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Ciclismo, Gianni Moscon rinvigorito da un Mondiale ad alto livello. Ora serve il vero salto di qualità nelle classiche

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Sono ormai tre anni consecutivi che Gianni Moscon, quando sente aria di Mondiali, si esalta. Dopo essere stato grande protagonista sia a Bergen 2017 che ad Innsbruck 2018, infatti, il trentino, reduce dalla peggior stagione della carriera, è riuscito a recitare un ruolo da attore protagonista anche nella recente rassegna iridata che si è svolta nello Yorkshire. Ora, però, serve un netto salto di qualità per tornare a essere competitivo nelle classiche dopo i fasti del 2017, quando fu 5° alla Parigi-Roubaix e 3° al Giro di Lombardia.

Il Trattore della Val di Non è un corridore completo, oseremmo dire anche totale, e i risultati di cui sopra lo dimostrano. Va forte su salite lunghe e brevi, ha ottime doti sul passo, tanto da essere anche un eccellente cronoman, ha un buon feeling col pavé, grande endurance che lo porta a esaltarsi in corse particolarmente lunghe e non è nemmeno fermo in volata, soprattutto in relazione ai corridori che si troverà a fronteggiare in classiche dure come queste di fine stagione (invece al nord di gente più forte di lui allo sprint ce n’è parecchia).

Allora la radice di un 2018 in chiaroscuro e un 2019 totalmente negativo va cercata da un’altra parte. Gianni è un corridore che ha il DNA del capitano, cresciuto come stella di quella Zalf che da decenni è una delle formazioni dilettantistiche più importanti d’Italia. In Ineos, invece, la sua prima mansione è quella del gregario, poi viene il resto. La sua stagione non gravita attorno ai suoi obiettivi, ma a quelli di altri. Prodursi in lunghe trenate al Tour de France è lo scopo principale delle sue annate da quando è approdato nel superteam britannico. Se riesce anche a essere competitivo nelle classiche bene, altrimenti non importa. Lo storico della squadra in questione parla chiaro: dal 2010 ad oggi hanno vinto 9 grandi giri e solo due grandi classiche (una Liegi con Poels e una Sanremo con Kwiatkowski). Il sodalizio simbolo degli ultimi 10 anni di ciclismo è un eccellenza assoluta nelle corse a tappe, ma non è assolutamente il contesto ideale per un uomo da gare in linea.

Un cambio di casacca è probabilmente ciò di cui ha bisogno il trentino per realizzare tutto il suo enorme potenziale. Gianni, infatti, necessita di quegli spazi che Ineos non gli può dare. Non è un caso, probabilmente, nemmeno il fatto che tiri fuori il 110% ogni volta che veste la maglia della nazionale. Una figura carismatica come Davide Cassani sa, evidentemente, come farlo rendere al massimo delle sue possibilità. Mentre in un grande sodalizio come quello britannico, verosimilmente, nessuno lo segue in maniera certosina come fa il CT dell’Italia.

Il rapporto tra squadra e corridore, peraltro, sembra ormai realmente compromesso. Già l’anno scorso Gianni aveva detto di essersi ritrovato nel momento in cui aveva smesso di allenarsi seguendo le tabelle che gli forniva il team. D’altronde se un corridore lavora per fare il gregario al Tour de France, giocoforza finirà per tralasciare quegli aspetti che per tale mansione non servono, ma che sono fondamentali per le classiche (in primis il cambio di ritmo). Inoltre, si era lamentato pubblicamente anche del ritiro fatto in Colombia a inizio 2019 e, di recente, ha ammesso di aver vissuto giorni difficili durante l’ultima Grande Boucle. In sostanza, per sbocciare definitivamente Gianni ha bisogno, prima di tutto, di un po’ di serenità e di più spazio per sé stesso. Nel momento in cui soddisferà queste esigenze, il resto arriverà di conseguenza, dato che il motore del ragazzo è senza dubbio di altissimo profilo.

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Foto: Shutterstock

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