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Quale futuro per Fabio Aru? 2020 decisivo, contratto faraonico in bilico. Suggestione Androni…

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L’ascesa di Fabio Aru nel ciclismo mondiale si è arrestata nel 2017, ultima stagione in cui indossò la maglia dell’Astana. Il passaggio faraonico alla UAE Emirates, sinora, ha riservato delusioni e controprestazioni in serie per il sardo. Dopo aver vinto la Vuelta 2015, collezionato due podi al Giro d’Italia ed un quinto posto al Tour, il classe 1990 sembrava ormai vicinissimo a scavallare l’ultimo gradino che separa i campioni dai fuoriclasse.

Dopo un 2018 nero, iniziato con un ritiro al Giro e terminato con una Vuelta anonima, l’annata in corso doveva rivelarsi quella della grande rivincita, tuttavia sin dalle prime uscite il Cavaliere dei Quattro Mori avvertiva ancora delle difficoltà che non gli consentivano di esprimersi sui livelli cui era abituato. Finalmente la luce in fondo al tunnel nel pieno della primavera: dopo lunghi ed approfonditi accertamenti, Aru scoprì di soffrire di un restringimento di un’arteria iliaca. “Sono arrabbiato per la malasorte, ma al tempo stesso sollevato: ora so che potrò tornare quello di prima“, disse il nativo di San Gavino Monreale.

Dopo un rientro a tempo di record, ben prima dei tre mesi inizialmente previsti, il ciclista azzurro decise di partecipare prima al Giro di Svizzera e, in seguito, al Tour de France. Alla Grande Boucle, pur senza brillare né rendersi mai protagonista, conseguì un 14° posto tutt’altro che disprezzabile, soprattutto perché maturato con una preparazione affrettata ed approssimativa sulle spalle.

Ed eccoci alla Vuelta 2019, la corsa a tappe che, nelle intenzioni di Aru, avrebbe dovuto riportarlo nel ciclismo che conta. “Erano anni che non mi sentivo così, mi sono allenato tanto e bene“, raccontava alla vigilia della partenza. La malasorte, tuttavia, era ancora dietro l’angolo: la UAE incappava in una brutta caduta nella cronometro a squadre di apertura ed a farne le spese peggiori era proprio il sardo. Se le contusioni, almeno inizialmente, apparivano di poco conto, nei giorni successivi il dolore è aumentato, provocando una sofferenza ai muscoli che, di fatto, ha reso un calvario ogni singola pedalata. Aru, oggi, ha giustamente posto fine ad un inutile supplizio, ritirandosi quando in classifica accusava ormai quasi un’ora di ritardo dalla maglia rossa Primoz Roglic.

Se, come abbiamo evidenziato, Aru è stato perseguitato dalla sfortuna nell’ultimo biennio, è altrettanto vero che non raccoglie un piazzamento di rilievo in un grande giro dal Tour 2017, quando giunse quinto. A 29 anni, solitamente, un corridore entra nel periodo migliore della carriera, in questo caso viene da chiedersi se l’azzurro possa realmente tornare per davvero a battagliare per le corse a tappe più prestigiose. Fondamentale, e forse decisivo, sarà il 2020. Fabio Aru andrà in scadenza di contratto con la UAE Emirates, con la quale percepisce uno stipendio importante da 3,2 milioni di euro l’anno (è il quarto più pagato al mondo dietro Sagan, Froome e Nibali). Al momento il rinnovo appare lontanissimo, soprattutto perché nella compagine degli Emirati è sbocciata la stella dello sloveno Tadej Pogacar, probabile antagonista principale del colombiano Egan Bernal nei prossimi anni.

Aru dovrà dimostrare con i risultati di poter essere ancora un corridore di elevata caratura internazionale. Se invece anche il 2020 dovesse proseguire sulla falsariga del biennio precedente, il futuro assumerebbe contorni nebulosi: detto della UAE, difficilmente il ciclista isolano si ritroverebbe alla porta una fila di squadre pronte ad ingaggiarlo.

Così si materializza una suggestione: e se Fabio Aru, nel 2021, approdasse alla corte di Gianni Savio alla Androni per tentare il grande rilancio? Ne abbiamo parlato con il navigato team-manager che ha scoperto, tra gli altri, Egan Bernal e Davide Ballerini: “Sicuramente mi piacerebbe avere Aru in squadra, ma è tutta una questione di budget. Insieme a Marco Bellini, nostro responsabile marketing, stiamo cercando sponsor per fare il grande salto nel 2021 e diventare una squadra World Tour. Per il 2020 siamo messi bene, ho preso alcuni dei giovani più interessanti come Ravanelli, Venchiarutti e Jefferson Cepeda. A quest’ultimo ho fatto firmare il contratto di sabato al Tour de l’Avenir, la domenica ha vinto per distacco e in solitaria la tappa regina: è un ottimo prospetto di scalatore. E’ chiaro che per prendere Aru serve compiere uno scalino, perché attualmente il gap è troppo ampio: se restassimo un team Professional, non avremmo assolutamente il budget necessario per ingaggiarlo. Io comunque gli auguro di riprendersi l’anno prossimo e che sia corteggiato da tante squadre, diamogli tempo“.

Savio ritiene che Aru possa ancora dare molto al ciclismo italiano e vivrebbe come una affascinante sfida la possibilità di rilanciarlo: “Sarei decisamente interessato se ci fosse la possibilità di ingaggiare Aru. Sarebbe una scommessa che mi interesserebbe molto. Ho scoperto tanti corridori, ma ne ho rilanciati altri come Pellizotti, Scarponi, che ogni volta che nomino mi viene un velo di tristezza, e più nell’immediato anche Cattaneo, appena ritornato nel World Tour. 
Io credo che Aru sarebbe ancora competitivo per vincere un Giro d’Italia, ha dimostrato di essere un corridore di valore.
Occorrerebbe chiaramente fare una verifica fisica e capire, se ci sono degli ostacoli, come superarli. Poi c’è un discorso di carattere psicologico. Deve ritrovare quell’equilibrio psico-fisico che aveva quando vinceva. Adesso la questione è fisica purtroppo, non mentale. E’ caduto, ha avuto dei postumi muscolari. E’ stato operato e forse ha voluto riprendere troppo in fretta. E’ una cosa che penso io, ma bisognerebbe essere all’interno per capire“.

federico.militello@oasport.it

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Foto: Lapresse

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