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US Open 2019: Matteo Berrettini sfida Rafael Nadal in una semifinale da brividi. Medvedev e Dimitrov a caccia della prima finale Slam

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Sarà una notte che l’Italia, a inizio torneo, non avrebbe pensato di vivere così presto: Matteo Berrettini si gioca la prima semifinale Slam della sua vita, a 23 anni e mezzo, dopo aver fatto tesoro di un tabellone ora insidioso ora favorevole, e lo fa sulla superficie che più lo aveva costretto a cedere le armi in questa stagione.

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Il romano, dopo aver avuto a che fare con Roger Federer nel tempo di Wimbledon, va a scontrarsi con un altro esponente che ha fatto la storia degli ultimi 15 anni di tennis: Rafael Nadal, alla caccia della quinta finale in carriera a Flushing Meadows dopo quelle vinte del 2010, 2013 e 2017 e persa del 2011. Un confronto difficilissimo per l’allievo di Vincenzo Santopadre, che deve fare affidamento, per restare nel match, sulle armi che da sempre lo sostengono perché costruite nell’arco di un lavoro durato anni sulle superfici rapide con il suo allenatore: servizio e dritto, possibilmente da usare per chiudere con rapidità gli scambi. Sono queste le situazioni che, storicamente, non piacciono al mancino di Manacor, anche se nella maggior parte delle volte è stato in grado di venire a capo di simile tipologia di giocatori. L’obiettivo di Nadal sarà quello di inchiodare Berrettini sulla diagonale del rovescio, che ha migliorato moltissimo nel corso dell’ultimo anno e mezzo, ma che rimane ancora un colpo meno forte rispetto al dritto.

Erano 42 anni che un italiano non arrivava a questo punto del torneo negli States: ci riuscì Corrado Barazzutti, ma su un’altra superficie, la terra verde, e in un altro impianto, a Forest Hills, dove perse in tre set con Jimmy Connors. Per questa ragione, Berrettini è da considerare a tutti gli effetti il primo nostro giocatore a conquistare una semifinale sul cemento. Un risultato che, a prescindere da come andrà a terminare il torneo, lo inserisce di forza anche nella lotta per raggiungere le ATP Finals: in caso di vittoria, da lunedì sarà direttamente nei primi otto nella Race, altrimenti si posizionerà nono a 20 punti dal giapponese Kei Nishikori. E dire che il romano era stato vittima di un infortunio in allenamento, prima dell’estate americana, a causa del quale tra Wimbledon e New York aveva messo insieme soltanto un match, perso, a Cincinnati. Dai legittimi dubbi di un esordio a tinte potenzialmente complesse contro un ex semifinalista degli US Open come Richard Gasquet, si è arrivati a un cammino che, data l’età e soprattutto la serietà dell’etica del lavoro di Berrettini, potremmo anche rivedere non troppo tardi nel tempo.

Nell’altra sfida, ci sarà certamente un primo approdo in finale Slam, partendo da due storie completamente diverse. Se quella del russo Daniil Medvedev parla di un evento in qualche modo atteso, soprattutto dopo l’uscita di scena prematura di Novak Djokovic, vista la sua ottima estate d’America, per il bulgaro Grigor Dimitrov si tratta invece di una sorta di resurrezione ai limiti del miracoloso, dopo un 2019 in cui nessun segnale faceva anche solo presagire il suo ritorno a simili livelli, dopo la caduta al numero 78 del ranking ATP. Medvedev è all’esordio a questo punto di un torneo dello Slam, mentre Dimitrov è al suo terzo penultimo atto Slam dopo quelli di Wimbledon 2014 (perso contro Djokovic) e soprattutto degli Australian Open 2017 (cinque lottatissimi set contro Nadal). Il pronostico sarebbe dalla parte del russo, ma riuscisse il bulgaro a trovare un’ancor più clamorosa finale Slam, si andrebbe direttamente a scrivere la storia dell’anno per quel che riguarda il tennis.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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