella”.
Il terzo atleta più giovane nella storia a vincere il Tour de France, primo latino-americano, quali saranno i prossimi obiettivi in vista?
“Nessuno obiettivo in particolare. Potrei aver già scelto cosa mi piacerebbe fare, ma penso che mettersi in testa adesso l’obiettivo importante come quello di conquistare una determinata corsa a tappe come il Tour, Giro o Vuelta o una classica equivalga a mettersi pressione addosso e nient’altro. Sono uno spirito libero e mi piace vivere alla giornata; la troppa pressione può addirittura sfinirti anche più di una lunga salita”.
CLICCA QUI PER TUTTI GLI ARTICOLI SUL CICLISMO
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra pagina Facebook
Clicca qui per iscriverti al nostro gruppo
Clicca qui per seguirci su Twitter
Foto: Nicola Grilli