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Ciclismo

Vuelta a España 2019, Fabio Aru e il bilancio di una prima settimana finita malissimo. La rinascita è ancora lontana

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Un Fabio Aru in chiaroscuro per 8 giorni alla Vuelta a España 2019. Bene a Calp e sul Mas de la Costa, ma in difficoltà sull’Observatorio Astrofisico de Javalambre. Nonostante tutto, comunque, gravitava in zona top-10 fino alla tappa di ieri, quando a circa 50 km dalla fine, sul Coll de la Gallina, è andato in crisi nera ed è totalmente affondato. Al traguardo, il sardo, è arrivato oltre 32 minuti dopo rispetto al vincitore di giornata, il compagno e ora capitano Tadej Pogacar.

Prima dell’inizio della corsa a tappe spagnola, il Cavaliere dei 4 Mori aveva fatto dei proclami importanti, sembrava che la Vuelta potesse essere il teatro della sua rinascita dopo due anni bui. Invece, alla prova dei fatti, anche questa volta Aru non è riuscito a competere coi migliori. La testa c’è, la grinta con cui ha affrontato questa prima settimana è stata anche lodevole, ma ciò che continua a mancare, ormai da tanto, troppo, tempo, sono le gambe.

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Questa Vuelta non sembra altro che il replay di una qualsiasi gara fatta da Aru in maglia UAE. Su ascese brevi riesce anche a difendersi, ma in quelle lunghe non vede palla. La stessa cosa successa proprio l’anno scorso su queste strade. Lo ricordiamo, ad esempio, arrivare 10° a 39″ da Simon Yates a Les Praes Nava, salita di 4 km. Poi, il giorno seguente, sui Lagos de Covadonga, lunga il triplo, prese 5’20” da Pinot.

La crisi pesante, oltretutto, è una costante per il Cavaliere dei 4 Mori sin dal 2016. Lo rammentiamo, quell’anno, al Tour de France, perdere ben 13′ dagli altri big sullo Joux Plane. Nel 2017, invece, crollò sull’Angliru alla Vuelta, ove arrivò a 15′ dal trionfatore Contador. Al Giro 2018 occupava la 13esima posizione prima di andare alla deriva a Sappada, quando concluse a 19′ da Yates. Infine, proprio nella scorsa edizione del grande giro iberico, uscì dalla top-20 nella penultima frazione con arrivo, guarda caso, sul Coll de la Gallina. Quel giorno giunse sempre a 32′ dal vincitore.

Aru sembra, dunque, trascinarsi alcuni problemi cronici da tantissimo tempo e viene difficile credere che dietro ai suoi risultati negativi ci siano solo un problema all’arteria iliaca o un ginocchio dolorante. Sicuramente, peraltro, fare tre corse come Svizzera, Tour e Vuelta, una dopo l’altra, al ritorno da svariati mesi di stop, si sta rivelando controproducente. Per Fabio era meglio un approccio più soft, magari saltando la Grande Boucle per concentrarsi sulla Vuelta. In questo contesto, infatti, trarre conclusioni è difficile prima di tutto per lui. Al momento non si può dire se, prima o poi, Aru potrà rinascere.

Le vere ragioni di questo calo, però, potrebbero venire da molto più lontano di quel che si pensi. Aru ha fatto 4 anni da U23 in Palazzago sotto la guida di Olivano Locatelli, direttore sportivo famoso per spremere i suoi corridori come limoni. Anche Yaroslav Popovych, da dilettante, militò in team guidati dal sopraccitato tecnico. Non a caso la sua parabola tra i pro ricorda sinistramente quella di Fabio. L’ucraino fu 3° al Giro a 23 anni e 4° a 24. A 25 anni vinse la maglia bianca al Tour de France e il Catalunya. A 27 centrò la prima top-10 alla Grande Boucle. Da quel momento, però, la sua carriera sarà un continuo calando e dovrà, ben presto, reinventarsi come gregario.

Oltretutto Aru ha sempre avuto un modo di correre molto dispendioso, col suo continuo stringere i denti quando va in difficoltà. Si sarebbe probabilmente conservato meglio se sovente avesse preferito salire del suo passo quando trovava qualcuno più forte, piuttosto che sputare l’anima per tenergli la ruota. L’Astana, inoltre, non si è fatta, a sua volta, alcuno scrupolo nella gestione del sardo. Già nel 2016 Martinelli diceva che Aru aveva faticato a recuperare dagli sforzi dell’anno prima, quando, per la seconda stagione consecutiva, aveva fatto l’accoppiata Giro-Vuelta. Per questo, sosteneva il suo ex DS, il Tour de France era stato un fallimento. Tuttavia, già nel 2017 i kazaki tornarono a fargli fare due grandi giri in una sola stagione, riempiendo le gambe del Cavaliere di ulteriori tossine.

In sostanza, da questa prima settimana non arriva alcuna buona notizia sul fronte Aru. Solo ulteriori indizi che questa fase negativa della carriera potrebbe anche non finire più. A questo punto al sardo non resta che mettersi a disposizione di Tadej Pogacar, sperando di poter avere, prima o poi, un giorno di libertà per entrare in fuga. Finita la Vuelta, inoltre, bisognerà iniziare a ragionare sul fatto che, forse, è arrivato il momento di diventare un corridore diverso.

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Foto: Valerio Origo

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