Rugby

Rugby, Mondiali 2019: O’Shea sta disegnando l’Italia di domani

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Nello sport, come in tutti i settori della nostra vita, i cicli sono fatti per iniziare, ma anche per chiudersi. E, quasi sempre, si guarda alla fine di un ciclo con paura di quello che ci aspetterà dopo, convinti che nulla sarà più come prima. Nello sport questo accade quando le leggende decidono che è arrivato il momento di dire basta, di appendere gli scarpini, la racchetta o gli sci al chiodo.

Nel rugby italiano dopo quasi vent’anni siamo ancora alla ricerca dell’erede di Diego Dominguez e, dunque, quando si chiude un ciclo nella palla ovale non possiamo non essere spaventati. I Mondiali che stiamo vivendo in Giappone sono per i colori azzurri uno di quei momenti. Leggende che hanno scritto la storia del rugby italiano sono al loro ultimo o penultimo atto. Capitan Sergio Parisse, Leonardo Ghiraldini e Alessandro Zanni potrebbero chiudere la loro avventura azzurra finita la Rugby World Cup o, forse, aspettare l’ultima passarella italiana al prossimo 6 Nazioni. Ma, questo è certo, non possono essere il futuro del rugby azzurro.

Ebbene, con tutti i limiti e gli errori commessi, quella che si è vista giovedì contro il Canada è l’Italia che non è più dipendente dai suoi senatori. Attenzione, perché qualcuno in queste parole può leggere una critica a Parisse, Ghiraldini o Zanni, una mancanza di riconoscenza per ciò che sono stati, e sono, per il rugby italiano. Questo è sbagliato, perché nessuno cancella ciò che questi campioni, come in passato Vaccari, Dominguez, Bergamasco o Castrogiovanni, hanno dato al rugby azzurro. Semplicemente si evidenzia come le alternative ci sono e l’Italia di domani è già disegnata.

Le prestazioni di Luca Bigi, David Sisi e Braam Steyn fanno dormire sogni relativamente tranquilli, soprattutto in terza linea le alternative ci sono, sia tra gli azzurri che sono in Giappone sia tra quelli che O’Shea ha deciso di non portare ai Mondiali. La leadership dei tre veterani non è in discussione, ma con il Canada si è visto che l’Italia può trovare carattere e grinta anche sospinta da quelli che saranno i leader quando Parisse e compagni diranno basta. Ma non solo.

Perché la prestazione con il Canada, ma non solo per chi segue il rugby azzurro degli ultimi anni, dimostra che O’Shea sta sì disegnando l’Italia di domani, ma che quel domani potrebbe essere già qui. E chiamarsi venerdì. Perché le prestazioni degli azzurri a Fukuoka non possono non aver instillato nella testa del tecnico irlandese qualche dubbio sul XV da scegliere per il Sudafrica. Si può sacrificare Bigi per fare spazio a Leonardo Ghiraldini, che non ha ancora giocato un minuto in questa estate per infortunio? Si può scegliere Alessandro Zanni ed escludere dal 23 di giornata uno tra Budd, Sisi o Ruzza? E inserire Sergio Parisse, che resta un grandissimo campione, significa togliere dal XV titolare uno tra Steyn, Polledri e Negri, che con il Canada hanno dato spettacolo, e soprattutto togliere a numero 8 Braam Steyn, che ha dimostrato di essere il giocatore più in forma oggi in quel ruolo. Forse il domani è già oggi e, forse, Sergio Parisse potrebbe diventare quell’impact player che può far la differenza nella ripresa, dando il suo contributo di leadership sia dalla panchina sia dal campo. Perché O’Shea sta lasciando una bella eredità guardando al domani, ma forse dovrebbe già sfruttarla oggi.

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Foto: LaPresse

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