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Rugby, Mondiali 2019: Italia, due vittorie da copione. Ora le sfide impossibili a Sudafrica e Nuova Zelanda. Tra sogni e utopia

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L’Italia era arrivata in Giappone sapendo che il suo Mondiale poteva avere tre colori: bianco, grigio o nero. Ognuno con le sue sfumature, ma di fatto erano tre le possibili Coppe del Mondo che si potevano scrivere per gli azzurri. La squadra di Conor O’Shea ora è a metà del guado dopo le partite contro Namibia e Canada, mentre nelle prossime due settimane affronterà Sudafrica e Nuova Zelanda. E i colori del Mondiale italiano sono già più chiari.

Nero sarebbe stato un Mondiale dove gli azzurri perdevano con una tra Namibia e Canada. Una prospettiva che nessuno voleva immaginare, ma il 23-18 di quattro anni fa con i canadesi non permetteva di prendere sottogamba i primi due impegni. Due vittorie servivano e due vittorie sono arrivate a scongiurare quello che sarebbe stato, senza ombra di dubbio, un fallimento clamoroso del progetto O’Shea e del rugby italiano. Due vittorie diverse, convincente quella col Canada, meno quella con la Namibia, ma sempre due vittorie. E il nero è stato evitato.

Grigio, il colore con più sfumature, era il Mondiale che i più si aspettavano. Cioè due vittorie con gli underdog del torneo e, poi, due ko con le big che puntano al titolo. E due vittorie, come detto, sono arrivate. Attenzione, perché nel grigio le sfumature contano. Due vittorie di misura, sofferte, con un brutto gioco e il rischio di un ko sarebbero state sì due vittorie, ma un mezzo fallimento. Quattro anni fa l’Italia chiuse il Mondiale inglese con due vittorie, ma quelle con Canada e Romania allora furono striminzite, sofferte, con gli azzurri che non mostrarono in campo quel gap che, invece, c’è tra il rugby italiano e le nazioni che ci seguono nel ranking. Quest’anno, invece, nonostante i troppi dubbi lasciati nella sfida con la Namibia, l’Italia ha evidenziato benissimo questo gap, ha ribadito che la distanza tra lei e le Cenerentole iridate c’è ed è ampia.

Bianco, infine, è il sogno. Cioè chiudere il Mondiale battendo una tra Sudafrica o Nuova Zelanda e conquistare i primi, storici, quarti di finale iridati. Ed è l’obiettivo che ora si pongono Parisse e compagni dopo aver archiviato le prime due sfide. Sogno impossibile? Utopia? Probabilmente sì, perché bisogna essere realisti e onesti. Se le vittorie con Namibia e Canada venivano date per assodate e un fallimento epocale non portarle a casa, va detto che il gap tra l’Italia e le tre o quattro squadre più forti al mondo è simile a quello tra le nostre prime due avversarie e gli azzurri. Quindi se una vittoria del Canada era utopia, perché non dovrebbe esserlo una dell’Italia sul Sudafrica?

Inutile sognare, dunque? No, per tanti motivi. In primo luogo perché lo sport non è una scienza esatta e fino a che non si gioca nulla è già deciso. Lo sanno bene le Fiji, sconfitte a sorpresa dall’Uruguay, lo sanno benissimo gli stessi Springboks, battuti quattro anni fa all’esordio dal Giappone. Poi nessuno scende in campo già sconfitto e, seppur coscienti della differenza che c’è, gli azzurri ci proveranno fino in fondo. E l’Italia vista con il Canada forse non potrà vincere, ma sicuramente se metterà quella cattiveria vista a Fukuoka, quella competenza offensiva, e limiterà ancor di più gli errori difensivi, potrà creare qualche problema al Sudafrica.

Insomma, ora arrivano due sfide impossibili, ma che l’Italia proverà a giocarsi al 100%. Ricordando, tutti, che due ko non saranno una tragedia perché i valori in campo non sono in discussione e perché non si possono archiviare le due vittorie con Namibia e Canada alla voce “beh, me erano scarse” e poi usare un altro peso e un’altra misura se siamo noi a perdere con due top team come Sudafrica e All Blacks.

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Foto: LaPresse

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