Rugby
Rugby, Mondiali 2019: analisi dei reparti dell’Italia. Non è più solo mischia
Si avvicina sempre più rapidamente il momento dell’esordio per l’Italia del rugby ai Mondiali che inizieranno venerdì in Giappone. Domenica mattina, fischio d’inizio alle 7.15 con diretta su Rai 2, gli azzurri di Conor O’Shea scenderanno in campo contro la Namibia. Una prima, sulla carta facile, sfida prima degli incontri contro il Canada, ma soprattutto contro le due corazzate del Sudafrica e della Nuova Zelanda. Sfide difficilissime, quasi impossibili, che Conor O’Shea affronterà con i 31 giocatori convocati per la Rugby World Cup. Ma che Italia sarà? Scopriamolo reparto per reparto.
La prima realtà che l’Italia deve affrontare è quella che, rispetto al passato, il rugby azzurro non è solo mischia. Una volta l’Italrugby si affidava su un pacchetto devastante, tra i più forti al mondo, oggi invece le cose sono cambiate. I valori all’interno del gruppo si sono livellati, con il pacchetto di mischia che non è più quello con i vari Castrogiovanni, Lo Cicero o Mauro Bergamasco, mentre la trequarti ha guadagnato in qualità. In prima linea i titolari ideali per O’Shea dovrebbero essere Simone Ferrari, Leonardo Ghiraldini e Andrea Lovotti. Il tallonatore azzurro è in dubbio, essendo rientrante da un lungo infortunio, e nelle amichevoli estive la prima linea ha evidenziato qualche problema di troppo sia in mischia chiusa sia, soprattutto, in touche, con i tallonatori di turno che hanno perso molte rimesse. Sarà fondamentale alzare il livello per poter provare a competere in Giappone.
In seconda linea una vera coppia titolare non c’è. Molto dipende dall’avversario di turno e da che cosa il ct irlandese vuole in campo. Se Dean Budd può essere considerato la prima scelta, con una fisicità che può fare la differenza in mischia chiusa e una discreta capacità palla in mano, su chi affianca l’equiparato neozelandese restano molti dubbi. Se l’Italia vuole puntare a un pacchetto di mischia più agile, capace di portare la palla, con maggior qualità tecnica, allora la scelta ideale è quella di Federico Ruzza, talento puro, ma che può mostrare qualche limite in mischia chiusa e in difesa. Se, invece, la partita prevede uno scontro più fisico e O’Shea vuole muscoli, chilogrammi e un ball carrier più potente, allora la scelta ricadrà su David Sisi, con Alessandro Zanni che, invece, può funzionare soprattutto da impact player nella ripresa, puntando sulla sua esperienza.
Il pacchetto di mischia si chiude con la terza linea, storicamente una delle armi migliori dell’Italia. E si chiude con l’iconico capitano Sergio Parisse, imprescindibile negli schemi di Conor O’Shea. Il numero 8 azzurro, al suo quinto Mondiale, è sicuramente uno dei giocatori più forti al mondo di questo millennio, ma l’età si fa sentire. Non è più il giocatore devastante di un paio di anni fa e dovrà trovare il quid giusto per fare la differenza come fatto in passato. Più importante, oggi, la presenza di Jake Polledri al suo fianco. L’italoinglese di Gloucester è esploso nell’ultimo biennio ed è diventato titolare fisso nell’Italia. Fondamentale nei breakdown, Polledri ha la capacità di guadagnare la linea del vantaggio e mettere in difficoltà le difese, dando spazio ai compagni di squadra al largo. Al suo fianco, idealmente, Conor O’Shea sceglierà Braam Steyn, per una terza linea molto potente, dove però manca un po’ di fantasia.
Croce e delizia del rugby italiano, eccoci a parlare della mediana. Il fantasma di Diego Dominguez aleggia ormai da quasi un ventennio in cabina di regia, con l’Italia che non è mai riuscito a trovarne un sostituto. Con l’infortunio di Marcello Violi, poi, O’Shea ha perso il suo mediano di mischia titolare e le prestazioni azzurre non possono prescindere da una giornata positiva della sua mediana. A numero 9 il titolare dovrebbe essere Tito Tebaldi, con l’incognita di scoprire se sarà Palazzani o Braley il suo sostituto, mentre all’apertura la maglia da titolare sembra certa per Tommaso Allan, meno fantasioso ma più concreto rispetto a Carlo Canna.
Come detto, il gap tra mischia e trequarti si è ridotta notevolmente negli anni e non solo per la perdita di giocatori iconici tra i primi 8. La linea dei trequarti azzurri, infatti, ha diversi giocatori di alto livello che, se messi nella condizione giusta, possono fare la differenza. Il nome principe, oggi come oggi, è quello di Matteo Minozzi. Estremo, ma schierato anche all’ala da O’Shea, veloce e fantasioso, Minozzi è l’osservato speciale delle difese avversarie. Con lui non si può non citare Mattia Bellini, ala meno appariscente, ma con il fiuto della meta che da tempo non si vedeva in Italia. La coppia titolare di centri dovrebbe essere formata da Luca Morisi e Michele Campagnaro, altri due campioni che puntano principalmente sulla qualità e l’intelligenza tattica per scardinare le difese avversarie.
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Foto: Roberto Bartomeoli LPS